Procura alle liti: la traduzione in lingua italiana non integra requisito di validità
04 Luglio 2025
Le Sezioni Unite si sono pronunciate sulla questione, oggetto di contrasto, nonché ritenuta di massima di particolare importanza, rimessa dalla sezione seconda con ordinanza interlocutoria n. 7757/2024: ««[…], se la traduzione in lingua italiana della procura rilasciata all'estero e dell'attività certificativa, sia nelle ipotesi di legalizzazione, sia ai sensi della Convenzione dell'Aja del 5.10.1961, sia ai sensi della Convenzione di Bruxelles del 25.5.1987, integri un requisito di validità dell'atto. In caso di assenza di traduzione della procura o dell'attività certificativa va stabilito: i) se il giudice possa farne a meno, qualora conosca la lingua straniera in cui è stata redatta la procura; ii) se possa o debba assegnare un termine, ai sensi dell'art. 182 c.p.c., per la traduzione dell'atto e se tale potere - dovere possa esercitarsi anche nel giudizio di cassazione; iii) se possa o debba egli stesso disporre la traduzione tramite la nomina di un esperto». In merito, i giudici hanno affermato che: «in materia di atti prodromici al processo, quale, nella specie, la procura speciale alle liti, la traduzione in lingua italiana di quest'ultima e dell'attività certificativa, sia nelle ipotesi di legalizzazione, sia ai sensi della Convenzione di L'Aja del 5 ottobre 1961, sia ai sensi della Convenzione di Bruxelles del 25 maggio 1987, non integra un requisito di validità dell'atto, sicché la sua carenza non dà luogo ad alcuna nullità». Le Sezioni Unite hanno inoltre precisato che «ai sensi degli artt. 122 e 123 c.p.c.., la lingua italiana è obbligatoria per gli atti processuali in senso proprio e non anche per gli atti prodromici al processo (quali, in particolare, gli atti di conferimento di poteri a soggetti processuali: procura alle liti, nomina di rappresentanti processuali, autorizzazioni a stare in giudizio e correlative certificazioni), che, se redatti in lingua straniera, devono pertanto ritenersi prodotti validamente, avendo il giudice la facoltà, ma non l'obbligo, di procedere alla nomina di un traduttore, del quale può fare a meno allorché sia in grado di comprendere il significato degli stessi documenti o qualora non vi siano contestazioni sul loro contenuto o sulla loro traduzione giurata allegata dalla parte». |