Esiste un divieto di duplicazione del titolo esecutivo?
08 Luglio 2025
Massima Il creditore, ancorché munito di un titolo esecutivo giudiziale, può procurarsene un secondo, non esistendo nell'ordinamento alcun divieto assoluto di duplicazione dei titoli, purché l'azione non si sia consumata (e, cioè, non venga violato il principio del ne bis in idem), sussista l'interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. e, infine, non sia riscontrabile abuso del diritto o del processo. Il caso A seguito della stipula di un contratto di mutuo, concluso beneficiando delle previsioni contenute nell'art. 14 della legge n. 108/1996 (recante disposizioni per l'istituzione del “Fondo di solidarietà per le vittime dell'usura”), parte mutuataria si rendeva morosa per il pagamento di cinquantadue rate, inducendo la Consap S.p.a. ad avviare un procedimento monitorio, all'esito del quale otteneva, dal Tribunale di Roma, un decreto ingiuntivo. Tale decreto ingiuntivo, non opposto e così divenuto esecutivo, non veniva però mai azionato dall'Amministrazione la quale, invece, successivamente iscriveva a ruolo la somma di cui risultava creditrice, corrispondente all'intero importo oggetto del mutuo e comprensiva anche di quella di cui al decreto ingiuntivo; in seguito, Equitalia s.p.a. notificava la relativa cartella esattoriale. Avverso tale cartella parte mutuataria proponeva opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., eccependo la nullità del ruolo e della cartella esattoriale medesima. Il Tribunale di Roma, in accoglimento dell'opposizione proposta, riduceva l'importo della cartella esattoriale, detraendo dalla medesima la somma oggetto del decreto ingiuntivo, ritenendo che l'inserimento di quest'ultima nella cartella avesse comportato una illegittima parziale duplicazione della medesima pretesa creditoria. Nei confronti di tale pronuncia proponevano appello sia il Ministero dell'Interno sia la Consap S.p.a., deducendo l'erronea decurtazione della somma. L'adita Corte d'Appello di Roma, tuttavia, richiamando il precedente di Cass. civ., 6 giugno 2003, n. 9132 (secondo cui è possibile proporre un secondo ricorso per ingiunzione se il decreto già concesso è divenuto inefficace per mancata notificazione, ancorché tale inefficacia non sia stata dichiarata dal giudice), rigettava l'impugnazione proposta ritenendola infondata, ribadendo come al creditore non fosse consentito iscrivere al ruolo l'intera cifra oggetto del mutuo, poiché parte di tale somma era già stata oggetto di decreto ingiuntivo ritualmente notificato, con conseguente instaurazione della pendenza della lite e passaggio in giudicato dello stesso a seguito di mancata opposizione. Avverso tale decisione il Ministero dell'Interno interponeva ricorso per cassazione, articolato in un unico motivo, mediante il quale deduceva, ai sensi dell'art. 360, n. 3), c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2909 c.c., degli artt. 640, 641, 644, 646, 647, 648 c.p.c. e dell'art. 188 disp. att. c.p.c., nella parte in cui la Corte d'Appello di Roma ha confermato la decurtazione dalla cartella esattoriale della somma già stata ingiunta al debitore con decreto ingiuntivo: sostiene parte ricorrente che il giudice di seconde cure avrebbe erroneamente ritenuto che dal giudicato formatosi sul decreto ingiuntivo, per effetto della mancata opposizione da parte della mutuataria, derivasse un impedimento ad emettere e portare ad esecuzione una cartella esattoriale formata in parte sul medesimo credito di cui al decreto ingiuntivo. La questione La questione affrontata dalla terza sezione civile della Cassazione coinvolge il tema della legittimità della duplicazione del titolo esecutivo: nel caso di specie, il Ministero dell'Interno vantava infatti, nei confronti della medesima debitrice, sia un decreto ingiuntivo, divenuto definitivo e ritualmente notificato (ancorché mai portato ad esecuzione), sia una cartella esattoriale iscritta a ruolo e ritualmente notificata alla parte debitrice, comprensiva, nel suo importo, anche di quello oggetto del decreto ingiuntivo. Le soluzioni giuridiche La Suprema Corte reputa il ricorso manifestamente infondato, stante l'omessa prospettazione specifica ed adeguatamente argomentata, da parte del Ministero