Installazione di un grande impianto nel cortile comune: l'utilizzo dell’intelligenza artificiale nella soluzione di casi pratici
01 Agosto 2025
L'approccio sistematico Lo scopo della presente trattazione è quella di fornire agli utenti un primo approccio della soluzione di un caso pratico con l'integrazione dell'intelligenza artificiale (d'ora in poi, breviter, solo IA). L'obbiettivo di questa sperimentazione rappresenta un esempio di come l'IA, se ben integrata con l'esperienza e la supervisione di un professionista, possa contribuire in modo efficace all'approfondimento della materia, evitando, al contempo, il rischio di derive formalistiche o riduttive nell'applicazione del diritto.
Il caso pratico Nella vicenda in esame (Trib. Milano 14 luglio 2025), il condominio lamentava la molestia possessoria subita per effetto dell'installazione di un converter di considerevoli dimensioni nel cortile condominiale. In particolare, il motore del condizionatore occupava il cortile comune in modo definitivo, invasivo e ingombrante, ostruendo illegittimamente le grate di areazione e la luce presente nella cantina di uno dei condomini, comportando immissioni di aria calda e di rumore a ridosso delle auto parcheggiate. Per le ragioni esposte, era stato chiesto al giudice di ordinare alla società condomina di vietare la continuazione dell'opera, ovvero ogni misura finalizzata ad eliminare ogni molestia e/o turbativa dell'esercizio da parte del condominio ricorrente del possesso. Costituendosi in giudizio, i resistenti (usufruttuario e nudo proprietario dell'unità immobiliare sita al piano rialzato), ritenevano l'installazione del converter un miglior uso della res comune, senza alterazioni e senza danni per le parti comuni, sicché erano assenti il fumus boni iuris ed il periculum in mora. Infine, l'opera non era vietata dal regolamento di condominio. La questione giuridica L'installazione non autorizzata di un impianto di condizionamento in cortile condominiale, pur se comunicata all'amministratore e priva di opposizione formale, può integrare uno spoglio del possesso tale da legittimare la reintegrazione? Il ragionamento del magistrato A seguito dell'istruttoria era emerso che il motore del climatizzatore con converter fosse destinato a raffrescare sei camere ad uso della foresteria (misura cm 80x80x130), tanto da occupare il cortile comune nella parte adiacente al muro condominiale, alla finestra della resistente ed alle bocche di lupo di altro condomino. Nella specie, la difesa del ricorrente aveva inviato ai resistenti formale contestazione sulle programmate opere, poiché in contrasto con il regolamento condominiale. Inoltre, l'assemblea condominiale, successivamente riunitasi, non aveva autorizzato l'utilizzazione di una parte del cortile per l'installazione del “macchinario VRV” per l'impianto di raffreddamento/riscaldamento dell'unità immobiliare; pertanto, contrariamento a quanto asserito dalla parte resistente, il fatto che l'amministratore fosse stato preventivamente informato, non significava che l'intervento fosse stato autorizzato. Tale rilievo, infatti, era inidoneo a superare la mancanza di una previa delibera assembleare, necessaria se l'installazione avviene su parti comuni dell'edificio. Premesso ciò, secondo il giudice, l'installazione del manufatto costituiva un ingombro fisso che escludeva e limitava l'uso della porzione del cortile per gli altri condomini, non solo per lo spazio occupato dal motore del condizionatore ma anche per quello adiacente, stante le immissioni di aria e di rumore. Inoltre, l'installazione era idonea ad incidere sull'estetica della facciata, essendo un “parallelepipedo di dimensioni tali da impattare visivamente sulla facciata condominiale”, arrivando ad una altezza superiore al davanzale della finestra della resistente che affacciava sul cortile. Alla luce di quanto esposto, l'installazione del converter del condizionatore integrava un atto di spoglio avvenuto con violenza, ossia contro la volontà implicita del condominio. Pertanto, è stato confermato il diritto del condominio alla reintegrazione del possesso della facciata e dell'area cortilizia dell'edificio condominiale, mediante la rimozione del motore del condizionatore ivi collocato ed il ripristino dello stato dei luoghi. Trattandosi dell'ordine di reintegra, è stata accolta anche la domanda ex art. 614-bis c.p.c. con conseguente condanna dei resistenti al pagamento della somma equitativamente determinata in euro 50,00 per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione del provvedimento. L'utilizzo dell'IA Dopo aver sottoposto il provvedimento all'IA, con prompt ben definiti sulla problematica del caso in esame, l'IA ha fornito il suo ragionamento con aspetti obbiettivi e critici. L'IA ha saputo cogliere il nucleo problematico del caso: la qualificazione giuridica dell'installazione come atto di spoglio. Tuttavia, l'IA fatica a valutare correttamente la componente sociale e relazionale del contesto condominiale, che è essenziale per comprendere l'impatto concreto di un'opera su un bene comune. Difatti, in àmbito condominiale, ogni modifica stabile e visibile impone un attento bilanciamento tra l'interesse individuale all'uso più intenso e quello collettivo al mantenimento dell'equilibrio e del decoro; sicché, l'assenza di una delibera assembleare, nel caso di interventi su spazi comuni, è un elemento dirimente. Inoltre, la prassi di comunicare all'amministratore, senza convocare l'assemblea, genera spesso contenziosi evitabili. Oltre a ciò, l'IA effettua le seguenti considerazioni.
