L’art. 127-ter c.p.c. è applicabile, se compatibile, anche ai giudizi di protezione internazionale

Cesare Taraschi
20 Maggio 2025

La trattazione scritta ex art. 127-ter c.p.c. è compatibile con i giudizi di protezione internazionale? E, se sì, cosa comporta il deposito di tali note?

Massima

In tema di mancato riconoscimento della protezione internazionale o speciale, l'art. 127-ter c.p.c. è applicabile solo ove compatibile con il procedimento di cui all'art. 35-bis, d.lgs. n. 25/2008 ed agli artt. 737 e ss. c.p.c., sicché qualora, ritenutane la compatibilità, sia stata disposta la sostituzione dell'udienza di comparizione con il deposito di note scritte, il mancato deposito di tali note comporta che il giudice debba concedere ulteriore termine per il medesimo incombente (o fissare udienza) ex art. 127-ter, comma 4, c.p.c., e solo nel caso in cui anche il nuovo termine, a tal fine assegnato, sia decorso senza che nessuna parte abbia provveduto al deposito delle note, il giudice - non potendo disporre la cancellazione della causa dal ruolo e dichiarare l'estinzione del processo, posto che l'esito estintivo non è compatibile con il procedimento camerale dettato per il riconoscimento della protezione internazionale – è tenuto a decidere nel merito, restando esclusa la possibilità di una pronuncia di improcedibilità per disinteresse alla definizione o di non luogo a provvedere, ovvero di rinvio della trattazione, salvo che, in tale ultimo caso, non vi sia una irregolarità della notificazione.

Il caso

Tizio, cittadino nigeriano, proponeva ricorso per Cassazione nei confronti del Ministero dell'Interno avverso il decreto con cui il Tribunale di Roma aveva rigettato il ricorso per il riconoscimento della protezione internazionale tanto nella forma dello status di rifugiato che in quella della protezione sussidiaria.

Con il ricorso veniva sollevata una questione di carattere esclusivamente processuale, in quanto, con tre motivi, si denunciava l'illegittimità del decreto impugnato con cui il Tribunale aveva rigettato la domanda osservando, in via preliminare, che parte ricorrente non aveva provveduto a depositare note scritte ex art. 127-ter c.p.c., e che in tal caso, stante la regolarità della notifica del ricorso e del decreto, doveva decidersi nel merito, non essendo applicabile l'art. 181, comma 1, c.p.c. e restando esclusa la possibilità di una pronuncia di improcedibilità per “disinteresse” alla definizione o di rinvio della trattazione o di non luogo a provvedere, in conformità all'orientamento di legittimità già espresso, tra l'altro, da Cass. civ., sez. VI, 10 gennaio 2023, n. 437.

In particolare, il giudice capitolino - ritenendo che, al fine del decidere, non fosse necessaria l'audizione del ricorrente – aveva disposto la sostituzione della prima udienza con le note ex art. 127-ter c.p.c., avvisando le parti, con il decreto emesso ai sensi di tale norma, che, in caso di mancato deposito delle note nel termine indicato, sarebbe stato assegnato un nuovo termine perentorio per il deposito delle note scritte ovvero sarebbe stata fissata udienza. Il difensore del ricorrente erroneamente aveva depositato la propria nota in un diverso procedimento, sicché, scaduto il termine assegnato, il Tribunale di Roma, con l'impugnato decreto, aveva rigettato nel merito il ricorso.

Con il primo motivo di ricorso per Cassazione, Tizio lamentava la violazione e mancata applicazione degli artt. 1811, comma 1 e 309 c.p.c., nonché la violazione e falsa applicazione dell'art. 127-ter c.p.c., per non avere il giudice a quo, una volta appurato il mancato deposito delle note scritte, assegnato un nuovo termine per il deposito delle note o fissato udienza, come previsto dal comma 4 di tale ultima norma in tema di trattazione scritta e come, peraltro, indicato nello stesso decreto con cui la prima udienza era stata sostituita con le note scritte. Solo in caso di ulteriore mancato deposito delle note nel termine all'uopo rinnovato o di mancata comparizione delle parti all'udienza eventualmente fissata, il giudice avrebbe potuto decidere la causa nel merito in applicazione del consolidato orientamento giurisprudenziale che non consente, nel procedimento in esame, di disporre la cancellazione della causa dal ruolo e dichiarare estinto il giudizio nel caso di mancata comparizione personale del ricorrente all'udienza camerale per la discussione del ricorso. 