ricorrente, di un interesse alla duplicazione dei titoli esecutivi. Nel dettaglio, il Ministero dell'Interno non avrebbe addotto alcuna specifica ragione per la richiesta duplicazione dei titoli esecutivi - decreto ingiuntivo e cartella esattoriale (per un importo comprendente quello del primo) -, risultando gli stessi sostanzialmente di pari efficacia e valenza esecutiva. A tal riguardo, secondo la Cassazione, sarebbe necessario prevenire l'ipotesi di duplicazioni nella fase esecutiva in pregiudizio della (pur) inadempiente parte debitrice, alla quale sarebbe altrimenti addossato l'onere della prova di avere già corrisposto la somma portata dal decreto ingiuntivo, qualora questo fosse messo in esecuzione, posto che lo stesso è suscettibile di dare luogo alla procedura esecutiva, al fine di ottenerne lo scomputo dalla somma di cui alla cartella esattoriale, con conseguente dispendio di attività processuale e senza il conseguimento di alcun evidente e concreto beneficio per il creditore pubblico. Il ricorso proposto avverso la sentenza della Corte d'Appello di Roma è stato, conseguentemente, rigettato. Osservazioni Il provvedimento che si commenta ruota attorno all'esistenza, nel nostro ordinamento, di un (presunto) divieto di duplicazione dei titoli esecutivi. A tal riguardo, è opportuno premettere sin d'ora che, nel nostro ordinamento, manca la codificazione espressa di un divieto assoluto di duplicazione di titoli esecutivi, per lo stesso credito e nei confronti dello stesso debitore. Anzi, la stessa giurisprudenza di legittimità ammette siffatta duplicazione, purché l'azione non si sia già consumata ossia non venga violato il principio del ne bis in idem (ciò da cui discende l'impedimento, per il creditore, di iniziare un secondo giudizio di accertamento dell'esistenza del medesimo credito già azionato in giudizio), sussista l'interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. (nella cui mancanza non è consentito al creditore di introdurre un giudizio dal quale non possa trarre alcun vantaggio giuridico concreto) e, infine, non vi sia abuso del diritto o del processo (in tal senso, Cass. civ., 28 agosto 2019, n. 21768; nella giurisprudenza di merito, tra le più recenti, App. Roma, 8 febbraio 2024, n. 901; Trib. Salerno, 12 settembre 2023, n. 3693; Trib. Rimini, 25 agosto 2020, n. 520; App. Ancona, 18 agosto 2020, n. 871). Ciò significa, allora, che munirsi di un secondo titolo esecutivo, per il medesimo debito, nei confronti dello stesso debitore, è ammesso al ricorso delle condizioni appena esposte: condizioni che, secondo la pronuncia in epigrafe, difetterebbero nel caso in esame, specie in punto di deduzione di un concreto interesse ex art. 100 c.p.c., in capo al Ministero dell'Interno, a munirsi di un secondo titolo esecutivo (la cartella esattoriale iscritta a ruolo e notificata alla parte debitrice) dopo aver ottenuto il primo (il decreto ingiuntivo, divenuto definitivo – e, quindi, esecutivo – ma sino a quel momento mai azionato). Con riguardo alla fattispecie decisa dalla Cassazione, appare peraltro possibile riscontrare la sussistenza delle altre condizioni esposte: nel caso di specie, infatti, non era stato violato il divieto di bis in idem (non essendosi svolto un secondo giudizio di cognizione sul medesimo credito oggetto del decreto ingiuntivo), e neppure risulta essere stato violato il divieto di abuso del processo: la decisione della Suprema Corte si fonda soltanto, come già evidenziato, sulla mancata dimostrazione di un interesse concreto, in capo al Ministero dell'Interno, a munirsi di un secondo titolo esecutivo, ulteriore rispetto al decreto ingiuntivo già ottenuto. Ciò chiarito, residua qualche perplessità nei confronti della decisione assunta, data dal fatto che la somma, di cui alla cartella esattoriale, iscritta a ruolo, era di ammontare superiore rispetto a quella portata dal decreto ingiuntivo: forse questo basterebbe per giustificare l'interesse dell'Amministrazione all'emissione della cartella esattoriale, poi azionata in sede esecutiva. Non a caso, il provvedimento si premura altresì di precisare che, a ben vedere, le criticità insite nell'ammettere, nel caso di specie, la duplicazione del titolo esecutivo, si risolvono nei maggiori oneri difensivi così