Ristretto il perimetro dell'esenzione IMU per gli enti ecclesiastici che svolgono attività didattiche
04 Giugno 2025
Massima Dal combinato disposto dell'art. 7 comma 1 lettera i) d.lgs. n.504/1992 in tema di I.C.I. e dell'art.9 comma 8 d.lgs. n. 23/2011 in tema di I.M.U., si ricava che la normativa di favore riguarda, da un punto di vista soggettivo, anche gli enti ecclesiastici e, da un punto di vista oggettivo, anche le attività didattiche svolte con modalità non commerciali. Più specificatamente, ai sensi dell'art. 7, comma 1, lett. i) d.lgs. 504/1992, richiamato ai fini IMU dall'art. 9, comma 8, d.lgs. 23/2011, sono esenti dall'imposta: «gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all'art. 73, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all'art. 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985 n. 222». L'art. 4, comma 3, lett. c) del DM-MEF 200/2012 chiarisce che, per trattarsi di modalità di gestione non commerciale, è necessario che l'attività sia svolta “…a titolo gratuito ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell'assenza di relazione con lo stesso”. Il caso Un ente ecclesiastico (di seguito anche “Parrocchia”) si opponeva ad alcuni avvisi di accertamento IMU scaturenti dal disconoscimento dell’esenzione su un immobile di proprietà in cui veniva svolta attività didattica. Il recupero fiscale, operato dal Comune, scaturiva dalla qualificazione della gestione di tale attività con modalità commerciali. Nel proporre ricorso, la Parrocchia faceva presente che, nell’ambito delle sue attività pastorali, aveva costituito una scuola dell’infanzia paritaria (materna) in un immobile di sua proprietà e che, per lo svolgimento dell’attività didattica, aveva sottoscritto convenzioni biennali con il Comune in forza delle quali quest’ultimo le erogava un finanziamento per potere ridurre l’onerosità della retta a carico delle famiglie. La questione Richiamava, quindi, la normativa sulla esenzione a favore degli immobili di proprietà di enti non commerciali destinati all’esercizio di attività didattica gestita con modalità non commerciali, ritenendo che sussistessero tutti i presupposti per l’applicazione dei benefici di legge stante il carattere irrisorio dei corrispettivi, riscontrabile sia dalla tabella delle rette versate dalle famiglie che dal risultato di bilancio, tanto che oltre il 50% dei costi risultava coperto da finanziamenti e non dalle rette e, pertanto, al di fuori di qualunque logica di mercato e di profitto. I giudici di primo grado accoglievano il ricorso avvalorando la circostanza che il valore delle rette mensili fosse irrisoria e, comunque, di gran lunga inferiore ai costi di gestione dell’attività didattica: la scuola chiudeva ogni esercizio annuale costantemente in passivo che veniva ad essere ripianato sia da donazioni (genitori, fedeli, benefattori, sostenitori) che dallo stesso Comune il quale, in via convenzionale, erogava contributi per assicurare la corretta gestione della scuola. I giudici di prime cure confortavano l’approdo ermeneutico prescelto richiamando le linee-guida dettate dal MIUR ai fini della compilazione della dichiarazione IMU per gli immobili destinati all’attività didattica, fondate sul criterio del Costo Medio per Studente, secondo cui laddove il CM (Corrispettivo Medio percepito dall’ente non commerciale) risulti inferiore o uguale al CMS (Costo Medio per Studente), l’attività didattica sarebbe automaticamente da considerarsi svolta con modalità non commerciale, con la conseguente esenzione dell’ente dall’IMU. La soluzione giuridica In materia, la Corte di Cassazione ha fornito di recente (n. 31298 del 06.12.2024) importanti chiarimenti affermando che il corrispettivo irrisorio «è quello che rende la prestazione più prossima alla gratuità», non essendo in tal senso sufficiente che sia solo inferiore alle media dei prezzi praticati sul mercato; inoltre, la natura simbolica del corrispettivo deve essere valutata “complessivamente”, anche in considerazione dei finanziamenti ricevuti dall’istituto (pubblici o privati). Ciò in quanto, secondo la S.C., se la somma retta + finanziamenti consente di raggiungere il pareggio di bilancio, l’attività può ritenersi svolta con metodo economico. I giudici d’appello, nel ribaltare l’esito della controversia, hanno preliminarmente osservato come li citato criterio del “Costo Medio per Studente” non abbia natura vincolante, dovendosi, pertanto, escludere che dall’esito dell’applicazione di quel parametro possa automaticamente correlarsi l’esenzione IMU, ben potendo il Comune comunque procedere ad una valutazione in concreto. Osservazioni Nel caso di specie, secondo i giudici, il fatto che il “bilancio” annuale chiudesse sempre in perdita non significa ancora che l’attività era non commerciale. In sostanza, ai fini della valutazione della modalità di gestione occorre tenere conto non solo delle rette poste a carico delle famiglie che fruiscono del servizio ma anche, più in generale, del complesso delle entrate acquisite dall’ente e destinate alla gestione dell’attività. Nel caso di specie, hanno concluso gli interpreti, considerando la complessità delle entrate acquisite dalla Parrocchia per la gestione dell’attività didattica (incluso i contributi corrisposti dal Comune), si raggiungeva con certezza il pareggio di bilancio, circostanza che confortava la tesi della qualificazione della modalità di gestione dell’attività come commerciale, con esclusione del regime di esenzione. |