La questione

L'interessante pronuncia in commento si sofferma su due questioni processuali, connesse tra loro, ossia:

  1. l'applicabilità dell'art. 127-ter c.p.c. alle controversie che hanno ad oggetto l'impugnazione dei provvedimenti previsti dall'art. 35, comma 1, d.lgs. n. 25/2008 in materia di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria o della protezione speciale, la cui disciplina processuale è connotata da una “doppia specialità”, nel senso che - come recita l'art. 35-bis, co. 1, d.lgs. n. 25/2008 - dette controversie «sono regolate dalle disposizioni di cui agli artt. 737 e segg. del codice di procedura civile» (che costituisce rito “speciale” disciplinato nel Libro IV del c.p.c.) «ove non diversamente disposto dal presente articolo», che costituisce, dunque, ulteriore normazione speciale;
  2. in caso di scrutinio positivo della prima questione, se l'orientamento consolidato di legittimità - per il quale, in caso di mancata comparizione del ricorrente all'udienza camerale, il giudice “deve” decidere nel merito poiché non può operare la disciplina di cui all'art. 181 c.p.c. (ex multis, Cass. civ., sez. VI, 10 gennaio 2023, n. 437; Cass. civ., sez. I, 28 febbraio 2019, n. 6061) - possa trovare applicazione laddove il giudice stesso abbia sostituito l'udienza con il deposito di note scritte ex art. 127-ter c.p.c.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte ha dapprima rammentato che il rito applicabile alle controversie che hanno ad oggetto la domanda di protezione internazionale ha subìto nel tempo reiterate modifiche processuali.

Infatti, inizialmente, ai sensi dell'art. 35 ,d.lgs. n. 25/2008 (attuativo della Direttiva 2005/85/CE c.d. «Procedure»), il procedimento era regolato in primo grado dal rito camerale, con possibilità di reclamo dinanzi alla Corte d'Appello.

Successivamente, con l'entrata in vigore – dal 6 ottobre 2011 - dell'art. 19, d.lgs. n. 150/2011, è stato introdotto il rito sommario di cognizione ex art. 702-bis e ss. c.p.c., con doppio grado di merito.  

E' poi sopraggiunta – a far data dal 19 aprile 2017 - la l. n. 46/2017 (di conversione del d.l. n. 13/2017), con cui è stato nuovamente prescritto, mediante l'introduzione dell'art. 35-bis, d.lgs. n. 25/2008, il rito camerale ex art. 737 e ss. c.p.c., con eliminazione, tuttavia, del grado d'appello: quest'ultima è la disciplina applicabile ratione temporis al caso di specie, che non ricade nell'ambito applicativo del più recente d.l. n. 145/2024.

Tanto premesso, in ordine alla prima questione della compatibilità dell'art. 127-ter c.p.c. con le predette controversie, considerata la natura generale di tale disposizione (contenuta, infatti, nella Sezione II, «Delle udienze», del Titolo IV, Capo I, Libro I del codice di rito, che racchiude le «Disposizioni Generali» sul processo), non emergono ostacoli alla sua applicazione anche alle udienze camerali ex art. 737 c.p.c., né ragioni per ritenere che l'opzione del rito c.d. cartolare sia a priori incompatibile con la specificità del procedimento di cui all'art. 35-bis, d.lgs. n. 25/2008.

Tuttavia, deve tenersi conto che uno dei profili maggiormente caratterizzanti la specialità delle controversie in materia di protezione internazionale è costituito dalla valorizzazione dell'aspetto dell'effettività dell' “incontro” tra il giudice e la parte che chiede tutela, tant'è vero che la relativa disciplina normativa regola in modo molto specifico le modalità di assunzione delle dichiarazioni del richiedente in sede amministrativa dinanzi alla commissione territoriale ex art. 12, d.lgs. n. 58/1998, per poi declinare in modo conseguente la disciplina dell'udienza di comparizione delle parti in sede giurisdizionale.

