La liberazione del bene pignorato occupato sine titulo dal terzo
Giuseppe Lauropoli
30 Luglio 2025
Il tema della liberazione dell'immobile pignorato, normativamente disciplinato dall'art. 560 c.p.c., resta un crocevia importante per verificare gli assetti e lo stato di salute della procedura esecutiva nel suo complesso. Un tema, non a caso, in costante movimento, interessato com'è stato, nel corso degli ultimi anni, da diversi interventi di riforma e da significativi apporti della giurisprudenza di legittimità e di quella di merito.
Il quadro normativo
Il tema della liberazione dell'immobile pignorato, normativamente disciplinato dall'art. 560 c.p.c., resta un crocevia importante per verificare gli assetti e lo stato di salute della procedura esecutiva nel suo complesso.
Un tema, non a caso, in costante movimento, interessato com'è stato, nel corso degli ultimi anni, da diversi interventi di riforma e da significativi apporti della giurisprudenza di legittimità e di merito.
Nella procedura esecutiva immobiliare, al pignoramento non fa seguito l'immediato spossessamento del bene in capo al debitore, il quale anzi rimane custode dello stesso (art. 559, comma 1, c.p.c.).
Quanto alla permanenza della qualità di custode in capo al debitore, la stessa si è andata via via, per effetto delle progressive riforme che hanno interessato l'art. 559 c.p.c., abbreviando, fino al punto che, nella formulazione attuale dell'art. 559 c.p.c., il giudice dell'esecuzione provvede ordinariamente a nominare un custode diverso dal debitore del bene già decorsi 15 giorni dal deposito della documentazione di cui all'art. 567 c.p.c. o, comunque, in occasione dell'emissione del provvedimento con il quale fissa l'udienza di cui all'art. 569 c.p.c. e nomina l'esperto stimatore.
Anche la sostituzione del custode non comporta, di per sé, la perdita del possesso del bene da parte del debitore esecutato o del terzo che lo occupi.
Le specifiche modalità attraverso le quali è possibile pervenire alla liberazione dell'immobile pignorato sono disciplinate, come accennato in precedenza, dall'art. 560 c.p.c.
Anche tale disposizione, ancor più dell'art. 559 c.p.c. al quale si è fatto cenno in precedenza, è andata soggetta nel corso dell'ultimo decennio a diversi interventi modificativi.
Passaggi certamente significativi che hanno riguardato il contenuto di tale norma sono i seguenti:
Il tema della liberazione dell'immobile pignorato, normativamente disciplinato dall'art. 560 c.p.c., resta un crocevia importante per verificare gli assetti e lo stato di salute della procedura esecutiva nel suo complesso.
Un tema, non a caso, in costante movimento, interessato com'è stato, nel corso degli ultimi anni, da diversi interventi di riforma e da significativi apporti della giurisprudenza di legittimità e di merito.
Nella procedura esecutiva immobiliare, al pignoramento non fa seguito l'immediato spossessamento del bene in capo al debitore, il quale anzi rimane custode dello stesso (art. 559, comma 1, c.p.c.).
Quanto alla permanenza della qualità di custode in capo al debitore, la stessa si è andata via via, per effetto delle progressive riforme che hanno interessato l'art. 559 c.p.c., abbreviando, fino al punto che, nella formulazione attuale dell'art. 559 c.p.c., il giudice dell'esecuzione provvede ordinariamente a nominare un custode diverso dal debitore del bene già decorsi 15 giorni dal deposito della documentazione di cui all'art. 567 c.p.c. o, comunque, in occasione dell'emissione del provvedimento con il quale fissa l'udienza di cui all'art. 569 c.p.c. e nomina l'esperto stimatore.
Anche la sostituzione del custode non comporta, di per sé, la perdita del possesso del bene da parte del debitore esecutato o del terzo che lo occupi.
