Limiti all'ammissione in appello di nuovi mezzi di prova
11 Luglio 2025
La vicenda riguardava una controversia tra privati sull'asserita realizzazione illegittima di opere edilizie. In primo grado, il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda principale e la domanda riconvenzionale, condannando entrambe le parti alla demolizione, con ripristino dello status quo ante, delle opere realizzate in violazione di legge sulla distanza minima tra fondi finitimi, al risarcimento dei danni e al pagamento dei costi da sostenere per la demolizione di dette opere. La Corte d'appello, per quanto rileva, riformava parzialmente la sentenza di primo grado, valorizzando un'aerofotogrammetria allegata al fascicolo dell'appellante ai sensi dell'art. 345 c.p.c. Avverso la sentenza d'appello veniva proposto ricorso per cassazione, con il quale veniva denunciata la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 345 c.p.c., per avere la Corte d'Appello applicato l'anzidetta disposizione nel testo anteriore al d.l. n. 83/2012, come convertito nella legge n. 134/2012, mentre avrebbe dovuto trovare applicazione l'art. 345 c.p.c. per come novellato dalla legge n. 134 cit. Trattandosi di giudizio di appello, il riferimento temporale per la vigenza delle nuova disciplina doveva essere individuato nella data del deposito della sentenza di primo grado e non nella notificazione dell'atto introduttivo di esso giudizio, derivandone che, essendo entrambe le sentenze posteriori alla entrata in vigore della legge di cui detto, la Corte d'Appello avrebbe dovuto ammettere il documento (l'aerofotogrammetria) solo ove la parte avesse dimostrato di non averlo potuto produrre tempestivamente per causa ad essa non imputabile; invece aveva incentrato la propria decisione assumendone l'indispensabilità. I giudici di legittimità accolgono il motivo di ricorso, affermando che "la nuova formulazione dell'art. 345, comma 3, c.p.c., introdotta dal d.l. n. 83/2012, conv. con modif. dalla legge n. 134/2012, che prevede il divieto di ammissione, in appello, di nuovi mezzi di prova e documenti, salvo che la parte dimostri di non avere potuto proporli o produrre per causa non imputabile, trova applicazione, in difetto di un'espressa disciplina transitoria ed in base al generale principio processuale "tempus regit actum", quando la sentenza conclusiva del giudizio di primo grado sia stata pubblicata dopo l'11 settembre 2012 (Cass. civ. n. 21606/2021; conf. Cass. civ. n. 6590/2017)". Poiché la sentenza non definitiva risulta essere stata pubblicata il 12 novembre 2012 e quella definitiva il 17 aprile 2015 la sentenza d'appello avrebbe dovuto decidere sul punto sulla base di quanto disposto dal nuovo contenuto della norma. I giudici precisano inoltre che “Nel giudizio di legittimità, qualora venga dedotta l'erroneità dell'ammissione o della dichiarazione di inammissibilità di una prova documentale in appello, la S.C., in quanto chiamata ad accertare un 'error in procedendo', è giudice del fatto, ed è, quindi, tenuta a stabilire se si trattasse in astratto di prova indispensabile, ossia teoricamente idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione dei fatti di causa”. Viene, infine, puntualizzato che “Pur vero che il ricorrente che si duole dell'ammissione di un mezzo di prova deve spiegarne il carattere decisivo, a pena d'inammissibilità del motivo di ricorso, tuttavia, ove la decisività risulti dalla motivazione della sentenza impugnata, poiché la Cassazione, in quanto chiamata ad accertare un "error in procedendo", è giudice del fatto, ben può rilevarla da essa sentenza, purché il ricorrente abbia allegato, sia pure in assenza di specifica articolazione espositiva, l'anzidetta qualità”. Tirando le fila con riferimento al caso sub iudice, quindi, si evidenzia che “pur in presenza di una non sufficientemente specifica deduzione della parte in punto di decisività del documento, una tale qualità, tuttavia genericamente allegata, emerge nitidamente dalla stessa sentenza d'appello, che, incorrendo in error in procedendo, ammise il documento sulla scorta del testo dell'art. 345 c.p.c. (al tempo non applicabile in base al principio processuale "tempus regit actum"), che ne permetteva l'ammissione sul solo presupposto che il documento fosse indispensabile. Che si trattasse di prova astrattamente idonea a risolvere le incertezze derivanti dal vaglio della prova testimoniale, grazie alla sua natura oggettiva, esaustiva e temporalmente certa, non può seriamente mettersi in dubbio”. |