La Corte di giustizia torna sulla motivazione del decreto ingiuntivo emesso nei confronti del consumatore
18 Agosto 2025
Massima “Il principio di effettività della tutela risultante dall'art. 7 della direttiva 93/13/CEE non osta ad una disciplina nazionale che preclude l'esame dell'abusività delle clausole contenute nel contratto concluso tra un professionista ed un consumatore e posto alla base di un decreto ingiuntivo definitivo ogni volta che tale esame sia stato condotto in sede monitoria e l'ingiunzione di pagamento consenta di verificare le clausole esaminate, nonché (sia pur sommariamente) le ragioni per le quali le stesse sono state valutate non abusive ed informi il consumatore della possibilità di impugnare l'ingiunzione pena la definitività della stessa”. “Ove, alla luce del principio di effettività, sussista la possibilità di effettuare in sede esecutiva una nuova valutazione in ordine alla abusività delle clausole contenute nel contratto alla base di un'ingiunzione di pagamento pur definitiva, il giudice dell'esecuzione deve poter adottare d'ufficio le misure istruttorie necessarie per procedere a tale valutazione”. Il caso L'ingiunzione viene emessa non avendo il debitore (pur in tal senso invitato dal giudice, in conformità alla disciplina spagnola) formulato osservazioni a fronte del rilievo officioso relativo alla possibile abusività della clausola relativa agli interessi moratori e non avendo il giudice constatato l'esistenza di clausole abusive. Chiuso il procedimento monitorio, sulla base dell'ingiunzione di pagamento ormai non più impugnabile, Alfa Ltd chiede al giudice competente l'emissione di un ordine di esecuzione. Il giudice richiesto dell'emissione di tale ordine, premesso che l'“esperienza dei giudici” dimostra che l'assenza di documenti contabili relativi all'importo richiesto a titolo di “capitale non pagato” e l'assenza di qualsivoglia ripartizione di tale capitale costituisce un elemento rivelatore di una pratica di occultamento di eventuali clausole abusive contenute nel contratto poiché l'importo richiesto potrebbe non corrispondere alla somma effettivamente dovuta per capitale, osserva che il controllo in ordine alla non abusività delle clausole è stato condotto dal giudice del procedimento monitorio senza disporre di tutte le informazioni all'uopo necessarie. Atteso che il controllo in ordine alla non abusività delle clausole contrattuali deve essere svolto in sede monitoria e che il decreto ingiuntivo è divenuto ormai irretrattabile, il giudice dell'esecuzione sottopone alla Corte di giustizia la questione relativa alla compatibilità con l'art. 7 della direttiva 93/13/CEE di una normativa che gli preclude di esaminare l'abusività delle clausole contrattuali pur quando egli ritenga che il (doveroso) esame officioso dell'abusività delle clausole contrattuali sia stato condotto in sede monitoria in modo fallace o incompleto. Lo stesso giudice chiede inoltre alla Corte se sia possibile condurre in sede esecutiva l'eventuale valutazione in ordine all'abusività delle clausole sulla base di documenti ulteriori rispetto a quelli prodotti in sede monitoria. La questione Il principio di effettività della tutela sancito dall'art. 7 della direttiva 93/13/CEE consente di superare la valutazione di non abusività delle clausole contenute in un contratto concluso tra professionista e consumatore risultante da un decreto ingiuntivo ormai definitivo? Nel caso in cui, avuto riguardo al principio di effettività, debba procedersi ad una nuova valutazione dell'abusività delle clausole contenute nel contratto alla base di un decreto ingiuntivo definitivo, il giudice dell'esecuzione dispone di poteri istruttori esercitabili officiosamente? Le soluzioni giuridiche La Corte di giustizia esamina la prima questione sottoposta dal giudice dell'esecuzione spagnolo richiamando la propria costante giurisprudenza relativa ai principi di equivalenza e di effettività come limiti al principio di autonomia processuale degli Stati membri. I giudici del Kirchberg osservano che una disciplina nazionale (quale quella spagnola) che limita l'esame dell'abusività delle clausole in sede monitoria (escludendo quindi che un simile esame possa esser condotto in sede esecutiva) non pregiudica, di per sé, il principio di effettività. Richiamata inoltre la giurisprudenza della Corte che, alla luce del