Prova dell'accettazione tacita di eredità
04 Luglio 2025
È noto che chi vuole far valere un diritto deve dimostrare i fatti che ne costituiscono il fondamento: ciò è quanto prevede in modo chiaro ed inequivocabile l'art. 2697 c.c. Pertanto, ove la parte attrice voglia far valere in giudizio il proprio diritto nei confronti dell'erede dovrà fornire prova che egli abbia accettato l'eredità (vedi, di recente, proprio in materia successoria, Cass. civ., sez. II, 12 gennaio 2024, n.1330 e, per la giurisprudenza di merito, il recente Trib. Torino, 5 maggio 2025, n. 2181), o in modo espresso o in modo tacito (o presunto, in aderenza ad una corrente, soprattutto dottrinale, che intravede una tripartizione delle modalità di accettazione dell'eredità: espressa, tacita e presunta riferendosi, quest'ultima, alla fattispecie prevista dall'art. 527 c.c.). Mentre la prova dell'accettazione espressa è facilmente raggiungibile mediante la produzione documentale dell'atto di accettazione, ai sensi dell'art. 475 c.c., più difficile è la prova dell'accettazione tacita che, a mente dell'art. 476 c.c. presuppone, appunto, un atto che, a sua volta, presuppone necessariamente la volontà di accettare e, pertanto, deve essere sorretto anche dalla consapevolezza degli effetti dello stesso; in questo senso si esprime la giurisprudenza che accanto al presupposto oggettivo del compimento dell'attività richiede anche la consapevolezza che quella attività comporti accettazione tacita: “Si ha accettazione tacita dell'eredità quando il chiamato all'eredità compie un atto che presuppone necessariamente la volontà di accettare la stessa e che il chiamato non avrebbe il diritto di porre in essere se non nella qualità di erede” (ex multis, Trib. Cosenza, sez. I, 7 ottobre 2022, n.1698). Tale atto non può essere considerato la sola presentazione della dichiarazione di successione, come insegna costante giurisprudenza: “L'art. 476 c.c. disciplina l'accettazione tacita di eredità , che si configura quando il chiamato all'eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che egli non avrebbe il diritto di compiere, se non nella qualità di erede. A tal fine va però precisato che la mera circostanza di aver provveduto alla dichiarazione di successione o al pagamento delle relative imposte, oppure ancora alla richiesta di registrazione del testamento ed alla sua trascrizione non equivalgono ad accettazione tacita dell'eredità, trattandosi di adempimenti di prevalente contenuto fiscale.” (Corte d'appello di Milano, sez. II, 30/05/2023, n. 1756). Ciò anche in considerazione del fatto che obbligato alla presentazione della dichiarazione di successione è anche il semplice chiamato che non abbia ancora accettato, come prevede espressamente l'art. 28, comma 2, del T.U. n. 346/1990. Si ritiene, però, che la voltura catastale degli immobili, ove presenti nella massa ereditaria, possa integrare gli estremi di un atto comportante accettazione tacita: “Si ha accettazione tacita di eredità quando il comportamento del chiamato è inequivocabilmente dimostrativo della sua volontà di accettare: in particolare l'erede deve porre in essere atti che non abbiano solo natura fiscale (quale la denuncia di successione), ma che siano fiscali e civili insieme, come ad esempio la voltura catastale dell'immobile caduto in successione, che rileva non solo dal punto di vista tributario - per il pagamento dell'imposta -, ma anche dal punto di vista civile, per l'accertamento della proprietà immobiliare e dei relativi passaggi.” (Trib. Savona, 16 settembre 2023); nonché App. Cagliari, sez. I, 27 marzo 2024, n. 117, secondo la quale “Il chiamato all'eredità che procede alla voltura catastale dei beni immobili facenti parte del compendio compie un atto di accettazione tacita, rilevante non solo in relazione al pagamento dell'imposta, ma anche dal punto di vista civilistico: infatti, a differenza della mera denuncia di successione - che ha valore solo fiscale - la voltura catastale ha rilievo quale atto idoneo ad integrare un'accettazione tacita dell'eredità.” Il problema è, oggi, ancor più delicato con l'introduzione della presentazione telematica della dichiarazione di successione. Infatti, in passato, la presentazione era cartacea; si procedeva, in un primo momento, alla presentazione della dichiarazione di successione presso l'Agenzia delle Entrate e, successivamente, si procedeva alla voltura catastale degli immobili, ove presenti, con apposita modulistica di richiesta al competente ufficio del Catasto. In tal caso l'attività era direttamente riferibile, sia dal punto di visto oggettivo che soggettivo, ad uno di quegli atti rientranti nella previsione dell'art. 476 c.c., tale da comportare accettazione tacita dell'eredità. Oggi, la presentazione telematica della dichiarazione di successione comporta, salvo che non si indichi espressamente di non voler procedere a voltura contestuale, la voltura automatica degli immobili caduti in successione senza che il dichiarate debba presentare apposita e separata richiesta. Di conseguenza, la produzione della presentazione della dichiarazione di successione con voltura automatica degli immobili, pur nella inconsapevolezza del dichiarante, potrà ben comportare la prova dell'accettazione tacita di eredità. Pertanto, come abbiamo visto, ove il chiamato, obbligato anch'egli alla presentazione della dichiarazione di successione, non sappia ancora se accettare o no l'eredità, dovrà avere cura di escludere la voltura automatica in sede di presentazione della dichiarazione di successione telematica nel caso in cui siano presenti beni immobili. |