Multa per uso alla guida dello smartphone: che valore di prova ha il verbale della polizia?
19 Maggio 2025
Tizio, alla guida dell'auto, veniva fermato e multato dalla polizia municipale, la quale aveva redatto a verbale che l'uomo stesse guidando mentre usava il cellulare, in violazione dell'art. 173, commi 2 e 3-bis del codice della strada. Tizio si era opposto immediatamente alla multa e la sua opposizione era stata accolta dal giudice di pace. In appello, la decisione resa in prime cure era stata confermata dal Tribunale, secondo cui non farebbe fede fino a querela di falso la dichiarazione degli accertatori, riprodotta nel verbale, di avere visto il conducente che, durante la guida, usava lo smartphone tenendolo con la mano all'orecchio: dunque, aveva ritenuto non provata la violazione dopo avere liberamente apprezzato le risultanze istruttorie. L'organo di PA legittimato aveva proposto ricorso, affidato ad un unico motivo: violazione degli artt. 2697, 2700 c.c., 115, comma 1, 116 c.p.c., in quanto la sentenza - discostandosi dalle regole in tema di onere della prova, efficacia privilegiata dell'atto pubblico, divieto di libera valutazione delle prove in presenza di una diversa previsione legale e, infine, dal principio di non contestazione (dato che l'opponente non aveva specificamente contestato i fatti che integrano la violazione) – avrebbe errato nel rigettare l'appello in difetto di prova della condotta illecita. La Cassazione ha accolto il motivo, statuendo che nel procedimento di opposizione a verbale di accertamento (o ad ordinanza-ingiunzione) in materia di violazioni del codice della strada (ma il principio ha, comunque, valenza generale), sono ammesse la contestazione e la prova unicamente delle circostanze di fatto, inerenti alla violazione in concreto contestata, che non siano attestate nel verbale di accertamento come avvenute alla presenza del pubblico ufficiale o rispetto alle quali l'atto non è suscettibile di fede privilegiata per una sua irrisolvibile contraddittorietà oggettiva, mentre sono riservati al giudizio di querela di falso, nel quale non sussistono limiti di prova e che è diretto anche a verificare la correttezza dell'operato del pubblico ufficiale, la proposizione e l'esame di ogni questione involgente la confutazione delle attestazioni riguardanti la descrizione dei fatti che siano stati accertati direttamente e contestualmente dai pubblici ufficiali, e, quindi, la possibile alterazione nel verbale della realtà degli accadimenti e dell'effettivo svolgersi dei fatti, pur quando si deducano errori od omissioni di natura percettiva da parte degli stessi agenti verbalizzanti. Difatti, il verbale di accertamento dell'infrazione fa piena prova, fino a querela di falso, con riguardo ai fatti attestati dal pubblico ufficiale rogante come avvenuti in sua presenza e conosciuti senza alcun margine di apprezzamento o da lui compiuti, nonché alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni delle parti, mentre la fede privilegiata non si estende agli apprezzamenti ed alle valutazioni del verbalizzante né ai fatti di cui i pubblici ufficiali hanno avuto notizia da altre persone, ovvero ai fatti della cui verità si siano convinti in virtù di presunzioni o di personali considerazioni logiche. Nella fattispecie concreta in esame, quindi, l'allegazione e la prospettazione di un diverso svolgersi dei fatti rispetto a quello riportato nel verbale, nonché una differente ricostruzione della condotta concretante la contestata violazione avrebbero dovuto necessariamente essere veicolate attraverso la proposizione di una querela di falso. |