Le specifiche modalità attraverso le quali è possibile pervenire alla liberazione dell'immobile pignorato sono disciplinate, come accennato in precedenza, dall'art. 560 c.p.c.
Anche tale disposizione, ancor più dell'art. 559 c.p.c. al quale si è fatto cenno in precedenza, è andata soggetta nel corso dell'ultimo decennio a diversi interventi modificativi.
Passaggi certamente significativi che hanno riguardato il contenuto di tale norma sono i seguenti:
- la riforma del 2016 (attuata per effetto dell'art. 4, comma 1, lett. d, n. 1, del d.l. n. 59/2016, convertito in legge n. 119/2016), che ha consentito di provvedere alla liberazione dell'immobile, in mancanza di collaborazione da parte del debitore o del terzo occupante dell'immobile, ad opera del custode giudiziario nominato in corso di procedura, in virtù dell'ordine emesso dal giudice dell'esecuzione, senza necessità di conferire mandato ad un legale per introdurre una procedura di rilascio ai sensi degli artt. 608 e ss. c.p.c.;
- la successiva riforma del 2019 (si veda il d.l. n. 135/2018, convertito in legge n. 12/2019), che ha introdotto una tutela rafforzata a protezione dell'abitazione principale del debitore e del proprio nucleo familiare, mettendo tuttavia in discussione la riforma precedentemente introdotta dall'intervento normativo del 2016, la quale, come accennato in precedenza, aveva consentito di provvedere alla liberazione in sede endo-esecutiva, senza necessità di far ricorso ad una autonoma procedura di rilascio;
- l'ulteriore riforma del 2020 (attuata dal d.l. n. 162/2019, convertito in legge n. 8/2020), che ha confermato la particolare tutela del debitore e del proprio nucleo familiare che occupino l'immobile pignorato, ripristinando inoltre la disciplina dell'ordine di liberazione introdotta con la riforma del 2016.
Si giunge, infine, alla attuale formulazione dell'art. 560 c.p.c. – introdotta per effetto del d.lgs. n. 149/2022 – applicabile alle procedure introdotte successivamente al 28 febbraio 2023.
Una formulazione con la quale il legislatore delegato ha inteso valorizzare la speditezza dello svolgimento della procedura esecutiva e la tutela degli interessi del ceto creditorio, continuando tuttavia a preservare l'interesse del debitore che occupi l'immobile pignorato con la propria famiglia a continuare ad occupare lo stesso fino alla emissione del decreto di trasferimento.
La riforma del 2016 (attuata per effetto dell'art. 4, comma 1, lett. d), n. 1, del d.l. n. 59/2016, convertito in legge n. 119/2016), che ha consentito di provvedere alla liberazione dell'immobile, in mancanza di collaborazione da parte del debitore o del terzo occupante dell'immobile, ad opera del custode giudiziario nominato in corso di procedura, in virtù dell'ordine emesso dal giudice dell'esecuzione, senza necessità di conferire mandato ad un legale per introdurre una procedura di rilascio ai sensi degli artt. 608 e ss. c.p.c.;
La successiva riforma del 2019 (si veda il d.l. n. 135/2018, convertito in legge n. 12/2019), che ha introdotto una tutela rafforzata a protezione dell'abitazione principale del debitore e del proprio nucleo familiare, mettendo tuttavia in discussione la riforma precedentemente introdotta dall'intervento normativo del 2016, la quale, come accennato in precedenza, aveva consentito di provvedere alla liberazione in sede endo-esecutiva, senza necessità di far ricorso ad una autonoma procedura di rilascio;
L'ulteriore riforma del 2020 (attuata dal d.l. n. 162/2019, convertito in legge n. 8/2020), che ha confermato la particolare tutela del debitore e del proprio nucleo familiare che occupino l'immobile pignorato, ripristinando inoltre la disciplina dell'ordine di liberazione introdotta con la riforma del 2016;
Si giunge, infine, alla attuale formulazione dell'art. 560 c.p.c. – introdotta per effetto del d.lgs. n. 149/2022, – applicabile alle procedure introdotte successivamente al 28 febbraio 2023.