principio di effettività della tutela giudiziale, ha precisato il (necessario) contenuto della motivazione del decreto ingiuntivo emesso nei confronti del consumatore (Corte giust., sez. 9, ord. 18 dicembre 2023, C-231/23, Eurobank Bulgaria, Corte giust., Grande Sezione, sent. 17 maggio 2022, C-600/19, Ibercaja Banco SA), i giudici del Kirchberg affermano che il principio di effettività non osta ad una disciplina nazionale che, stante la maturata decadenza, non consente al giudice chiamato a dare esecuzione ad un ingiunzione di pagamento di esaminare il possibile carattere abusivo delle clausole contenute nel contratto “qualora un siffatto controllo sia già stato effettuato da un giudice nella fase del procedimento d'ingiunzione di pagamento, purché tale giudice abbia individuato, nella sua decisione, le clausole che sono state oggetto di tale controllo, abbia esposto, anche solo sommariamente, le ragioni per le quali dette clausole non avevano carattere abusivo e abbia indicato che, in mancanza dell'esercizio, entro il termine impartito, dei mezzi di ricorso previsti dal diritto nazionale contro la decisione in parola, il consumatore sarà decaduto dalla possibilità di far valere l'eventuale carattere abusivo di dette clausole”. Con riferimento alla seconda questione sottopostale la Corte richiama preliminarmente la propria giurisprudenza secondo la quale il consumatore si trova, rispetto al professionista, in una situazione di asimmetria (anche informativa) che deve essere riequilibrata dal giudice, soggetto terzo ed imparziale. Tanto premesso, i giudici del Kirchberg osservano pure che, ove ritenesse di dover effettuare un sindacato in ordine all'abusività delle clausole contrattuali non essendo stato completo il sindacato condotto in sede monitoria, il giudice dell'esecuzione “deve beneficiare della possibilità di adottare d'ufficio le misure istruttorie necessarie a tal fine”. Osservazioni La decisione che si annota costituisce un'ulteriore tappa del percorso (intrapreso dalla Corte di giustizia a partire dalla sentenza 27 giugno 2000, C-240/98, Océano Grupo Editorial SA) teso a delineare il potere-dovere, per il giudice delle controversie consumeristiche, di rilevare d'ufficio la potenziale abusività delle clausole contenute nel contratto concluso tra professionista e consumatore; potere-dovere che, anche di recente, la Corte ha affermato essere una “norma procedurale gravante sugli organi giurisdizionali” (tra le altre, Corte di giustizia, 9 aprile 2024, C-582/21, FY c. Profi Credit Polska S.A. w Bielsku Białej) destinata ad operare con riferimento alle clausole rilevanti quanto all'oggetto del procedimento (Corte di giustizia, 11 marzo 2020, C-511/17, Györgyné Lintner). Una prima lettura della decisione Investcapital Ltd (che conferma la circolarità esistente anche a livello eurounitario tra decreto ingiuntivo e relativa esecuzione) offre sollecitazioni relative tanto al procedimento monitorio, quanto a quello esecutivo. Con riferimento al procedimento monitorio la decisione si segnala perché, in modo esplicito, precisa la portata che la motivazione del provvedimento giudiziario reso a fronte di un ricorso proposto nei confronti di un consumatore deve presentare al fine della irretrattabilità del medesimo provvedimento. In relazione all'ordine di esecuzione disciplinato nell'ordinamento spagnolo la Corte di giustizia, con la sentenza della Grande Sezione del 17 maggio 2022, C-600/19, Ibercaja Banco SA, aveva già affermato la contrarietà agli articoli 6 e 7 della direttiva 93/13/CEE di una disciplina nazionale che, per effetto dell'autorità della cosa giudicata e della decadenza, non consenta l'esame dell'abusività delle clausole contrattuali (sulla base sia di un'iniziativa officiosa del giudice dell'esecuzione, sia di un'iniziativa del consumatore intrapresa una volta decorso il termine per proporre opposizione) allorquando un simile controllo sia stato compiuto dal giudice che ha emesso l'ordine di esecuzione e, tuttavia, “la decisione giurisdizionale che autorizza l'esecuzione ipotecaria non comporti alcun punto della motivazione, nemmeno sommario, che dia atto della sussistenza dell'esame in parola né indichi che la valutazione effettuata dal giudice di cui trattasi in esito a tale esame non potrà più essere rimessa in discussione in assenza di opposizione nel termine citato”. Tale