Locazioni turistiche: quando occorre la SCIA e quando una CIA

16 Maggio 2025

La mera offerta in locazione turistica, al di fuori dall'esercizio di un'attività imprenditoriale, non richiede una segnalazione certificata di inizio attività, ma una mera comunicazione di inizio attività, a fini di monitoraggio, a cui non corrispondono poteri conformativi o inibitori della pubblica amministrazione.

Lo ha affermato la quinta Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2928, pubblicata il 7 aprile 2025.

L'offerta di alloggio per finalità turistica è irricevibile

Nel caso di specie, un Comune ha dichiarato irricevibile la comunicazione di offerta di alloggio per finalità turistica di Tizia, diffidando quest'ultima dall'esercizio di tale attività per mancanza dei requisiti.

Tizia ha impugnato il provvedimento davanti al TAR per la Lombardia unitamente al regolamento comunale avente ad oggetto la disciplina delle locazioni turistiche. Il TAR ha accolto parzialmente il ricorso annullando il provvedimento impugnato e alcuni articoli del regolamento comunale.

Tizia ha proposto appello lamentando, inter alia, l'assimilazione da parte del TAR dell'attività di locazione ai sensi della l. n. 431/1998 a quella delle c.d. case vacanze.

Il quadro normativo in materia di locazioni turistiche

Il Consiglio di Stato ha premesso che «all'esito della legge costituzionale n. 3/2001, la materia del turismo non rientra più nella disciplina concorrente dello Stato e delle Regioni, ma è da annoverarsi nella competenza residuale delle Regioni (così Corte cost. n. 214 del 2006)». Tutto ciò non impedisce allo Stato di intervenire nelle materie di competenza esclusiva di tipo trasversale che possono interferire con il settore del turismo; ebbene, tra tali materie trasversali deve essere ricompreso l'ordinamento civile di cui all'art. 117, comma 2, lett. l), a cui è riconducibile la libertà contrattuale comprensiva della libertà del proprietario di un immobile di stipulare contratti di locazione.

La legge della Regione Lombardia 1° ottobre 2015, n. 27, ha ad oggetto le politiche regionali in materia di turismo e, come osservato dal Collegio, attribuisce alcuni compiti ai Comuni, tra cui quello di vigilanza e controllo sulle strutture ricettive, quali case e appartamenti per vacanze, e sull'attività di organizzazione e intermediazione di viaggi in forma professionale e non professionale.

In estrema sintesi nella disciplina regionale sono ben distinte le locazioni turistiche gestite in forma imprenditoriale (i.e. le c.d. strutture ricettive come, per esempio, alberghi o hotel; alberghi diffusi; case e appartamenti per vacanze; bed & breakfast etc.), da un lato, e le locazioni turistiche gestite in forma non imprenditoriale, dall'altro. Per queste ultime locazioni, che costituiscono un atto dispositivo degli immobili riconducibile alla libertà contrattuale dei proprietari, non è prevista la soggezione ai poteri prescrittivi e inibitori della pubblica amministrazione di cui all'art. 19 della l. n. 241/1990.

Più precisamente, le locazioni turistiche gestite in forma imprenditoriale sono soggette alla presentazione della SCIA da presentare al Comune competente per territorio corredate dalla documentazione comprovante la sussistenza dei requisiti richiesti in base alla normativa vigente (cfrart. 38 della l.r. n. 27/2015 come modificata dalla l.r. 6 dicembre 2024, n. 20); per le locazioni turistiche gestite in forma non imprenditoriale, invece, è prevista la semplice comunicazione di inizio attività (CIA) al Comune nel cui territorio si svolge l'attività.

In ultimo il Collegio ha evidenziato che il limite tra l'attività imprenditoriale e non imprenditoriale si ricava dall'art. 26, comma 2, della legge regionale citata, che consente la gestione non imprenditoriale sino a tre unità immobiliari. Ai sensi di tale disposizione, infatti «le case e gli appartamenti per vacanze possono essere gestiti:

a) in forma imprenditoriale;

b) in forma non imprenditoriale, da coloro che hanno la disponibilità fino a un massimo di tre unità abitative e svolgono l'attività in maniera non continuativa, osservando a tal fine un periodo di interruzione dell'attività non inferiore a novanta giorni all'anno, anche non continuativi. Ogni periodo di interruzione dell'attività deve essere inserito dal gestore all'interno del sistema informativo regionale utilizzato per la comunicazione dei flussi turistici».

Ulteriori differenze derivano anche dalla disciplina nazionale che all'art. 13-ter rubricato “Disciplina delle locazioni per finalità turistiche, delle locazioni brevi, delle attività turistico-ricettive e del codice identificativo nazionale”, del d.l. 18 ottobre 2023, n. 145, conv. in legge n. 191/2023, sottopone le sole unità immobiliari gestite in forma imprenditoriale a determinati requisiti di sicurezza degli impianti, come prescritti dalla normativa statale e regionale vigente.

Il Consiglio di Stato ha quindi parzialmente accolto il ricorso e annullato il provvedimento con cui il Comune aveva dichiarato irricevibile la comunicazione di offerta di alloggio per finalità turistica.

(fonte: dirittoegiustizia.it)

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