imposti alla parte debitrice, la quale, nell'eventualità (del tutto virtuale, però) in cui il decreto ingiuntivo fosse messo in esecuzione, sarebbe onerata di dimostrare (nell'esecuzione avviata sulla base della cartella esattoriale) di avere già corrisposto la somma portata dal decreto ingiuntivo, al fine di ottenerne lo scomputo, con conseguente dispendio di attività processuale e senza che a ciò corrisponda un evidente e concreto beneficio per il creditore pubblico. Si tratta, tuttavia, di uno scenario che, nel caso di specie, non si è verificato, ed è soltanto pronosticato dalla Cassazione allo scopo di argomentare la decisione assunta: il decreto ingiuntivo, anzi, seppur divenuto definitivo prima dell'emissione della cartella esattoriale, e a differenza di quest'ultima, non è mai stato portato ad esecuzione, presumibilmente proprio per la convenienza, in capo all'Amministrazione, di intraprendere l'azione esecutiva sulla base della cartella iscritta a ruolo. D'altro canto, la disposta decurtazione, dalla cartella esattoriale, dell'importo portato dal decreto ingiuntivo, se utile a evitare la duplicazione del titolo esecutivo, finisce però per onerare l'Amministrazione dell'avvio di un secondo procedimento di esecuzione forzata, per recuperare le somme portate dal decreto ingiuntivo medesimo: una soluzione che appare contraria ai principi di economia processuale e ragionevole durata dei giudizi. Preferibile sarebbe stato, forse, evitare la decurtazione della cartella esattoriale – sì da consentire all'Amministrazione di ottenere l'attuazione coattiva dell'intera somma di cui risultava creditrice in un'unica procedura esecutiva -, per poi, eventualmente, impedire la prosecuzione della (seconda) procedura esecutiva che dovesse essere (a quel punto illegittimamente) avviata sulla base del decreto ingiuntivo. Tema contiguo a quello della duplicazione del titolo esecutivo è, poi, quello della duplicazione del precetto, una fattispecie recentemente conosciuta da Cass., 14 novembre 2022, n. 33443, la quale ha affermato che integra abusivo frazionamento del credito il contegno del creditore esecutante, il quale - dopo avere intimato al debitore esecutato, con un primo atto di precetto, il pagamento delle spese legali liquidate per il giudizio di appello conclusosi con la conferma della decisione adottata in prime cure - intimi, con successivo atto di precetto, il pagamento delle spese legali liquidate in primo grado, richiedendo pure ulteriori spese e competenze relative a tale secondo atto di precetto. Il tema si lega, anch'esso, a quello più generale dell'abuso del processo, il quale, come noto, conosce in materia esecutiva una particolare declinazione, risultando vietato il cumulo dei mezzi di espropriazione e, più in generale, l'abuso dell'azione esecutiva: da tali principi discende che il creditore è legittimato ad agire nei soli limiti di quanto necessario per ottenere la soddisfazione del proprio credito, e nulla di più. Si ricorda, a tal proposito, che in caso di abuso dei mezzi di espropriazione prescelti, l'art. 483 c.p.c. prevede che, su istanza del debitore, il giudice dell'esecuzione limiti l'espropriazione al mezzo prescelto dal creditore ovvero a quello che lui stesso determina. In seguito al provvedimento di limitazione dei mezzi espropriativi, gli altri processi esecutivi si chiudono e i beni in essi pignorati vengono liberati. Ancora, ai sensi dell'art. 496 c.p.c., la riduzione può essere disposta non solo riguardo ai plurimi procedimenti di espropriazione forzata avviati, bensì anche, all'interno dell'unica procedura esecutiva instaurata, in relazione al singolo pignoramento che abbia colpito più beni o più crediti del debitore, quando il valore dei beni pignorati appaia superiore al valore del credito e delle spese di procedura. Riferimenti Sulle specifiche questioni si rinvia, oltre alla giurisprudenza citata nel testo, a Capponi, Diritto dell'esecuzione civile, Torino, 2025; Carnelutti, Titolo esecutivo, in Riv. dir. proc. civ., 1931, I; Grasso, voce Titolo esecutivo, in Enc. Dir., Milano, 1992; Massari, voce Titolo esecutivo, in Noviss. Dig. it., XIX, Torino, 1973; Tedoldi, Esecuzione forzata, Pisa, 2023; Vaccarella, voce Titolo esecutivo, in Enc. giur., Roma, 1994. |