Allagamento dovuto a colonna di scarico intasata: chi è responsabile?
24 Luglio 2025
Massima La colonna di scarico è una parte comune, per cui, qualora per anni si trascura la pulizia e la manutenzione della stessa, il danno che si verifica a causa del naturale restringimento ricadrà sul condominio. Il caso Un condomino agiva in giudizio avverso il proprio condominio ed i vicini del piano superiore per ottenere il risarcimento del danno cagionato da un allagamento. Riportava, infatti, l'attore, come dallo scarico fosse provenuto un “rigetto” di acque nere, che aveva allagato il proprio appartamento. Tale situazione aveva cagionato dei seri danni consistenti nei costi per il ripristino delle parti di appartamento danneggiate dalle acque luride, dalla limitazione del godimento dell'appartamento e dalla sostituzione di alcune lastre di marmo danneggiate a seguito dell'allagamento per ricercare la provenienza dello stesso. A seguito della fuoriuscita d'acqua, infatti, l'amministratore aveva incarico un tecnico, il quale - periziando i luoghi e le strutture - aveva ipotizzato la causa dell'allagamento. Secondo il perito, infatti, il danno si sarebbe verificato perché la colonna di scarico, già ristretta da anni di utilizzo senza pulizia e manutenzione, era stata intasata dal gettito di materiale solido come salviette e fazzoletti dal quinto piano, che avevano causato un'occlusione all'altezza del quarto piano che aveva, infine, riversato le acque reflue nell'appartamento attoreo sito al piano terzo. Si costituivano spontaneamente, o venivano chiamati in garanzia, tutti i condomini, ognuno sostenendo sostanzialmente le tesi difensive del condominio avverso la domanda attorea. La questione giuridica La questione sottesa al giudizio in commento è la seguente: nel caso di un allagamento proveniente dalla colonna di scarico come dovrà essere ripartita la responsabilità per il danno cagionato? Dovrà prevalere il criterio di cui all'art. 2051 c.c., ossia la responsabilità del custode? Occorre, infatti, rilevare che tale norma afferma che: “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”. La colonna di scarico, che è bene asservito a tutti gli appartamenti privati, è pacificamente una parte comune di proprietà condominiale e, quindi, la predetta norma potrebbe ben attagliarsi al caso in questione. Tuttavia, sovveniva un altro elemento. Veniva, infatti, ipotizzato dal consulente tecnico del condominio che l'allagamento fosse stato cagionato da una serie di materiali gettati impropriamente nello scarico dagli inquilini del quinto pianto. Valeva, quindi, tale elemento come autonoma fonte del danno? Giuridicamente poteva nel caso in questione essere questa occlusione l'unico, o principale, fatto responsabile della causazione del danno? Le soluzioni giuridiche La sentenza, all'esito del giudizio, vedeva il sostanziale accoglimento delle tesi attoree e la condanna del solo condominio al risarcimento del danno. La decisione che il condomino dovesse essere risarcito non sorprende; ciò che pare interessante e degno di nota è quindi la motivazione che aveva (correttamente, v. par. 5) spinto il giudice alla decisione di condannare il solo condominio a tale risarcimento. La risposta a tale quesito è da ricercarsi nelle perizie tecniche realizzate nel contraddittorio delle parti. Stante il fatto, innegabile, che l'allagamento fosse provenuto dalla colonna di scarico, essi andavano a ricercare la causa dello stesso. La realtà che si presentava al momento dell'analisi peritale era una seria compromissione della funzionalità della colonna dovuta al restringimento della stessa. Il restringimento della vetusta colonna era dovuto ad anni di utilizzo senza pulizia e manutenzione. La sua struttura, poi, era “a doppio gomito” e quindi presentava naturalmente curve e deviazioni che, una volta ostruite, avevano comportato la fuoriuscita di materiale. Questo quanto veniva visto dal perito d'ufficio, ma cosa, invece, non ravvedeva il tecnico? A differenza del collega che aveva effettuato verifiche pregiudiziali su incarico dell'amministratore, il tecnico d'ufficio non riscontrava