Una formulazione con la quale il legislatore delegato ha inteso valorizzare la speditezza dello svolgimento della procedura esecutiva e la tutela degli interessi del ceto creditorio, continuando tuttavia a preservare l'interesse del debitore che occupi l'immobile pignorato con la propria famiglia a continuare ad occupare lo stesso fino alla emissione del decreto di trasferimento.
L'art. 560 c.p.c. nella sua attuale formulazione
Può essere utile, a questo punto, una sintetica panoramica, comma per comma, del contenuto dell'art. 560 c.p.c. nella sua attuale formulazione.
I primi due commi della novellata disposizione individuano l'obbligo del debitore e del terzo nominato custode di rendere il conto della attività svolta, vietando poi (in particolare, al secondo comma) di dare in locazione il bene se non previa autorizzazione del giudice dell'esecuzione.
I commi terzo, quarto e sesto della rinnovata formulazione della disposizione si incentrano sulla posizione del debitore che occupi l'immobile pignorato unitamente ai propri familiari, consentendo espressamente agli stessi di mantenere il possesso dell'immobile fino alla emissione del decreto di trasferimento (fatta salva l'ipotesi, disciplinata al nono comma della norma, nella quale l'esecutato non ottemperi agli obblighi sullo stesso gravanti), prescrivendo poi che l'esecutato e la propria famiglia conservino l'immobile con la diligenza del buon padre di famiglia e ne tutelino l'integrità, sotto il controllo del custode, consentendo le visite dell'immobile da parte dei potenziali acquirenti.
Importante segnalare la novellata formulazione del settimo comma, sulla quale si tornerà tra breve, che prescrive che il giudice dell'esecuzione disponga la liberazione dell'immobile non occupato dal debitore e dalla propria famiglia, né da altro soggetto munito di titolo opponibile alla procedura, entro l'emissione dell'ordinanza di delega per la vendita.
Il successivo ottavo comma della norma, tornando ad occuparsi della posizione del debitore esecutato che occupi l'immobile con il proprio nucleo familiare, prevede che la liberazione dello stesso venga disposta con provvedimento reso “contestualmente” alla emissione del decreto di trasferimento, formulazione che ha indotto alcuni interpreti a ritenere che l'ordine di liberazione debba essere emesso con separato provvedimento rispetto al decreto di trasferimento.
Il nono comma, come in precedenza si è fatto cenno, disciplina il caso di anticipata emissione dell'ordine di liberazione, il quale trova giustificazione laddove l'esecutato (ovvero il terzo che occupi l'immobile) ostacoli le visite dei potenziali acquirenti, non mantenga l'immobile in buone condizioni di conservazione, ostacoli le attività degli ausiliari o, comunque, venga meno ai propri obblighi. La disposizione prescrive che, in questo caso, si provveda alla emissione dell'ordine di liberazione avendo sentito le parti ed il custode (è stato segnalato, a riguardo, come il riferimento, contenuto nella novellata formulazione della norma, alle “parti”, consenta di ritenere l'obbligo di preventiva consultazione esteso non solo al debitore esecutato ma anche alle altre parti del processo esecutivo; qualche dubbio sussiste sulla necessità di sentire il terzo occupante dell'immobile, mentre sembra esclusa la necessità di sentire gli altri componenti del nucleo familiare che occupino l'immobile con il debitore esecutato).
L'ultimo comma della riformulata disposizione disciplina le modalità di attuazione dell'ordine di liberazione, ribadendo come l'esecuzione dell'ordine debba essere attuata dal custode e, dunque, in sede endo-esecutiva, senza la necessaria osservanza delle forme previste dagli articoli 605 e seguenti, recando altresì la disciplina per il trattamento e lo smaltimento dei beni mobili eventualmente relitti all'interno dell'immobile pignorato.
