Opzione put nelle società di capitali e compatibilità con il divieto di patto leonino

La Redazione
24 Luglio 2025

Il Tribunale di Milano (provvedimento del 24-5-2024, dep. 13-2-2025) torna ad occuparsi del contratto di opzione put, definendone i confini in rapporto al divieto di patto leonino – che, pur essendo inserito nella disciplina delle società di persone, ha pacificamente portata generale e vale anche per gli altri tipi di società di capitali.

Nelle società di capitali il contratto di opzione put viola il divieto di patto leonino di cui all'art. 2265 c.c. quando produce l'effetto di esentare il socio dalle perdite, nell'accezione di cui agli artt. 2446,2447,2482-bis, 2482-ter c.c., ovvero perdite di esercizio capaci di intaccare il capitale sociale per oltre 1/3 o addirittura di farlo scendere sotto il minimo legale, come nel caso in cui il patto preveda non solo la corresponsione di una somma pari al prezzo d'acquisto originariamente pagato eventualmente maggiorato di un interesse (opzione put a prezzo fisso), ma anche il rimborso di tutti gli apporti che l'acquirente, nel corso del rapporto societario, abbia conferito in società, compreso il costo della sottoscrizione delle nuove azioni emesse a seguito della ricostituzione del capitale. In tal caso, infatti, il socio titolare dell'opzione put è effettivamente esentato dalle perdite, nel senso che, senza sopportare alcun costo, scaricato sul concedente – prospettivo socio coatto -, è assicurato il mantenimento della stessa partecipazione utile a consentire l'esercizio dell'opzione medesima.

La posizione di socio implica necessariamente la partecipazione, almeno eventuale e almeno minimale, agli utili oppure alle perdite, mentre il finanziatore ha sempre diritto alla restituzione dell'intero finanziamento (ed al pagamento degli interessi pattuiti).

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