Società di fatto: la prova della sussistenza può essere dedotta anche da indici presuntivi. La “mera apparenza” non è sufficiente

30 Maggio 2025

Il tema in esame consiste nell'individuazione degli elementi idonei a sostenere la prova della “effettiva sussistenza” di una “società di fatto”.

Massima

In materia tributaria i criteri per l'identificazione della “società di fatto” sono diversi da quelli che  rilevano nei rapporti civilistici. In questi ultimi l'obiettivo è tutelare  l'affidamento incolpevole dei terzi; nei rapporti di diritto tributario, invece, l'esigenza è di verificare  l'esistenza dei presupposti per applicare norme impositive: è quindi necessario accertare l'effettiva esistenza degli elementi costituivi del vincolo sociale non essendo sufficiente  la sua mera “apparenza”.

La prova della sussistenza di una “società di fatto” – che non può essere desunta dalla semplice esteriorizzazione del vincolo nei confronti dei soggetti terzi - può  essere dedotta anche dall'esistenza di “indici presuntivi” quali  (ad esempio) l'intenzione di esercitare in comune un'attività commerciale, anche occasionale, a scopo di lucro e dal conferimento, a tal fine, dei necessari beni e servizi.

Il caso 

La Commissione tributaria regionale della Sardegna, con sentenza n. 333/25, respingeva l'appello dei contribuenti i quali avevano impugnato la sentenza del primo Giudice, a loro sfavorevole, avverso un avviso di  accertamento dell'Agenzia delle Entrate - in materia di Irap, Iva ed imposte dirette per l'anno 2008 – con cui era stata accertata l'esistenza, tra gli stessi, di una “società di fatto”.

I contribuenti ricorrevano in cassazione.

L'Agenzia si costituiva e resisteva.

La Corte di cassazione, con la sentenza qui in commento, ha dichiarato “inammissibile” il ricorso ritenendo (tra l'altro) “…l'insindacabilità  della valutazione di fatto operata dal Giudice a quo nel valutare i dati fattuali…” e che la “… sentenza impugnata integra i principi … in materia di accertamento della sussistenza della società di fatto, non limitandosi… a considerare manifestazioni comportamentali concludenti, in quanto rivelatrici di una struttura sovraindividuale; ma estendendo la valutazione puntualmente ad elementi interni al rapporto tra le parti (conferimento di beni in denaro per l'acquisto dell'area edificabile, scopo di dividerne gli utili, assunzione dei rischio d'impresa), oggettivamente sintomatici del fondo comune e dell'affectio societatis…”.

La questione

Secondo la Corte, “…seppure non possa esse desunta dalla mera esteriorizzazione del vincolo nei confronti dei terzi, può essere però dedotta anche dall'esistenza di indici presuntivi…”.

Pertanto, con riguardo alle Imposte sui redditi - ai fini dell'individuazione del soggetto effettivo titolare del reddito prodotto da una specifica attività economica - l'esistenza di una “società di fatto”, caratterizzata dal comune esercizio tra soci di un'attività - anche occasionale - a scopo di lucro e dal conferimento a tal fine dei necessari beni e servizi, “…può essere desunta da condotte rivelatrici di una struttura sovraindividuale indiscutibilmente consociativa, assunte non per una loro autonoma valenza, ma quali elementi apparenti e rivelatori, sulla base di una prova logica, dei fattori essenziali di un rapporto di società nella gestione dell'azienda …”.

La soluzione giuridica

Nella sentenza in commento è stato ritenuto che la fattispecie sottoposta presentasse gli elementi per affermate la sussistenza di una “società di fatto”: condotte concludenti, rapporti interni tra le parti, rispettivi conferimenti di risorse e l'assunzione del rischio.

Tali “elementi di esteriorizzazione” del “vincolo sociale” – secondo la Corte - vanno distinti dalla c.d. “società apparente”: l'“apparenza”, infatti, rappresenta una forma di “esteriorizzazione del vincolo sociale” la cui natura è “non meramente apparente” ma “effettiva” come è stata accertata in sede di merito.

Secondo il Giudice di vertice, “… in materia tributaria, i criteri di identificazione della società di fatto sono diversi da quelli che assumono rilevanza nei rapporti contrattuali di diritto privato, giacchè in questi ultimi  l'esigenza è quella di tutelare l'affidamento senza colpa dei terzi basato sul comportamento dei soci, perciò, si assumono il rischio relativo; mentre nei rapporti di diritto tributario l'esigenza è quella di  verificare l'esistenza dei presupposti per applicare norme impositive, sicchè è necessario accertare l'effettiva esistenza degli elementi costituitivi del vincolo sociale, non essendo sufficiente la mera apparenza di tale vincolo, sia pure accompagnata dal ragionevole convincimento della sua esistenza …”.

