Responsabilità del condominio per danni da fuoriuscita di liquami
29 Maggio 2025
Massima Sussiste la responsabilità in capo al condominio per i danni arrecati all'immobile di proprietà di alcuni condomini - causati da fenomeni di allagamento dovuti allo sversamento di liquami derivanti dalla colonna montante in proprietà condominiale - se viene accertato, in seguito all'istruttoria e, in particolare, alle indagini peritali svolte dal consulente tecnico del giudice che il condominio non ha eseguito la necessaria manutenzione dei luoghi, determinando in tal modo il deterioramento delle strutture, quali i pilastri e le travi dell'intero edificio, poste all'interno dell'immobile di proprietà degli attori, nonché per aver impedito l'utilizzo dell'immobile agli stessi tenendo una condotta omissiva e colposa causativa dei danni accertati. Il caso Tre condomini convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Catania il proprio Condominio, rappresentando di essere comproprietari di un locale, ubicato al piano cantinato dell'edificio e destinato a vano deposito. Già nel 2011 e 2013 avevano lamentato, invano, lo stato di deterioramento per vetustà e probabile umidità di alcuni pilastri dell'intero edificio condominiale, ubicati all'interno del suddetto immobile. Il Condominio non aveva dato alcun riscontro alle loro doglianze e non aveva provveduto a eliminare le cause del pericolo. Successivamente, nel 2016 si era verificato all'interno dell'immobile un primo sversamento di liquami, dovuto al riempimento oltre misura della fossa settica condominiale, che aveva causato l'ulteriore deterioramento dei pilastri e determinato l'impossibilità di utilizzo del locale stesso. In seguito, nel 2017 si era verificato un secondo episodio di sversamento di liquami che aveva provocato un peggioramento dello stato dei pilastri già ammalorati. Dopo l'ennesimo sollecito da parte degli attori, il Condominio era intervenuto a mezzo dei tecnici sulla colonna di scarico dalla quale si erano originate le fuoriuscite di liquami, tagliando la colonna di scarico ed inserendo una nuova tubazione (a vista e non sottotraccia). Questo intervento aveva causato l'impossibilità per gli attori di accedere all'immobile stesso. Pertanto, essi hanno adito l'autorità giudiziaria al fine di ottenere la condanna del Condominio all'esecuzione degli interventi di ripristino della colonna condominiale di scarico sottotraccia, nonché la condanna al risarcimento del danno emergente, riguardante i costi sostenuti dagli attori per il ripristino e consolidamento dei pilastri e delle travi, e il risarcimento del lucro cessante da determinarsi secondo il valore locativo dell'immobile. Infine, hanno chiesto la condanna del Condominio al pagamento della somma di oltre tremila euro per ogni mese di ritardo nell'esecuzione dei lavori da effettuare. Si è costituito in giudizio il Condominio, il quale, preliminarmente, ha eccepito l'improcedibilità del giudizio per l'irrituale espletamento del tentativo obbligatorio della mediazione, contestando nel merito le domande attoree e chiedendo l'autorizzazione a chiamare in giudizio la Compagnia assicurativa per essere manlevato nell'ipotesi di condanna. Autorizzata la chiamata in garanzia, si è costituita in giudizio l'assicurazione, la quale ha rilevato, preliminarmente, la prescrizione del diritto risarcitorio vantato dagli attori e ha dedotto nel merito l'inoperatività della garanzia assicurativa. Accertato, a seguito di espletata CTU, che la proprietà di alcuni beni, sui quali intervenire per porre rimedio al danno, è comune anche ad altro condominio (facente parte di un supercondominio), è stata disposta l'integrazione del contraddittorio nei confronti di questo che, costituitosi in giudizio, ha chiesto il rigetto delle avverse domande. La questione Si trattava di stabilire se il Condominio potesse ritenersi responsabile per i danni causati alla proprietà di alcuni condomini e derivanti dallo sversamento di liquami originati dalla colonna condominiale di scarico. Le soluzioni giuridiche Il Tribunale di Catania, ritenendo fondata la domanda attorea, accoglie il ricorso e condanna il Condominio ad eseguire le opere ritenute necessarie. Condanna altresì il Condominio ad eseguire le opere specificate nella relazione integrativa redatta dal CTU e fissa la somma di euro 80,00 dovuta da ciascuno dei convenuti condomini per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione delle opere indicate, a decorrere dalla pubblicazione della sentenza. Infine, condanna il convenuto al risarcimento complessivo, a favore degli attori, di oltre duecentomila euro a titolo di mancato godimento del bene; condanna il Condominio e la Società di assicurazione, in solido tra di loro, al pagamento in favore di parte attrice delle spese processuali, ponendo definitivamente a loro carico, sempre in solido tra loro, anche le spese di CTU. Dichiara, altresì, tenuta e condanna l'assicurazione dello stabile a manlevare il Condominio delle somme dallo stesso dovute in favore della parte attrice anche a titolo di spese processuali e di CTU e la condanna inoltre al pagamento, in favore del Condominio, delle spese processuali. Osservazioni Ritenuta, in primis, infondata l'eccezione formulata dal convenuto Condominio relativa all'improcedibilità del giudizio intrapreso dagli attori, per irrituale esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria, così come l'eccezione di prescrizione formulata dall'assicurazione, il giudice siciliano ha accertato, all'esito dell'istruttoria e in particolare delle indagini condotte dal CTU, che i danni all'immobile in comproprietà degli attori sono stati