Differenza tra legittimazione ad agire e titolarità della situazione giuridica

La Redazione
22 Maggio 2025

L’attore citava in giudizio la convenuta, che rivestiva l’incarico di organizzatrice delle manifestazioni estive presso un Comune, asserendo di aver ricevuto da lei l’incarico di organizzare una mostra di accessori di lusso; nonostante avessero convenuto un compenso per l’allestimento e nonostante i numerosi solleciti dell’attore, dal Comune e dalla convenuta non era pervenuto alcun riscontro per l’allestimento pattuito della mostra. La convenuta si era costituita in giudizio eccependo, in via preliminare e principale, il difetto di legittimazione passiva dal momento che la stessa, in veste di rappresentante dell'Ente era stata incaricata, per suo conto, di gestire l'organizzazione delle manifestazioni durante il periodo estivo, non avendo la stessa assunto alcuna obbligazione in proprio e in favore dell'attore.

Il giudice ha respinto la domanda attorea, in ragione del difetto di titolarità dal lato passivo del rapporto obbligatorio dedotto in giudizio. La legitimatio ad causam, attiva e passiva, consiste nella titolarità del potere e del dovere di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, mediante la indicazione, da parte dell'attore, di fatti in astratto idonei a fondare il diritto azionato, prescindendo dall'effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa, con conseguente dovere del giudice di verificarne l'esistenza in ogni stato e grado del procedimento. Invece, la titolarità della situazione giuridica sostanziale, attiva e passiva, si configura come un elemento costitutivo della domanda che attiene al merito della lite e rientra nel potere dispositivo e nell'onere deduttivo e probatorio della parte interessata (cfr. Cass. civ., sez. un., 16 febbraio 2016, n. 2951, Cass. civ., sez. III, 27 giugno 2018, n. 16904, Cass. civ., sez. VI, 7 settembre 2021, n. 24070).  Mentre dunque la legittimazione ad agire e a contraddire si colloca sul piano delle condizioni dell'azione, attenendo alla valida costituzione del rapporto giuridico processuale (al pari dell'interesse e dei c.d. presupposti processuali), la titolarità della situazione giuridica soggettiva attiva e passiva investe il rapporto giuridico sostanziale e impinge il merito della controversia.

Nel caso di specie, dunque, doveva ritenersi sussistente la legittimazione passiva della convenuta in quanto parte attrice ha enucleato la causa petendi appuntando la situazione giuridica soggettiva passiva in capo a quest'ultima, la quale dunque aveva appunto piena legittimazione a contraddire. Quel che invece difettava in capo alla convenuta - e che ha fatto sì che il giudice rigettasse la lite nel merito - era la titolarità del debito pecuniario, non essendosi realizzata - sul piano del diritto sostanziale - alcuna fattispecie costitutiva del rapporto obbligatorio tra le parti giudiziali. La convenuta, infatti, ha sempre agito in rappresentanza dell'Ente comunale e mai in proprio.

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