In particolare, le disposizioni del predetto d.lgs. (art. 14) prevedono specifiche modalità di documentazione del colloquio personale del richiedente in sede amministrativa, ovvero quelle della videoregistrazione e della trascrizione, che devono essere conservate e messe a disposizione dell'autorità giudiziaria in sede di ricorso giurisdizionale avverso la decisione della Commissione territoriale.

Quanto alla fase giurisdizionale, l'art. 35-bis, d.lgs. n. 25/2008 stabilisce che la Commissione territoriale, che ha adottato il provvedimento di diniego, mette a disposizione del giudice il verbale di trascrizione della videoregistrazione e che, quando il colloquio non può essere videoregistrato per motivi tecnici o quando sia lo stesso interessato a richiedere motivatamente di non avvalersi di detto supporto, dell'audizione è redatto verbale sottoscritto dal richiedente.

Le norme predette, quindi, evidenziano l'esigenza, propria di questo tipo di procedimenti, di raccogliere e documentare il racconto della vicenda umana e personale del richiedente asilo o protezione sussidiaria o speciale, nel modo più diretto, compiuto e genuino possibile e soddisfano tale esigenza con la previsione per cui la documentazione del colloquio in sede amministrativa debba avvenire tramite lo strumento della videoregistrazione, in quanto questa coglie tutti gli aspetti espressivi ed emotivi della narrazione, che verrebbero perduti ove la stessa venisse solo trascritta (cfr. Cass. civ., sez. I, 5 luglio 2018, n. 17717, e Cass. civ., sez. VI, 31 gennaio 2019, n. 2817, entrambe richiamate da Cass. civ., sez. I, 23 ottobre 2019, n. 27073, le quali hanno ritenuto la videoregistrazione elemento centrale del procedimento, per consentire al giudice di valutare il colloquio con il richiedente in tutti i suoi risvolti, inclusi quelli non verbali).

Pertanto, la giurisprudenza ha sostenuto che, nei giudizi in materia di protezione internazionale, il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale, ha l'obbligo di fissare l'udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l'audizione del richiedente, a meno che:

  1. nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella fase amministrativa, circostanziati e rilevanti);
  2. il giudice ritenga necessaria l'acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente;
  3. il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile (Cass. civ., sez. I, 7 ottobre 2020, n. 21584).

Alla luce di tale principio, espresso in conformità alla normativa eurounitaria per come interpretata dalla Corte di Giustizia, si può osservare, in relazione alla sostituibilità dell'udienza ex art. 35-bis, commi 10 e 11, d.lgs. n. 25/2008, con la c.d. trattazione cartolare, che l'udienza - quale luogo della realizzazione del contraddittorio in termini di incontro “fisico” tra il giudice e le parti, ove si esplicano e coniugano i principi processuali di effettività, oralità, immediatezza e concentrazione - non è certo equipollente alla trattazione scritta, ragion per cui, nella specifica materia in esame, la sostituzione dell'udienza con note scritte va valutata dal giudice caso per caso, e certamente esclusa ogni qual volta la fissazione dell'udienza sia funzionale all'audizione del ricorrente.

Per quanto attiene alla seconda questione processuale, la giurisprudenza di legittimità si è già pronunciata – sia pure in relazione al giudizio ordinario - in ordine alle conseguenze dell'omessa applicazione dell'art. 127-ter, comma 4, c.p.c.

In particolare, si è dapprima sostenuto (Cass. civ., sez. lav., 27 giugno 2024, n. 17717) che tale ultima disposizione estende gli effetti della mancata comparizione delle parti all'udienza, come previsti dal combinato disposto degli artt. 181 e 309 c.p.c., al caso in cui l'udienza sia stata sostituita dal deposito di note scritte, sicché la violazione della sequenza procedimentale prevista dal comma 4 cit. (qualora, ad es., il giudice, nonostante il mancato deposito delle note scritte, decida la causa nel merito, senza la previa adozione dei provvedimenti contemplati dal medesimo comma 4), comporta una nullità processuale lesiva del diritto essenziale al contraddittorio ed alla difesa giudiziale, che è sempre ipso iure foriera di danno, senza che sia necessario allegare un concreto pregiudizio da essa derivante (secondo quanto affermato, in termini generali, da Cass. civ., sez. un., 25 novembre 2021, n. 36596).