alcun blocco o ostruzione causata da utilizzo improprio con getto di materiale struccante, fazzoletti o salviette. In conseguenza di tale fatto, nessuna colpa poteva essere addossata ai proprietari del quinto piano. All'esito della decisione, quindi, il giudice muoveva la seguente considerazione. Preso atto che la colonna di scarico è un bene comune di proprietà condominiale e utilizzato da tutti i proprietari; preso atto che tale bene per anni non aveva usufruito di pulizie o manutenzioni; preso atto che non si era trovata nessuna causa esterna o utilizzo improprio da parte dei condomini: allora, in conseguenza di questi elementi, doveva concludersi che nel presente caso doveva trovare piena applicazione il principio di cui all'art. 2051 c.c., con conseguente addossamento della responsabilità del danno causato da un bene scarsamente manutenuto dal suo proprietario/custode. Si legge, infatti, a chiusura della sentenza in commento, che “in mancanza della prova del fortuito, quale unica causa di esonero del custode dalla responsabilità per danno cagionato da cose in custodia e quale fattore interruttivo del legale causale fra la cosa in custodita ed evento dannoso, la responsabilità del condominio convenuto non può essere disconosciuta, non essendo emersa alcuna prova dell'esistenza di un fattore estraneo, dotato di un'efficienza causale esclusiva, tale da porsi in funzione dell'evento in termini di autonomia, eccezionalità, imprevedibilità ed inevitabilità, idonea da sola a produrre l'evento di danno e, in quanto tale, capace di interrompere il nesso di causalità tra la cosa e l'evento stesso”. Alla luce di tale valutazione il giudice condannava il condominio al risarcimento del danno e al rimborso delle spese di lite delle parti coinvolte nel processo. Osservazioni La decisione del Tribunale catanese appare corretta e se ne condivide lo spirito. Occorre, per commentarla, illustrare due concetti. Il primo riguarda il concetto di risarcimento del danno in generale. Nell'ordinamento italiano, infatti, generalmente e astrattamente, lo schema tipico per la determinazione della responsabilità da causazione del danno non può prescindere dall'analisi di “fatto, nesso di causalità e danno”. Il “fatto” è l'attività dolosa o colposa, omissiva o commissiva, umana o meno, che dà luogo alla verificazione di un evento. Tale evento, che comporta un detrimento per qualcuno, quantificabile in termini economici, è detto “danno”. Il nesso di causalità, che è argomento sul quale la dottrina ha versato fiumi d'inchiostro, è comunemente definito come l'antecedente necessario che lega il fatto al danno. In buona sostanza, soggetto che ha commesso il fatto sarà responsabile del danno laddove - senza lo stesso fatto - il danno non si sarebbe verificato. Tale correlazione tra fatto e danno è, appunto, il nesso di causalità. Tutta questa regola è ben sintetizzata dal legislatore nell'art. 2043 c.c. che afferma con mirabile sintesi che: “qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”. Ad ampliare questo concetto ci pensa poi il successivo art. 2051 c.c., che declina il concetto nel contesto del danno cagionato dal bene in custodia di qualcuno. Per essere responsabile del danno, quindi, una persona non necessità di causarlo con la sua azione od omissione, ma è sufficiente che egli sia custode (si badi, non serve essere proprietario, basta la custodia legale) di un bene che cagiona un danno. Interessante notare come nel caso dell'art. 2043 c.c. la prova della responsabilità incomberà sul soggetto danneggiato, mentre nell'art. 2051 c.c. si ha una inversione dell'onere della prova. La Cassazione sul punto ha affermato che, “in tema di responsabilità da custodia, facendo eccezione alla regola generale di cui al combinato disposto degli artt. 2043 e 2697 c.c., l'art. 2051 c.c., determina un'ipotesi caratterizzata da un criterio di inversione dell'onere della prova, ponendo a carico del custode la possibilità di liberarsi della presunzione di responsabilità a sua carico mediante la prova liberatoria del caso fortuito, risultando a tale stregua agevolata la posizione