causati da fenomeni di allagamento dovuti allo sversamento dei liquami derivanti dalla colonna montante, di proprietà condominiale. Quale concausa, i danni sono altresì derivati dalle caditoie presenti, ritenute insufficienti in quanto di esigua larghezza e non adatte a sostenere le piogge. Non sono emersi, al contempo, né un concorso di colpa dei danneggiati - che non hanno in alcun modo contribuito al danno iniziale - né conseguenze dannose che il danneggiato avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza. Il giudice specifica che il dovere del danneggiato è inteso come sforzo di evitare il danno attraverso un'agevole attività personale ovvero tramite un sacrificio economico relativamente lieve o mediante l'erogazione delle spese ordinarie di conservazione del patrimonio. L'uso dell'ordinaria diligenza non può quindi implicare il dovere di eseguire opere di ripristino sulla cosa danneggiata, tanto più che queste sono in realtà inutili se non si provvede all'eliminazione delle cause permanenti che determinano il pregiudizio. Anche se il CTU all'esito della propria relazione peritale aveva affermato che gli attori avrebbero potuto accedere alla porzione nord del loro immobile con un veicolo di medie dimensioni, conducibile con la patente B, per il Tribunale lo stato dei luoghi non avrebbe comunque consentito l'utilizzo nemmeno parziale dell'immobile da parte dei danneggiati, in quanto la presenza di liquami e del generale stato di degrado dell'intero locale costituiva senz'altro, all'esito dell'accesso limitato, un pericolo per eventuali crolli di calcinacci e un rischio per la salute, tenuto conto delle pessime condizioni igienico sanitarie. Richiamandosi alla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale va riconosciuto il risarcimento del danno da mancato utilizzo dell'immobile danneggiato da infiltrazioni, sulla scorta del fatto che in simili casi verrebbe meno la naturale funzione del bene e, conseguentemente, il godimento anche mediato dell'immobile, il giudice siciliano ritiene sussistente la responsabilità in capo ai due condomini convenuti per non aver eseguito la necessaria manutenzione dei luoghi, determinando in tal modo il deterioramento delle strutture, quali i pilastri e le travi dell'intero edificio, poste all'interno dell'immobile in proprietà degli attori, nonché per aver impedito l'utilizzo dell'immobile agli stessi tenendo una condotta omissiva e colposa causativa dei danni accertati in sede di CTU. La domanda proposta da parte attrice si inquadra nell'ambito di operatività dell'art. 2051 c.c. La responsabilità prevista dall'art. 2051 c.c. per i danni cagionati da cose in custodia presuppone la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa. Detta norma non dispensa il danneggiato dall'onere di provare il nesso causale tra cosa in custodia e danno, ossia di dimostrare che l'evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa, mentre resta a carico del custode offrire la prova contraria alla presunzione iuris tantum della sua responsabilità, mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità (Cass. civ., sez. III, 1° aprile 2010, n. 8005). Infatti, il Condominio, in quanto custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché tali beni e servizi non rechino danni ad alcuno e risponde pertanto, in base all'art. 2051 c.c., dei danni dalle dette cose arrecati, anche se tali danni siano etimologicamente imputabili altresì al concorso del fatto di un terzo. La disposizione codicistica, nell'affermare la responsabilità del custode della cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione che prescinde da qualunque connotato di colpa, essendo sufficiente l'accertamento del rapporto causale tra la cosa e l'evento dannoso e dell'assenza del caso fortuito, quale unico elemento idoneo ad elidere tale rapporto causale (Cass. civ., sez. VI/II, 12 marzo 2020, n. 7044; Cass. civ., sez. II, 26 settembre 2022, n. 27989; Cass. civ., sez. II, 12 luglio 2011, n. 15291; Trib. Roma 25 luglio 2023, n. 11725). Spetta, dunque, al danneggiato l'onere di provare l'esistenza di un danno e del nesso di causalità intercorrente tra l'evento dannoso e la res in custodia, mentre sul custode grava la prova liberatoria del caso fortuito, da intendersi quale interruzione del nesso di causalità determinato da elementi esterni o dal fatto estraneo alla sfera di custodia o comunque dal fatto del terzo. Il caso fortuito è un fattore che attiene non già ad un comportamento del responsabile, bensì al profilo causale dell'evento, riconducibile non alla cosa che ne è fonte immediata, ma ad un elemento esterno. Tanto premesso, nel caso sottoposto al vaglio del Tribunale, facendo applicazione degli orientamenti giurisprudenziali richiamati e ai quali si intende aderire, le risultanze istruttorie consentono di ritenere provato ed accertato che le fuoriuscite di liquami abbiano cagionato un danno ai tre attori. I danni subiti da parte attrice sono causalmente imputabili a tutti i convenuti per effetto di diversi titoli di responsabilità. Nondimeno, la conseguenza della corresponsabilità in solido, ex art. 2055 c.c., comporta che la domanda di parte attrice vada intesa sempre come volta a conseguire per l'intero il risarcimento da ciascuno dei coobbligati, in ragione del comune contributo causale alla determinazione del danno (Cass. civ., sez. VI, 12 marzo 2020, n. 7044). Riferimenti Bordolli, Rottura dello scarico fognario condominiale e danni a terzi: le responsabilità, in Immob. & proprietà, 2024, fasc. 10, 552; Bordolli, Allagamenti in condominio: la responsabilità dell'evento dannoso, in Immob. & proprietà, 2023, fasc. 8-9, 491. |