Analogamente, Cass. civ., sez. lav., 3 settembre 2024, n. 23565 - in una fattispecie in cui il giudice aveva ritenuto “omesso” il deposito delle note in quanto non contenenti espressamente «istanze e conclusioni» - ha sottolineato che, ai sensi dell'art. 127-ter, comma 4, c.p.c., se nessuna delle parti provvede al deposito delle note scritte, coerentemente con la fictio normativa rappresentata dalla trattazione c.d. cartolare, «va assegnato altro termine per analoghe note o fissata udienza, in analogia a quanto accade in caso di mancata comparizione delle parti ex artt. 181 e 309 c.p.c.,

tanto che, se nessuna delle parti provvede al deposito di note anche nel nuovo termine o non prenda parte all'udienza “reale” così fissata, va disposta la cancellazione della causa dal ruolo ed il processo si estingue».

Trasponendo tali principi nel procedimento camerale ex art. 737 c.p.c., deve rilevarsi, in primo luogo, che tale procedimento – diversamente dal processo ordinario di cognizione - è caratterizzato dall'impulso ufficioso, tant'è che non si applica l'art 181 c.p.c. previsto per il giudizio ordinario di cognizione caratterizzato dall'impulso di parte. Invero, è stata costantemente esclusa l'applicazione degli artt. 181 e 309 c.p.c. nel procedimento camerale e si è affermato che l'impulso officioso richiede la decisione nel merito, poiché «in difetto di comparizione della parte interessata alla prima udienza, il giudice, verificata la regolarità della notificazione del ricorso e del decreto, deve decidere nel merito, non essendo applicabile l'art. 181, comma 1, c.p.c. e restando esclusa la possibilità di una pronunzia di improcedibilità per “disinteresse” alla definizione o di rinvio della trattazione (salvo che, in tal caso, si sia verificata un'irregolarità nelle notificazioni) o di non luogo a provvedere» (ex multis, Cass. civ., sez. I, 28 febbraio 2019, n. 6061, Cass. civ., sez. III, 16 novembre 2020, n. 25967, Cass. civ., sez. II, 2 dicembre 2020, n. 27531, e, da ultimo, anche Cass. civ., sez. I, 11 dicembre 2024, n. 31849, tutte in fattispecie di procedimenti disciplinati dall'art. 35, d.lgs. n. 25/2008 e dall'art. 35-bis, introdotto dalla l. n. 46/2017).

Tale principio è stato disatteso solo allorquando, con l'entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2011, è stato introdotto per dette controversie (art. 19) il rito sommario di cognizione ex art. 702-bis ss. c.p.c., essendo stato affermato che la deroga agli artt. 181 e 309 c.p.c. è riferita alla natura officiosa del rito camerale, e non alla materia trattata (Cass. civ., sez. III, 26 gennaio 2021, n. 1709, in motivazione).

Ne consegue che, nella vigenza dell'art. 35-bis, d.lgs. n. 25/2008, che prevede il rito camerale ex art. 737 ss. c.p.c. in unico grado - disciplina applicabile, ratione temporis, al caso di specie – va data continuità al principio della inapplicabilità del combinato disposto degli artt. 181 e 309 c.p.c., nonché all'ulteriore principio, recentemente affermato da Cass. civ., sez. I, 11 dicembre 2024, n. 31849, secondo cui, nelle controversie conseguenti al mancato riconoscimento della protezione internazionale o speciale, ove il giudice, optando per la sostituzione della prima udienza con la trattazione scritta, abbia fissato il primo ed il secondo termine ex art. 127-ter, comma 4, c.p.c. per il deposito di note scritte e questi termini siano decorsi senza che alcuna parte abbia provveduto all'incombente, il giudice non potrà disporre la cancellazione della causa dal ruolo e dichiarare l'estinzione del processo, ma dovrà decidere nel merito, non essendo compatibile, come già detto, l'esito estintivo con il procedimento camerale dettato per il riconoscimento della protezione internazionale.