del danneggiato, rimanendo sul custode il rischio del fatto ignoto” (Cass. civ. sez. III, 29 settembre 2006, n. 21244). Ecco che si delinea il caso preso in analisi dal giudice siciliano. Per analizzare le sfaccettature del caso occorre riportare la predetta norma, con la sua eccezione. Se, infatti, il primo periodo dell'art. 2051 c.c. afferma che: “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia”, il secondo periodo riporta una possibile scusante affermando che “salvo che provi il caso fortuito”. Per spiegare questo concetto, decisamente complesso, prenderemo in prestito le parole di una recente sentenza della Cassazione che sul punto afferma che “La responsabilità per cose in custodia, disciplinata dall'art. 2051 c.c., è di natura oggettiva e non presunta, richiedendo la dimostrazione del nesso di causalità tra la cosa custodita e il danno subito. Il custode può liberarsi da tale responsabilità solo dimostrando il caso fortuito, ovvero un evento imprevedibile e inevitabile che interrompe il nesso causale. La giurisprudenza ha chiarito che la mera coincidenza temporale o spaziale tra la cosa in custodia e il danno non è sufficiente a stabilire la responsabilità del custode; è necessario che il danno sia stato concretamente provocato dalla cosa custodita” (Cass. civ. sez. III, 11 marzo 2025, n.6459; sul punto, v. anche l'autorevole Cass. civ., sez. un., 30 giugno 2022, n. 20943). La decisione del Tribunale di Catania appare corretta perché specchiata applicazione dei predetti dogmi giuridici. Il giudice del caso di merito ha, infatti, valutato la proprietà del bene - colonna di scarico - in capo al condominio e, dato il rapporto di custodia, ha indirizzato l'analisi su questo elemento. Al riguardo, è condiviso l'assunto secondo cui “la spesa per la riparazione dei canali di scarico dell'edificio in condominio, che, ai sensi dell'art. 1117, n. 3, c.c., sono oggetto di proprietà comune fino al punto di diramazione degli imputati ai locali di proprietà esclusiva dei singoli, sono a carico di tutti i condomini per la parte relativa alla colonna verticale di scarico ed a carico dei rispettivi proprietari per la parte relativa alle tubazioni che si diramano verso i singoli appartamenti” (così Cass. civ., sez. II, 18 dicembre 1995, n. 12894), con la dovuta precisazione che “i manufatti, come le fognature e simili, rientrano tra le parti comuni dell'edificio, ai sensi dell'art. 1117, n. 3, c.c., le cui spese per la conservazione sono assoggettate alla ripartizione in misura proporzionale al valore delle singole proprietà” (così Cass. civ., sez. II, 30 giugno 2015, n. 13415)”. La perizia tecnica ha correttamente colmato la lacuna del giudice (che non può e non deve pronunciarsi su analisi tecnico/edilizie senza il suo ausiliare) e specificato che la colonna aveva una possibilità di uso menomata da anni di mancata pulizia e manutenzione. Addossata, quindi, la responsabilità al condominio, il giudice ha infine escluso la presenza di un caso fortuito, dato che non si era trovato traccia di occlusioni anomale della colonna dovute a materiale impropriamente gettato dai condomini. La corretta conclusione del sillogismo giuridico, quindi, era la determinazione della responsabilità per la causazione del danno in capo al solo condominio. Riferimenti Castronovo, Responsabilità civile. La lunga stagione del diritto italiano, in Europa e dir. priv., fasc. 3, 1° settembre 2024, 343; Celeste, I servizi in uso al condominio: le problematiche più controverse, in Giur. merito, 2011, fasc. 3, 870; Celeste, Danni da cose in custodia di proprietà comune e responsabilità solidale dei singoli condomini, in IUS-Condominioelocazione, 27 febbraio 2025; Cremonese, Danni provocati dall'impianto di scarico condominiale e prova del pregiudizio, in IUS-Condominioelocazione, 10 ottobre 2024; Riggi, Danno da infiltrazione per perdita della condotta fognaria a servizio del condominio: responsabilità da custodia, in Dir. & giust., 2025, fasc. 42, 2025, 2; Villanova, La responsabilità per il danno cagionato da cose in custodia, in Resp. civ. e prev., 2022, fasc. 3, 1° marzo 2022. |