Trasformazione progressiva e liberazione dei soci illimitatamente responsabili dalla responsabilità per le obbligazioni sociali

09 Luglio 2025

La Corte di Cassazione ha ribadito come, in caso di trasformazione progressiva, i soci illimitatamente responsabili sono liberati dalla responsabilità per le obbligazioni sociali sorte anteriormente all'efficacia dell'operazione, secondo il meccanismo di cui all'art. 2500-quinquies, comma 2, c.c., soltanto quando la società abbia comunicato in via formale l'avvenuta operazione ai creditori sociali, non rilevando la conoscenza da questi acquisita aliunde.

Massima

In caso di trasformazione progressiva da società di persone a società di capitali, i soci illimitatamente responsabili sono liberati dalla responsabilità per le obbligazioni sociali sorte anteriormente all'efficacia dell'operazione – oltre al caso di consenso espresso dei creditori sociali – soltanto quando la società abbia comunicato agli stessi creditori l'avvenuta trasformazione mediante comunicazione formale per “raccomandata o altri mezzi che garantiscano la prova dell'avvenuto ricevimento”, e questi non si siano opposti nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione.

Non rileva, pertanto, che i creditori abbiano appreso dell'avvenuta trasformazione da altre fonti, non potendo “in alcun modo” presumersi il loro consenso in assenza del presupposto della comunicazione formale.

Il caso

Una s.n.c., sub-conduttrice di un immobile, nel 2014 si era trasformata in s.c.a.r.l., nel corso del rapporto di sublocazione.

Con decreto ingiuntivo del 2019, la società creditrice intimò ai soci illimitatamente responsabili della (allora) s.n.c. di pagare una somma di denaro per canoni non versati, a partire dall'agosto 2017, dalla società sub-conduttrice.

Alcuni tra i soci destinatari del decreto ingiuntivo presentarono opposizione al Tribunale di Modena che, con sentenza del 2020, ridottosi parzialmente il debito per effetto del pagamento eseguito da altro debitore, revocò il decreto ingiuntivo e condannò i soci opponenti al pagamento del residuo debito.

La Corte d'Appello di Bologna nel 2021 accolse l'appello proposto dai suddetti soci, osservando che la responsabilità dei soci illimitatamente responsabili in caso di trasformazione progressiva è disciplinata dall'art. 2500-quinquies c.c. (e non, come sostenuto dal Tribunale, dall'applicazione analogica dell'art. 36 l. n. 392/1978), e precisando che il consenso dei creditori sociali al mutamento del regime di responsabilità dei soci è da ritenersi presunto se i creditori stessi, posti in qualunque modo a conoscenza dell'avvenuta trasformazione, non lo abbiano espressamente negato entro i sessanta giorni successivi.

Nel caso di specie, la società creditrice (i) era a conoscenza dell'avvenuta trasformazione poiché le fatture non saldate oggetto della domanda erano intestate alla società debitrice già nella forma di “s.c.a.r.l.” e non più nella forma di “s.n.c.” e (ii) non aveva mai negato il proprio consenso alla trasformazione.

Le questioni

L'art. 2500-quinquies disciplina il regime di responsabilità dei soci in caso di trasformazione progressiva di società di persone in società di capitali.

Secondo la regola generale, divenuta efficace la trasformazione, i soci allora illimitatamente responsabili sono soggetti ad un duplice regime di responsabilità: illimitata per le obbligazioni sociali sorte prima degli adempimenti pubblicitari previsti dall'art. 2500, comma 3, c.c., limitata per le obbligazioni sorte successivamente.

Detti soci, tuttavia, possono essere liberati dalla responsabilità illimitata qualora i creditori sociali abbiano dato il loro consenso in forma esplicita alla trasformazione (art. 2500-quinquies, comma 1, c.c.).

A norma del secondo comma del citato articolo, inoltre, “il consenso si presume se i creditori, ai quali la delibera di trasformazione sia stata comunicata per raccomandata o con altri mezzi che garantiscano la prova dell'avvenuto ricevimento, non lo hanno espressamente negato nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione”.