sentenza è stata ampiamente ripresa da Cass., S. U., sent. 6 aprile 2023, n. 9479 secondo la quale, stante la strumentalità rispetto all'esercizio del diritto di difesa del consumatore nel giudizio di opposizione, la motivazione del decreto ingiuntivo “esige che nel decreto sia individuata, con chiarezza, la clausola del contratto (o le clausole) che abbia(no) incidenza sull'accoglimento, integrale o parziale, della domanda del creditore e che se ne escluda, quindi, il carattere vessatorio”. La decisione della Corte di giustizia del 29 febbraio 2024 precisa ulteriormente la portata della motivazione che deve presentare il decreto ingiuntivo affinchè, anche nella dimensione eurounitaria, risulti non superabile il giudicato. In particolare, tale decisione richiede pure, in modo espresso, che, anche se sommariamente, siano indicate le ragioni per le quali le clausole rilevanti ai fini dell'oggetto del procedimento non sono state ritenute abusive (nel senso della preesistenza di un simile onere motivazionale si veda -pur se non in termini così espliciti- pure Corte di giustizia, Grande Sezione, sent. 17 maggio 2022, C-600/19, Ibercaja Banco SA, pp. 49 e 50, nonché, in dottrina, FARINA M., Decreto ingiuntivo non opposto e clausole abusive nella giurisprudenza delle Corti di vertice, in Riv. dir. proc., 2023, 4, 1542). È, quella appena richiamata, un'esplicitazione opportuna (a maggior ragione ove si valuti la pluralità dei modelli motivazionali - non sempre del tutto conformi alle indicazioni della giurisprudenza della Corte di giustizia- dei decreti ingiuntivi affermatisi all'indomani del 6 aprile 2023); un'esplicitazione che, indubbiamente, contribuisce ad intensificare l'onere motivazionale a carico del giudice del monitorio, ma che, in modo del tutto coerente con la precedente giurisprudenza del Kirchberg, si muove nel solco di quella adeguata informazione del consumatore che costituisce un obbligo del giudice tanto ineludibile da consentire, ove non rispettato, di superare il giudicato. Piuttosto (ed ecco uno dei profili che conferma la circolarità tra decreto ingiuntivo e relativa esecuzione), proprio la portata di un simile obbligo giudiziale di informazione solleva interrogativi in ordine alla eurocompatibilità di un interpello quale quello che le Sezioni Unite (con la sentenza 6 aprile 2023, n. 9479) hanno rimesso al giudice dell'esecuzione a fronte della mancata motivazione del decreto ingiuntivo non opposto (sul punto sia consentito il rinvio a FIENGO, Completa passività del consumatore ed esame officioso delle clausole abusive del contratto: importanti chiarimenti dalla Corte di giustizia, in Ridare.it). La vicenda dalla quale trae origine la decisione che si annota offre anche importanti spunti con riferimento al profilo della prova nel procedimento monitorio. Il giudice dell'esecuzione rimettente, infatti, dubita della completezza del controllo officioso compiuto dal giudice che ha emesso l'ingiunzione di pagamento poiché tale giudice aveva esaminato solo un certificazione del debito emessa dalla stessa ricorrente (cessionaria del credito) e poiché “l'«esperienza dei giudici» dimostra che l'assenza di qualsiasi certificato o documento contabile riguardante l'importo richiesto a titolo di «capitale non pagato» nonché l'assenza di una ripartizione di detto importo costituisce un elemento tale da rivelare una pratica di occultamento delle eventuali clausole abusive contenute nel contratto di credito, dal momento che l'importo di cui trattasi potrebbe non corrispondere alla somma dovuta quale capitale del credito”. Seguendo un simile ragionamento, anche solo al fine di comprendere quali siano le clausole rilevanti ai fini dell'oggetto del procedimento monitorio, pare quindi debba escludersi la possibilità di emettere un decreto ingiuntivo sulla base di un mero saldaconto. Tale possibilità dovrebbe, per la verità, ritenersi esclusa in via generalizzata alla luce dell'art. 50 t.u.b. (cfr., tra le altre, Cass., sez. 1, sent. 2 dicembre 2011, n. 25857), anche se la casistica giurisprudenziale dimostra che ancora si danno casi in cui il decreto ingiuntivo viene emesso sulla base di un mero saldaconto. Vanno pertanto salutate con favore quelle iniziative (si vedano, ad esempio, le “Indicazioni operative. Ricorsi per decreto ingiuntivo, con riguardo alla tutela dei consumatori” predisposte dal