L'ipotesi di immobile occupato da un terzo privo di titolo opponibile alla procedura
Soffermiamoci a questo punto brevemente sul settimo comma dell'art. 560 c.p.c., al quale si è già fatto cenno in precedenza.
Il comma in questione apporta alcune significative novità rispetto alla previgente lettera della norma, peraltro non prive di qualche insidia sotto il profilo interpretativo.
Si prevede, così, che il giudice dell'esecuzione ordini la liberazione dell'immobile non abitato dall'esecutato e dal proprio nucleo familiare, ovvero occupato da un soggetto privo di titolo opponibile alla procedura, non oltre l'emissione della ordinanza con la quale è autorizzata la vendita o sono delegate le relative operazioni. Si precisa, poi, che tale provvedimento di liberazione è opponibile nelle forme dell'art. 617 c.p.c.
Si accennava in precedenza come la disposizione in questione rappresenti una novità rispetto alla precedente formulazione della norma, sia perché pone maggiormente in evidenza, dedicandogli un apposito comma, il caso in cui l'immobile pignorato non sia abitato dall'esecutato e dal suo nucleo familiare (caso niente affatto infrequente nella prassi), sia perché prevede espressamente un termine ultimo entro il quale l'ordine di liberazione, in assenza di rilascio spontaneo, deve necessariamente essere emesso.
Proviamo dunque a soffermarci ancora un po' sul dettato normativo.
Viene in rilievo l'ipotesi dell'immobile non occupato né dal debitore esecutato con la sua famiglia, né da un terzo munito di un titolo opponibile alla procedura.
Inevitabilmente, ogni singolo termine usato dal legislatore, non è immune da qualche dubbio interpretativo: ci si potrebbe chiedere, ad esempio, se tale comma (che impone la liberazione del bene già al momento della emissione della ordinanza di delega e, dunque, molto prima della emissione del decreto di trasferimento) trovi applicazione anche nel caso in cui l'immobile sia occupato dal solo debitore esecutato e non anche dal suo nucleo familiare.
Una possibile risposta è quella che porta a ritenere sottratta alla previsione di questo comma ed attratta alla previsione del successivo ottavo comma l'ipotesi del debitore che abiti l'immobile pignorato senza un nucleo familiare; a tale conclusione pare potersi giungere, nonostante la letterale formulazione del dettato normativo, alla stregua di una interpretazione che non penalizzi ingiustificatamente la posizione del debitore che occupi l'immobile senza essere accompagnato da un nucleo familiare.
Più problematica, forse, è la posizione del debitore che occupi l'immobile solo in periodi più o meno prolungati, come nel caso di debitore che viva all'estero ed utilizzi l'immobile pignorato come punto di riferimento abitativo quando torna in Italia.
Non sempre agevole l'interpretazione della disposizione in questione neppure quando descrive l'altro caso di soggetto abilitato a permanere all'interno dell'immobile anche dopo l'emissione dell'ordinanza di vendita, ossia colui che occupi l'immobile in virtù di titolo opponibile alla procedura.
Con specifico riguardo ai contratti di locazione, soccorre, sul punto, il dettato dell'art. 2923 c.c., che prevede, al suo primo comma, che sono opponibili all'acquirente dell'immobile in sede esecutiva (e, di conseguenza, anche opponibili alla procedura) le locazioni munite di data certa anteriore al pignoramento. Viceversa, le locazioni non munite di data certa, o con data certa successiva alla notifica del pignoramento, dovranno necessariamente ritenersi inopponibili.
Non agevole, poi, stabilire se, nel caso di pignoramento promosso da creditore ipotecario, la locazione stipulata prima del pignoramento ma dopo l'iscrizione di ipoteca possa ritenersi opponibile alla procedura, non mancando sul punto contrastanti prese di posizione della giurisprudenza di merito.