Le considerazioni del professionista Nel caso in oggetto, analizzato dal Tribunale di Milano, si configura un tipico contenzioso condominiale concernente l'installazione non autorizzata di un impianto di climatizzazione nel cortile comune del fabbricato, in violazione – secondo il condominio – del regolamento interno e delle prerogative collettive di possesso sui beni comuni. In questa cornice fattuale e normativa, il sistema di intelligenza artificiale incaricato dell'analisi si è confrontato con almeno due ordini di criticità: da un lato, la difficoltà nell'interpretare correttamente il ragionamento del giudice, che si muove su piani giuridici e valoriali che spesso travalicano la lettera della legge; dall'altro, l'esigenza di formulare suggerimenti operativi idonei a proporre soluzioni praticabili, coerenti con la giurisprudenza e rispettose degli equilibri comunitari. Invero, il ragionamento dell'IA su questo caso si articola nella disamina degli elementi costitutivi delle azioni possessorie e nell'applicazione dei princìpi generali del diritto condominiale. L'IA identifica correttamente lo spoglio come l'elemento centrale del ricorso del condominio, basandosi sull'occupazione "definitiva, invasiva e ingombrante" del cortile da parte del motore del condizionatore, le immissioni di aria calda e rumore e la lesione del decoro architettonico. In ciò riconosce che il concetto di "violenza" nello spoglio non si limita alla forza fisica, ma include anche l'agire contro la volontà, anche presunta, del possessore, un aspetto cruciale nel contesto condominiale dove il silenzio dell'assemblea non equivale ad assenso. L'analisi di questa sentenza da parte dell'IA, sebbene efficiente nella sua capacità di estrarre e sintetizzare informazioni, ha rivelato alcune intrinseche criticità e difficoltà che meritano un'argomentazione approfondita, offrendo osservazioni critiche sulle attuali capacità di un'IA nel campo giuridico. La preventiva comunicazione all'amministratore La mera "informazione" all'amministratore è insufficiente, poiché questi non ha poteri decisionali autonomi su modifiche sostanziali delle parti comuni o lesive del decoro. La sua conoscenza non sana l'assenza della manifestazione di volontà del condominio come collettività. In tal contesto, l'IA non ha argomentato questa differenza tra la "conoscenza" del singolo amministratore e la "volontà" del condominio espressa in assemblea, che è un aspetto chiave nel diritto condominiale. In tema, giova ricordare che l'art. 1122 c.c. prevede che, in alcuni casi, i condomini debbano dare preventiva notizia all'amministratore, il quale dovrà riferire all'assemblea. Trattasi di ipotesi (art. 1122, comma 1, c.c.), aventi ad oggetto l'esecuzione di opere poste in essere dai condomini nella propria unità immobiliare ovvero nelle parti normalmente destinate all'uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all'uso individuale. In questi casi, il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino un pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell'edificio. Difatti, ai sensi dell'art. 1102, comma 1, c.c., applicabile al condominio in virtù del rinvio operato dall'art. 1139 c.c., ciascun condomino può servirsi della res comune sempre che osservi il duplice limite di non alterarne la destinazione e di non impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso, secondo il loro diritto. Nel rispetto di questi limiti, pertanto, senza bisogno del consenso degli altri partecipanti, ciascun condomino può servirsi altresì (ad esempio) dei muri perimetrali comuni, purché non alterino il decoro architettonico del fabbricato, come statuito espressamente dall'art. 1120 c.c. in tema di innovazioni e dall'art. 1122 c.c. per le opere