Osservazioni

La Corte di legittimità, sulla base delle  considerazioni che precedono, ha ritenuto che “….l'accertamento, ai fini fiscali, dell'esistenza di una società di fatto richiede l'effettiva esistenza degli elementi costitutivi del vincolo societario (l'intenzionale esercizio in comune fra i soci di un'attività commerciale, anche occasionale, a scopo di lucro ed il conferimento a tal fine dei necessari  beni e servizi), che l'amministrazione finanziaria può provare anche in via presuntiva, rilevando l'apparenza del vincolo sociale nei confronti dei terzi non quale autonomo titolo della responsabilità fiscale dei soci (nascendo l'obbligazione  tributaria ex lege solo al concreto verificarsi del presupposto dell'imposizione), ma come uno dei possibili indici rivelatori della reale esistenza della società …”.

Ai fini delle Imposte sui redditi - in linea generale - la “società di fatto” è concretamente equiparata  alla “società di persone”: il reddito accertato in capo alla stessa viene imputato “per  trasparenza” ai soci, i quali saranno destinatari di autonomi avvisi di accertamento per il recupero dell'imposta. 

La giurisprudenza di legittimità ha ritenuto  che  “In materia tributaria, perché un'attività imprenditoriale possa qualificarsi come “societaria” sono necessari - oltre al requisito dell'apparenza del vincolo societario nei confronti di terzi, quale indice rivelatore della reale esistenza della società - anche gli elementi richiesti dall'art. 2247 c.c. per la sussistenza di una società di fatto e cioè l'intenzionale esercizio in comune fra i soci di un'attività commerciale, anche occasionale, a scopo di lucro ed il conferimento a tal fine dei necessari beni e servizi (Cassazione civile, sez. trib., 13/11/2008, n. 27088).

Ha, inoltre, affermato che “l'esistenza di una “società di fatto”, nel rapporto fra i soci, postula la dimostrazione, eventualmente anche con prove orali o presunzioni (salva restando la forma scritta per i conferimenti immobiliari), del patto sociale e dei suoi elementi costitutivi (fondo comune, esercizio in comune di attività economica, ripartizione dei guadagni e delle perdite, vincolo di collaborazione in vista di detta attività) e, pertanto, non può essere desunta dalla mera esternazione della società, che è rilevante solo nel rapporto con i terzi, a tutela del loro affidamento, né da atti di per sè insufficienti ad evidenziare tutti i suddetti elementi costitutivi, come nel caso in cui i comproprietari di un'area si limitino a decidere di costruire su di essa un fabbricato, per goderne i frutti…”. (Cassazione civile, sez. I, 18/03/1988, n. 2500).

È stato anche chiarito che “i criteri di identificazione della società di fatto in materia tributaria sono diversi da quelli che assumono rilevanza nei rapporti contrattuali di diritto privato, giacché in questi ultimi l'esigenza è quella di tutelare l'affidamento senza colpa dei terzi basato sul comportamento dei soci che, perciò, si assumono il rischio relativo, mentre nei rapporti di diritto tributario l'esigenza è quella di verificare l'esistenza dei presupposti per applicare norme impositive, sicché è necessario accertare l'effettiva esistenza degli elementi costitutivi del vincolo sociale, non essendo sufficiente la mera apparenza di tale vincolo. Pertanto, l'esistenza di un'attività imprenditoriale societaria richiede, ai fini fiscali, sia il requisito dell'apparenza del vincolo sociale nei confronti dei terzi, sia l'effettiva esistenza degli elementi costitutivi di tale vincolo, che l'amministrazione può provare anche in via presuntiva.

Tali principi trovano applicazione anche in “società di fatto” tra professionisti: l'uso degli stessi locali e i conti bancari cointestati provano l'esistenza di una società di fatto tra professionisti.

Lo svolgimento di un'attività imprenditoriale consociativa, quindi, può essere desunta dall'Amministrazione finanziaria anche attraverso il ricorso a indici presuntivi.

L'indagine – secondo la Corte - va, condotta con riferimento agli elementi richiesti dall' art. 2247 c.c. per la sussistenza di un'attività societaria di fatto, consistente nell'intenzionale esercizio in comune fra i soci di un'attività commerciale, anche occasionale, a scopo di lucro e conferimento, ai tal fine, dei necessari beni e servizi. (Cassazione civile, Ordinanza  n. 24881 del 15 settembre 2021).

Con riguardo all'“individuazione del soggetto effettivo titolare del reddito prodotto da una specifica attività economica, l'esistenza di una “società di fatto” può ben essere desunta da manifestazioni comportamentali rivelatrici di una struttura sovraindividuale indiscutibilmente consociativa, assunte non per una loro autonoma valenza, ma quali elementi apparenti e rivelatori, sulla base di una prova logica, dei fattori essenziali di un rapporto di società nella gestione dell'azienda, in quanto ciò che viene in considerazione non sono gli elementi essenziali del contratto di società (costituzione di un fondo comune ed affectio societatis), rilevanti esclusivamente nei rapporti interni, ma l'esteriorizzazione del vincolo sociale, rilevante nei rapporti esterni” (Cassazione civile, sez. VI, 13/04/2017, n. 9604 – di tenore conforme: Cassazione civile, sez. trib., 20/01/2006, n.1127).

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