Tribunale di Bolzano) che, emerse all'indomani della sentenza n. 9479/23 delle Sezioni Unite, hanno espressamente richiesto “in ipotesi di contratto di conto corrente o di rapporto che comunque si esegue con annotazioni su un conto (es. carta di credito), produrre l'estratto conto integrale (non c.d. saldaconto) dall'inizio del rapporto alla fine (Cass. n. 29577/20, n. 13527/17) che contenga anche la somma finale”. Piuttosto, per il caso (come detto ancora ricorrente) in cui il decreto ingiuntivo sia emesso sulla base di un mero “saldaconto”, ci si dovrà probabilmente interrogare sulla compatibilità con la giurisprudenza della Corte di giustizia relativa alla direttiva 93/13/CEE di una giurisprudenza nazionale (tra le altre, Cass., sez. 3, ord. 10 maggio 2024, n. 12818; Cass., sez. 1, ord. 9 gennaio 2019, n. 279; Cass., sez. 1, sent. 2 dicembre 2011, n. 25857) che, in caso di opposizione avverso il decreto ingiuntivo, ritiene comunque valorizzabile (sia pur a livello indiziario) quello stesso saldaconto che, in realtà, non sarebbe idoneo all'emissione dell'ingiunzione di pagamento. La difficoltà di comprendere (sulla base del solo saldaconto) quali clausole abbiano concorso alla quantificazione del credito oggetto dell'ingiunzione di pagamento rischia infatti di riverberarsi sull'esame officioso delle clausole rilevanti ai fini dell'oggetto del procedimento; esame doveroso (oltre che nella fase monitoria) anche in sede di opposizione avverso il decreto ingiuntivo. E la portata di un simile rischio è ancor meglio percepibile ove si consideri che, fermi i chiarimenti che saranno resi a fronte dell'opportuna iniziativa adottata da Cass., sez. 2, ord. 26 aprile 2024, n. 11174, non appare peregrino, nella prospettiva eurounitaria, ritenere già oggi suscettibile di superamento il giudicato derivante dalla sentenza pronunciata all'esito dell'opposizione promossa ai sensi dell'art. 645 c.p.c. ogni volta che tale sentenza non contenga un'esplicita motivazione in ordine alla non abusività delle clausole rilevanti ai fini dell'oggetto del processo. Le conclusioni alle quali perviene la sentenza che si annota quanto ai poteri istruttori esercitabili dal giudice dell'esecuzione al fine del sindacato sull'abusività delle clausole appaiono invece avere minor rilievo nell'ordinamento italiano. In caso di titolo giudiziale, infatti, Cass., S. U., sent. 6 aprile 2023, n. 9479 ha rimesso al giudice dell'esecuzione il solo compito di informare il consumatore della possibilità di proporre l'opposizione tardiva quale rimodellata dalla medesima decisione, sì che (fermo l'obbligo, per tale giudice, di richiedere il contratto alla base del decreto ingiuntivo non opposto) l'ampiezza dei poteri istruttori spettanti al giudice dell'esecuzione è questione non particolarmente significativa. Altrettanto non può dirsi, invece, con riferimento al caso di esecuzione fondata su un titolo stragiudiziale. Per tale caso, indubbiamente, la sentenza qui esaminata costituisce conferma di come anche il processo esecutivo sia destinato ad esser profondamente modificato in conseguenza della declinazione eurounitaria del principio di effettività (con riferimento ai poteri istruttori del giudice dell'esecuzione instaurata nei confronti di un consumatore sia consentito il rinvio a FIENGO, Prime riflessioni sui poteri istruttori ex officio del giudice dell'esecuzione e tutela del consumatore, in IAMICELI (a cura di) Effettività delle tutele e diritto europeo. Un percorso di ricerca per e con la formazione giudiziaria, Trento, 2020, 255 ss.). BACCAGLINI, Il decreto ingiuntivo emesso nei confronti del consumatore: le ricadute sul piano della cognizione e dell'esecuzione alla luce selle Sezioni Unite, in Nuova giur. civ. comm. 2023, 4, 946 ss.; CAPORUSSO, Le Sezioni Unite tra potere nomogenetico della Corte di Giustizia e autonomia processuale degli Stati membri, in Riv. dir. proc., 2023, 3, 1231 ss.; CONSOLO, Istruttoria monitoria “ricarburata” e, residualmente, opposizione tardiva consumeristica “rimaneggiata” (specie) su invito del g.e., in Giur. it. 2023, 1054 ss.; D'ALESSANDRO, Il decreto ingiuntivo non opposto emesso nei confronti del consumatore dopo Corte di Giustizia, grande sezione, 17 maggio 2022 (cause riunite C-693/19 e C-381/19, causa C-725/19, causa C-600/19 e causa C-869/19): in attesa delle Sezioni Unite, in www.Judicium.it 2022 |