Forse riconducibile nell'ipotesi di soggetto che occupi l'immobile in virtù di titolo opponibile alla procedura è anche quella del comproprietario non esecutato che abiti l'immobile pignorato: certamente lo stesso non andrà soggetto alla stringente previsione dettata dal settimo comma dell'art. 560 c.p.c., nella misura in cui la stessa si applichi anche al giudizio di divisione endo-esecutiva.
In ultima analisi, il comma in questione (ossia il settimo comma dell'art. 560) disciplina l'ipotesi di immobile occupato o in virtù di un titolo non opponibile alla procedura, ovvero in assenza di qualsiasi titolo.
Ebbene, rispetto alla posizione di questi soggetti la norma prevede ora espressamente che la liberazione venga ordinata non oltre l'emissione della ordinanza di vendita, ovvero della ordinanza che delega le operazioni di vendita.
La ratio della norma è certamente chiara: l'esigenza perseguita dal legislatore è quella di agevolare e rendere più spedita la vendita all'asta dell'immobile, il quale è evidentemente più appetibile per i potenziali offerenti se già libero al momento della visita dell'immobile da parte degli interessati o, comunque, al momento della aggiudicazione.
Si tratta, all'evidenza, di una disposizione che individua un termine ultimo, non precludendo la possibilità di emettere l'ordine di liberazione anche anteriormente alla emissione dell'ordinanza di vendita o di delega, in particolare allorché di verifichi una delle ipotesi previste dal nono comma della norma in questione (si tratta del caso in cui l'occupante non mantenga adeguatamente l'immobile, oppure ostacoli le visite allo stesso).
Non è agevole evincere, sulla base del dettato normativo, se il termine ultimo dettato da questo comma per provvedere all'emissione dell'ordine di liberazione relativamente ad immobile occupato da soggetti privi di titolo opponibile sia derogabile o meno.
La lettera della norma, per la verità, parrebbe inequivoca nel prevedere che l'ordine di liberazione venga emesso, al più tardi, in occasione della emissione della ordinanza di vendita o di delega.
Non mancano, tuttavia, casi in cui una tale soluzione, pur dettata dalla ragionevole esigenza di pervenire ad una vendita celere e fruttuosa dell'immobile, finisce per apparire pregiudizievole per gli interessi della procedura.
Si pensi al caso in cui l'immobile pignorato risulti occupato da un soggetto, munito o meno di titolo, il quale versi regolarmente il canone di locazione o l'indennità di occupazione e mantenga l'immobile in buone condizioni di manutenzione.
In questi casi, per la verità non infrequenti nella prassi, l'immediata emissione dell'ordine di liberazione potrebbe finire per risultare finanche dannosa per la procedura, privando la stessa di utili entrate ed esponendo il bene ad ammaloramenti o persino al pericolo di occupazioni abusive.
Forse, in questo caso potrebbe essere utile una rivisitazione del contenuto del precetto normativo, onde consentire un minimo di discrezionalità nella emissione dell'ordine di liberazione.
Altra possibilità, a legislazione vigente, è quella, già adottata da alcuni tribunali, di emettere comunque, anche in un caso come quello appena descritto, l'ordine di liberazione, differendo espressamente la sua efficacia esecutiva fino al momento dell'aggiudicazione.
Il settimo comma prevede anche un rimedio contro l'ordine di liberazione emesso dal giudice dell'esecuzione, disponendo espressamente che lo stesso sia opponibile ai sensi dell'art. 617 c.p.c.
Non vi è dubbio che il rimedio al quale fa riferimento la norma sia, pur in mancanza di un espresso riferimento, quello offerto dal secondo comma dell'art. 617 c.p.c., venendo in rilievo l'opposizione contro un provvedimento, l'ordine di liberazione, emesso in corso di procedura.
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Sommario
L'art. 560 c.p.c. nella sua attuale formulazione
L'ipotesi di immobile occupato da un terzo privo di titolo opponibile alla procedura