Alla luce di ciò, il primo motivo di gravame è fondato limitatamente alla censura relativa alla mancata concessione del secondo termine ex art. 127-ter, comma 4, c.p.c., in quanto il giudice di merito, come rilevato dal ricorrente, una volta optato per il rito a trattazione scritta, avrebbe dovuto concedere un nuovo termine per il deposito delle note scritte oppure fissare udienza. Non rileva, in senso contrario, il potere officioso del giudice di instradare il giudizio verso la decisione di merito, in quanto tale potere può essere esercitato solo rispettando appieno la sequenza procedimentale stabilita dalla norma relativa al modello processuale (a trattazione scritta) prescelto, la quale prevede in modo univoco, come conseguenza del mancato deposito delle prime note scritte, la necessaria concessione di un nuovo termine perentorio per note scritte, sicché risulta contra legem – oltre che la cancellazione della causa dal ruolo – anche la decisione nel merito laddove, come nel caso in esame, non abbiano avuto compimento le due scansioni procedimentali delineate dalla norma.

Per le medesime ragioni è fondato anche il terzo motivo, con cui si è denunciata la nullità del decreto e del procedimento per contraddittorietà e violazione di legge nell'applicazione dell'art. 181, comma 1, c.p.c. e dell'art. 127-ter c.p.c., nonché violazione degli artt. 3 e 24 Cost., per avere il Tribunale di Roma, dopo aver fissato la trattazione scritta e decretato che sarebbe stato assegnato un altro termine perentorio per il deposito delle note scritte ovvero una nuova udienza in caso di mancato deposito nel termine indicato, deciso, invece, nel merito, dopo aver rilevato il mancato deposito di note scritte.

Osservazioni

In ordine al contenuto dell'art. 127-ter c.p.c. (introdotto dal d.lgs. n. 149/2022), alle prime prassi applicative ed interpretative, nonché alle modifiche apportate a tale norma dal d.lgs. n. 164/2024 (cd. Correttivo alla riforma Cartabia), si rinvia ai contributi già pubblicati su questo Portale, richiamati nel paragrafo “Riferimenti”.

Dalla pronuncia in esame, senz'altro condivisibile, si ricava il seguente principio generale, ossia che, qualora il giudice decida, previa verifica positiva di compatibilità ai sensi dell'art. 127-ter, comma 1, c.p.c. o tenendo conto della specialità del rito utilizzato, di sostituire l'udienza con le note scritte, occorre rispettare integralmente il procedimento delineato da tale norma nel senso che, in caso di omesso deposito delle note entro il primo termine, il giudice è tenuto ad assegnare un nuovo termine perentorio per il deposito di note oppure a fissare udienza in presenza, come prescritto dall'art. 127-ter, comma 4, c.p.c.

Ne consegue che, nei procedimenti camerali come quello previsto dall'art. 35-bis, d.lgs. n. 25/2008, il tradizionale principio giurisprudenziale, confermato dalla pronuncia in commento - secondo cui il giudice non può, in caso di mancata comparizione del ricorrente all'udienza camerale, disporre la cancellazione della causa dal ruolo e dichiarare estinto il giudizio ex artt. 181 e 309 c.p.c., ma deve comunque decidere la causa nel merito, non essendo compatibile l'esito estintivo con il procedimento camerale dettato per il riconoscimento della protezione internazionale – può trovare applicazione solo qualora il giudice abbia assegnato sia il primo che il secondo termine di cui all'art. 127-ter, comma 4, c.p.c. (ovvero fissato udienza in luogo del secondo termine) e siano entrambi decorsi senza che le parti abbiano provveduto al deposito delle note. 

Nel caso di specie, invece, il Tribunale di Roma aveva erroneamente equiparato il mancato deposito delle note scritte entro il primo termine alla mancata comparizione delle parti all'udienza camerale ex art. 737 c.p.c. ed aveva deciso nel merito la causa, così violando la specifica procedura di trattazione prescelta, posto che il comma 4 cit. stabilisce che il giudice istruttore «se nessuna delle parti deposita le note nel termine assegnato, assegna un nuovo termine perentorio per il deposito delle note scritte o fissa udienza».

E la soluzione interpretativa del Tribunale capitolino, in contrasto con il chiaro tenore della norma predetta, nonché incidente sul diritto di difesa, per di più in materia di diritti fondamentali della persona, è stata giustamente disattesa dalla Suprema Corte.  

Riferimenti

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.