Il condominio non è litisconsorte necessario nell’opposizione del condomino all’azione esecutiva intrapresa dal creditore del condominio

03 Giugno 2025

Con l'ordinanza in commento, la terza sezione civile della Corte di Cassazione continua la sua opera di precisazione, sul versante processuale, relativamente ai legittimi contendenti nel giudizio di opposizione, proposto dal condomino, all'azione intrapresa nei suoi confronti dal creditore del condominio ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c., affermando che, rispetto a tale azione esecutiva del creditore - di cui è indiscutibile la titolarità immediata e diretta (e non già derivata dall'altrui inerzia) in capo al medesimo creditore - e rispetto alla controversia oppositiva del condomino, non si può prospettare alcuna legittimazione a resistere (o, comunque, una necessaria partecipazione alla lite) del condominio, il quale risulta estraneo a questioni che involgono unicamente il rapporto tra il creditore intimante ed il singolo condomino intimato.

Massima

Nell'opposizione all'esecuzione proposta dal singolo condomino, a fronte dell'azione esecutiva intrapresa ex art. 63, comma 2, disp. att. c.c. dal creditore del condominio in forza di titolo giudiziale, non ricorre alcuna ipotesi di litisconsorzio necessario con l'ente condominiale, in quanto l'oggetto del giudizio è limitato all'accertamento della corretta determinazione della misura nei cui limiti il condomino intimato è tenuto a rispondere in sede esecutiva della condanna irrogata al condominio, in ragione del criterio di parziarietà che sorregge l'imputazione ai singoli partecipanti delle obbligazioni assunte nell'interesse dell'intero condominio.

Il caso

Il giudizio - giunto all'esame del Supremo Collegio - originava da un decreto ingiuntivo, recante condanna di un Condominio al pagamento del corrispettivo di lavori edili oggetto di contratto di appalto: in particolare, la Società appaltatrice aveva intimato a Tizio, condomino del predetto Condominio, precetto di pagamento della complessiva somma di € 51.910,58.

L'intimato aveva proposto opposizione all'esecuzione ex art. 615, comma 1, c.p.c., contestando l'entità della somma dovuta, siccome non corrispondente alla propria quota millesimale.

All'esito del giudizio di primo grado, il Tribunale, in parziale accoglimento dell'opposizione, aveva limitato l'efficacia del precetto all'importo di € 22.778,53.

Sul gravame interposto dall'originario opponente, la Corte d'Appello aveva accertato la situazione debitoria dell'appellante in misura pari ad € 15.099,94 e, per tale importo, aveva dichiarato il diritto dell'intimante a procedere alla minacciata azione esecutiva.

Avverso quest'ultima decisione, proponeva ricorso per cassazione il suddetto condomino.

La questione

Si trattava di verificare se, nella specie, fosse sussistente il vizio di nullità della sentenza impugnata per violazione del contraddittorio, con riferimento agli artt. 101 e 102 c.p.c., all'art. 2909 c.c. e all'art. 63 disp. att. c.c., atteso che il ricorrente aveva rimproverato al giudice distrettuale di non aver ritenuto necessaria la partecipazione alla lite del Condominio - e, quindi, di non aver disposto la rimessione avanti il primo giudice, stante la pretermissione dell'ente collettivo nella controversia di prime cure - in conseguenza della qualificazione dell'azione del terzo creditore nei riguardi del condomino moroso come “azione surrogatoria”.

Le soluzioni giuridiche

Innanzitutto, relativamente al quantum azionato in via esecutiva, l'impugnante aveva sostenuto che la Corte territoriale, laddove aveva precisato che l'entità del credito era diversa da quella dedotta ed eccepita dall'appellante - odierno ricorrente - rideterminandone la misura motu proprio, ovvero laddove aveva quantificato autonomamente l'entità del debito nell'importo di € 15.099,94, sì da ricorrere ad “un altro titolo esecutivo rispetto a quello azionato dal creditore procedente”, aveva violato il principio del contraddittorio.

I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto infondata tale doglianza.

Invero, in continuità con i precedenti arresti, i giudici di legittimità hanno affermato che, in ipotesi di opposizione all'esecuzione, promossa da un creditore in danno di un singolo condomino sulla base di un titolo esecutivo ottenuto nei confronti dell'ente condominiale, è onere del condomino, intimato o esecutato, allegare e provare che la quota dell'obbligazione condominiale, gravante su di lui, sia diversa da quella indicata dal creditore intimante o procedente (Cass. civ., sez. III, 6 dicembre 2023, n. 34220; Cass. civ., sez. III, 29 settembre 2017, n. 22856).