su parti di proprietà esclusiva (Trib. Teramo 17 marzo 2021, n. 255). La presunzione di volontà contraria dello spogliato Un'altra criticità è emersa nella gestione del concetto di "volontà implicita" e di "violenza" nello spoglio in àmbito condominiale. L'IA ha riportato fedelmente la giurisprudenza secondo cui l'animus spoliandi è insito nel fatto di agire contro la volontà, anche presunta, e che il silenzio non equivale ad acquiescenza. Difatti, in tema di tutela possessoria, ricorre spoglio violento anche in ipotesi di privazione dell'altrui possesso mediante alterazione dello stato di fatto in cui si trovi il possessore, eseguita contro la volontà, sia pure soltanto presunta, di quest'ultimo, sussistendo la presunzione di volontà contraria del possessore ove manchi la prova di una manifestazione univoca di consenso, e senza che rilevi in senso contrario il semplice silenzio, in quanto circostanza di per sé equivoca, e non interpretabile come espressione di acquiescenza (Cass. civ., sez. II, 7 dicembre 2012, n. 22174). Sul piano soggettivo, ai fini dell'esercizio dell'azione di reintegrazione ex art. 1168 c.c., il presupposto dell'animus spoliandi è da ritenersi insito nel fatto stesso del privare altri del possesso in modo violento o clandestino, ciò implicando la consapevolezza da parte dell'autore dello spoglio di agire contro la volontà espressa o presunta del possessore, indipendentemente dalla convinzione dell'agente di operare secondo diritto (Cass. civ., sez. II, 13 febbraio 1999, n. 1204). Pertanto, affinché un soggetto possa considerarsi autore morale dello spoglio, ancorché non ne sia il mandante, né lo abbia autorizzato, è necessario - anche per la legittimazione passiva alla relativa azione - che egli sia stato consapevole di trarre vantaggio dalla situazione posta in essere dallo spogliatore (Cass. civ., sez. II, 10 febbraio 1997, n. n.1222). Gli impianti voluminosi Il giudice milanese ha ritenuto che l'installazione del manufatto fosse idonea ad incidere sull'estetica della facciata: essendo un parallelepipedo di dimensioni tali da impattare visivamente sulla facciata condominiale e raggiungendo un'altezza superiore al davanzale della finestra della resistente che affaccia sul cortile, l'opera è stata qualificata come opera lesiva del decoro architettonico del fabbricato condominiale e, come tale, vietata. Difatti, come sostenuto in altro precedente, un impianto (unità esterna voluminosa), la cui attitudine varia l'aspetto esterno dell'edificio, oltre che a costituire un pericolo rappresentato dall'eventualità che un suo distacco, con caduta sul sottostante marciapiede e conseguenti responsabilità non soltanto del singolo condomino, ma anche del condominio e del suo amministratore, rappresentano una violazione delle previsioni codicistiche in materia (artt. 1120 e 1102 c.c.) (App. Milano 24 aprile 2014, n. 1558). Pertanto, nel caso di installazione da parte di un condomino, senza autorizzazione, su area di proprietà comune (nella fattispecie il muro esterno dello stabile) di un motore di impianto di condizionamento asservito ai locali di sua proprietà, in modo tale da deturpare e svilire il decoro architettonico dell'immobile e molestare l'altro proprietario nell'uso e nel possesso della parte comune, l'animus turbandi è insito nell'opera stessa, è applicabile la tutela al fine di ottenere il ripristino dello status quo ante mediante rimozione del manufatto (Trib. Milano 27 giugno 2009: nel caso concreto, il giudice ha incidentalmente rilevato la sussistenza di una possibile soluzione alternativa alla localizzazione del motore). Riferimenti Tarantino, Intelligenza artificiale: applicazioni innovative in condominio, in IUS Condominioelocazione.it, 28 aprile 2025. |