Il provvedimento in esame ha affrontato, in particolare, il tema della corretta interpretazione di questo secondo comma, determinando i requisiti di forma e contenuto che la comunicazione destinata ai creditori sociali deve rispettare.

La Corte d'Appello di Bologna, discostandosi dall'orientamento prevalente sia in dottrina che in giurisprudenza, ha ritenuto che, ai fini del consenso c.d. presunto dei creditori sociali, non sia necessaria un'apposita e specifica comunicazione da parte della società trasformata, ma sia sufficiente una conoscenza – anche indiretta – dell'avvenuta operazione, cui, in ogni caso, non sia seguita opposizione nei successivi sessanta giorni.

Nel caso di specie, a parere della Corte felsinea, la società creditrice sarebbe stata a conoscenza dell'avvenuta trasformazione poiché anche la prima delle fatture non saldate oggetto della domanda era intestata alla società debitrice già nella forma di “s.c.a.r.l.” e non più nella forma di “s.n.c.” e, inoltre, non aveva mai negato il proprio consenso alla trasformazione, dando così rilievo a un consenso per facta concludentia derivante da un documento diverso dalla comunicazione prescritta dall'art. 2500-quinquies.

La tesi dominante in dottrina e in giurisprudenza, invece, afferma che la comunicazione ai creditori dell'avvenuta trasformazione rappresenta la condicio sine qua non affinché si possa produrre l'effetto liberatorio previsto dall'art. 2500-quinquies, comma 2, c.c.

La Corte di Cassazione ha infatti affermato, in una recente pronuncia, la necessità di una “comunicazione formale da parte della società debitrice nei confronti dei creditori sociali, in assenza della quale il consenso di questi ultimi non può in alcun modo presumersi” (Cass 19 giugno 2023, n. 17473). Detta comunicazione, inoltre, “deve avere come oggetto specifico la trasformazione della società; ne consegue che, ai fini della operatività della presunzione di consenso, all'omessa comunicazione non possono supplire né la conoscenza acquisita aliunde della trasformazione da parte dei creditori, né l'invio di atti ai medesimi dai quali l'avvenuta trasformazione sia riconoscibile, né la notizia legale dell'avvenuta trasformazione che deriva dalla pubblicità della delibera” (Cass. 29 dicembre 2020, n. 29745; v. anche Cass. 20 maggio 2021 n. 13772; Cass. 5 aprile 2022, n. 11040, che ha ritenuto il secondo comma dell'art. 2500-quinquies c.c. insuscettibile di applicazione analogica; Cass. 3 aprile 2008, n. 8530).

Quanto alla forma della comunicazione, la legge richiede la lettera raccomandata o “altri mezzi che garantiscano la prova dell'avvenuto ricevimento” (posta elettronica ordinaria con ricevuta di ritorno, PEC, notifica a mezzo ufficiale giudiziario).

Quanto al contenuto della comunicazione, invece, in dottrina e giurisprudenza si riscontrano due posizioni differenti.

Una prima tesi afferma la necessità di trasmettere ai creditori sociali copia della decisione di trasformazione al fine di garantire un'informazione completa ed esaustiva (Serra, La trasformazione e la fusione, in Tratt. Rescigno, 17, Torino, 1985; Simonetto, Trasformazione e fusione delle società, in Comm. Scialoja, Branca, Bologna-Roma, 1976; Trib. Lecce 22 febbraio 1990)

La tesi prevalente, invece, ritiene sufficiente trasmettere gli estremi di iscrizione della decisione di trasformazione, affinché i creditori possano compiere le opportune visure presso il Registro delle Imprese per visionare l'intera documentazione. La comunicazione, infatti, “non ha funzione di portare a conoscenza del socio destinatario l'intero contenuto della deliberazione di trasformazione” (Cass. 8 agosto 2002, n. 11994), ma soltanto di mettere i creditori nella condizione di tutelare i propri interessi manifestando il proprio dissenso alla liberazione dei soci illimitatamente responsabili (Cabras, Le trasformazioni, in Tratt. Colombo, Portale, VII, 3, Torino, 1997; De Angelis, Il contenuto della comunicazione della delibera di trasformazione ai creditori, in Soc, 2003, 3; Tantini, Trasformazione e fusione delle società, in Tratt. Galgano, VIII, Padova, 1985; Cass. 10 febbraio 1989 n. 827; Trib. Lecce 16 novembre 1990, con mutamento del precedente orientamento).