Orbene, in un'opposizione esecutiva di tal fatta, l'accertamento concreto dell'effettivo quantum del debito condominiale imputabile al condomino opponente - da compiersi tenendo conto dei versamenti da questi già compiuti riferibili alla specifica obbligazione - concreta, per fermo convincimento di nomofilachia, “un apprezzamento di fatto, tipicamente riservato al giudice di merito” (v., altresì, oltre a Cass. n. 34220/2023 cit., Cass. civ., sez. III, 17 febbraio 2023, n. 5043).

Nella specie - ad avviso degli ermellini - siffatta valutazione risultava correttamente effettuata dalla Corte d'Appello, sulla base del prudente apprezzamento degli elementi istruttori ritualmente acquisiti al processo - o di cui non veniva contestata la rituale acquisizione, sicché per cui non poteva ravvisarsi alcuna inosservanza del principio del contraddittorio - e, in particolare, con l'attribuzione di decisività al “decreto ingiuntivo del 10 aprile 2013, n. 1650, per l'importo di € 15.099,94, oltre interessi, che, tenendo conto dell'intervenuta estinzione parziale del debito del condomino verso il Condominio, ha definito su istanza di quest'ultimo, ovviamente in ragione dei millesimi di partecipazione dell'ingiunto alla proprietà comune, la misura del credito condominiale residuo azionabile nei confronti del predetto condomino dalla Società”.

Stando così le cose, l'apprezzamento così operato era sostenuto da adeguata motivazione, logica e coerente, siccome fondata su prova documentale idoneamente dimostrativa della porzione del debito ascrivibile al condomino opponente; a fronte di ciò, del tutto generica si rivelava la doglianza del ricorrente, che si limitava “alla astratta postulazione della debenza di una diversa somma, di cui non si chiarisce adeguatamente nemmeno la scaturigine ed i criteri di determinazione o le ragioni di insensibilità al provvedimento giurisdizionale al riguardo espressamente richiamato in sentenza, in buona sostanza risolvendosi nella richiesta di riesame delle emergenze istruttorie, attività del tutto estranea, per natura e per funzione, al giudizio di legittimità”.

Osservazioni

Interessa maggiormente queste brevi note l'interessante puntualizzazione offerta sul versante processuale dalla Suprema Corte, la quale ha confermato la gravata sentenza, sia pure correggendone, a mente dell'art. 384, ultimo comma, c.p.c., la motivazione della sentenza impugnata, conforme a diritto nella parte dispositiva.

Invero, per negare la sussistenza di un litisconsorzio necessario con l'ente condominiale, il giudice distrettuale aveva così argomentato: “il soggetto che ha stipulato un contratto con il Condominio e, ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c., in forza di esso pretende dal condomino moroso il soddisfacimento del proprio credito pecuniario - diversamente dall'attore in surrogatoria, il quale fa valere in nome proprio un diritto altrui - agisce in via diretta (cioè non sostitutiva) nell'esercizio di un proprio diritto parziario nei confronti del proprio debitore”.

Orbene, tale affermazione è, in realtà, riferita all'azione esperita dal terzo creditore tesa allacostituzione di un titolo esecutivo nei confronti del condomino moroso, ossia alla domanda di tutela svolta nelle forme del giudizio di cognizione, poiché soltanto in tale àmbito si pone la questione della qualificazione dell'azione del terzo creditore come diretta oppure come surrogatoria - volta cioè a supplire all'inerzia dell'amministrazione condominiale nella riscossione delle quote dal condomino moroso - con le derivanti ricadute (oggetto della doglianza del ricorrente) in punto di legittimazione passiva.

Tuttavia - secondo l'autorevole parere dei magistrati del Palazzaccio - l'odierna controversia concerne altra e diversa fattispecie: nel caso in esame, infatti, l'azione minacciata dal creditore con il precetto (e contrastata con l'opposizione) è una tipica azione esecutiva, diretta in danno del singolo condomino in virtù di un decreto di ingiunzione al pagamento di somme emesso nei confronti dell'ente condominiale: e tanto, ben legittimamente, in forza del consolidato orientamento di nomofilachia secondo cui il provvedimento giudiziale recante condanna del condominio per un credito vantato da chi abbia contratto con l'amministratore rappresenta titolo esecutivo nei confronti di tutti i condomini, pur se non parti del giudizio e neppure individuati nominativamente nel provvedimento (Cass. n. 34220/2023 cit.; cui adde Cass. civ., sez. III, 27 giugno 2022, n. 20590; Cass. civ., sez. III, 29 settembre 2017, n. 22856).