Il legislatore, dunque, ammette soltanto una forma “tipizzata” di espressione del consenso per facta concludentia: come si evince dal provvedimento in esame, in mancanza della comunicazione formale ex art. 2500-quinquies c.c., “neanche è ipotizzabile l'attivazione del meccanismo di manifestazione implicita del consenso previsto dal secondo comma della norma in esame, tramite la mancata espressa opposizione dei creditori, per ritenere liberati i soci illimitatamente responsabili”.

Con il provvedimento in esame, la Cassazione ha ribadito come, in assenza del presupposto della comunicazione formale, il consenso dei creditori “non può in alcun modo presumersi”.

L'intestazione delle fatture alla società debitrice come “s.c.a.r.l.” e non “s.n.c.”, infatti, costituisce soltanto presa d'atto dell'avvenuta trasformazione da parte della società creditrice, senza che ciò integri una forma di consenso c.d. presunto rilevante ai sensi dell'art. 2500-quinquies, comma 2, c.c. con conseguente liberazione dei soci illimitatamente responsabili.

Al fine di opporsi alla liberazione dei soci già illimitatamente responsabili, pertanto, non è onere dei creditori sociali manifestare il proprio diniego espresso, bensì è obbligo ex lege della società trasformata inviare con mezzi che garantiscano la prova dell'avvenuto ricevimento la comunicazione formale dell'avvenuta trasformazione.

Solo il decorso dei 60 giorni dall'avvenuta comunicazione prescritta dall'articolo 2500-quinquies, comma 2, c.c. consente di interpretare il silenzio del creditore come consenso presunto.

Osservazioni

La Corte di Cassazione ha dunque confermato un'interpretazione letterale dell'art. 2500-quinquies, comma 2, c.c., già espressa in precedenti sentenze, secondo cui soltanto una comunicazione formale intervenuta nei modi di legge consente l'attivazione del meccanismo per ritenere presunto il consenso del creditore alla liberazione dei soci a responsabilità illimitata.

Una fonte indiretta, pertanto, risulta irrilevante per i creditori sociali: si pensi, a mero titolo esemplificativo, a notizie pubblicate su quotidiani, riviste di settore, aggiornamenti del sito web o pagine social della società trasformata, modifiche del logo o dell'intestazione della corrispondenza.

Il legislatore, poiché il mutamento del regime di responsabilità costituisce un effetto della trasformazione non di immediata percezione per chi opera fuori dal mondo del diritto, ha previsto l'obbligo di una comunicazione formale e un termine significativo (60 giorni; prima della riforma del diritto societario del 2003 il Codice Civile preveda un termine di 30 giorni) per consentire ai creditori delle società trasformate di valutare con i propri consulenti gli effetti dell'operazione nei loro confronti, ed eventualmente opporvisi.

Conclusioni

Pare dunque condivisibile la tesi della Corte, che – ponderando i delicati interessi in gioco – esige una comunicazione formale, diretta ai creditori della società trasformata, avente oggetto come specifico l'avvenuta trasformazione e inviata con “raccomandata o altri mezzi che garantiscano la prova dell'avvenuto ricevimento”, tale da offrire ampia tutela alle parti e garantire il rispetto del principio di certezza dei traffici giuridici.

L'orientamento della Corte sul punto risulta ormai consolidato, pertanto è opportuno che le società di persone che intendano trasformarsi in società di capitali, beneficiando del meccanismo di consenso c.d. “presunto” dei creditori sociali alla liberazione dei soci illimitatamente responsabili, ai sensi dell'art. 2500-quinquies, comma 2, c.c., eseguano questo semplice adempimento al fine di evitare potenziali controversie giudiziarie.

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