Orbene, l'opposizione ex art. 615 c.p.c., di cui si tratta, ha ad oggetto - in base al thema decidendum definito dai motivi sollevati - la corretta determinazione della misura nei cui limiti il condomino intimato è tenuto a rispondere in sede esecutiva della condanna irrogata al Condominio, in ragione del criterio di parziarietà che sorregge l'imputazione ai singoli partecipanti delle obbligazioni assunte nell'interesse del condominio (sul punto, basti il richiamo alla fondamentale Cass. civ., sez. un., 8 aprile 2008, n. 9148, ed alla conforme giurisprudenza successiva; v., per tutte, Cass. civ., sez. II, 9 giugno 2017, n. 14539, secondo cui, in riferimento alle obbligazioni assunte dall'amministratore, o comunque, nell'interesse del Condominio, nei confronti di terzi - in difetto di un'espressa previsione normativa che stabilisca il principio della solidarietà, trattandosi di un'obbligazione avente ad oggetto una somma di denaro, e perciò divisibile, vincolando l'amministratore i singoli condomini nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote, in conformità con il difetto di struttura unitaria del condominio - la responsabilità dei condomini è retta dal criterio della parziarietà, per cui le obbligazioni assunte nell'interesse del Condominio si imputano ai singoli suoi componenti soltanto in proporzione delle rispettive quote, secondo criteri simili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 c.c. per le obbligazioni ereditarie).

Secondo il giudice di ultima istanza, risulta allora evidente che, rispetto a siffatta azione esecutiva - di cui è indiscutibile la titolarità immediata e diretta (e non già derivata dall'altrui inerzia) in capo al creditore - e rispetto alla controversia oppositiva sia del tutto “eccentrico ed inconferente” individuare alcuna ipotesi di litisconsorzio necessario con il Condominio.

In argomento, e segnatamente riguardo alla precedente fase del giudizio di opposizione avverso il provvedimento monitorio, va segnalato un contrasto all'interno della II Sezione civile della Corte di Cassazione.

In particolare, va registrato il recente arresto (Cass. civ., sez. II, 15 marzo 2024, n. 7053) in cui si afferma che il singolo condomino non è legittimato a proporre opposizione al decreto ingiuntivo emesso nei confronti del Condominio, in quanto, in tale giudizio, oggetto della domanda è un credito vantato dall'ingiungente nei riguardi dell'ingiunto, per cui, dal punto di vista soggettivo, le parti del processo possono essere esclusivamente colui che ha proposto la domanda e colui contro il quale essa è diretta, regola che non trova eccezione con riguardo al Condominio.

In precedenza, gli stessi giudici di legittimità (Cass. civ., sez. VI/II, 22 febbraio 2022, n. 5811) avevano chiarito che al condomino, al quale sia intimato il pagamento di una somma di danaro in base ad un decreto ingiuntivo non opposto ottenuto nei confronti del Condominio, va riconosciuta la disponibilità dei rimedi dell'opposizione a precetto e dell'opposizione tardiva al decreto ingiuntivo, potendosi far valere, rispettivamente, mediante opposizione, le ragioni di nullità del decreto, ossia i vizi in cui sia incorso il giudice nel procedere o nel giudicare, e, con opposizione a precetto, le ragioni che si traducono nella stessa mancanza del titolo esecutivo o in altri vizi del procedimento esecutivo.

Riferimenti

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Nasini, Recupero del credito in condominio, in Arch. loc. e cond., 2017, 635;

Parini, La natura delle obbligazioni condominiali nella riforma del condominio e gli strumenti posti a tutela delle ragioni del creditore, in Nuova giur. civ. comm., 2014, II, 115;

Laghi, Per una ricostruzione innovativa del sistema di riparto delle obbligazioni condominiali verso i terzi: la distinzione tra “debito” (schuld) e “responsabilità” (haftung) quale criterio di equilibrio tra tutela del creditore e protezione del condomino-debitore, in Riv. giur. sarda, 2012, II, 123;

Del Torre, Gli strumenti a disposizione del creditore del condominio per determinare la quota a carico del singolo condomino: un vero problema?, in Arch. loc. e cond., 2012, 22;

Tosatti - Cusmai, Il fallimento del condomino: recupero del credito e gestione della fase concorsuale, in Ventiquattrore avvocato, 2012, fasc. 9, 33;

Scarpa, Obbligazioni assunte verso terzi, a chi può rivolgersi il creditore, in Immob. & diritto, 2005, fasc. 5, 59;

Capponi, Terzo creditore del condominio e recupero del credito, in Arch. loc. e cond., 1997, 201.

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