Questioni processuali in tema di trattenimento dello straniero espulso o richiedente protezione internazionale

Ferdinando Brizzi
15 Maggio 2025

Una recente sentenza della I sezione penale della Corte di cassazione ha enunciato un nuovo principio di diritto.

La Corte di cassazione, nell'annullare la decisione della Corte di appello di Roma, in composizione monocratica, del 19/04/2025, su ricorso promosso da Ministero dell'interno e Questura di Roma, ha enunciato il seguente principio di diritto: «l'art. 3, comma 2, l. n. 14/2024, come modificato dal d.l. n. 37/2025, non impedisce l'applicazione dell'art. 6, comma 3, d.lgs. n. 142/2015 nel caso in cui il cittadino extracomunitario (ospitato presso il CPR di Gjader in forza di provvedimento convalidato ai sensi dell'art. 14 d.lgs. n. 286/98), presenti domanda di protezione internazionale; conseguentemente, è legittimo il trattenimento del cittadino straniero presso detta struttura anche dopo la presentazione della domanda poiché detto centro va equiparato, a tutti gli effetti, ai centri previsti dall'articolo 14, comma 1, d.lgs. n. 286/98».

I Supremi Giudici hanno rammentato che la nuova disciplina del processo di cassazione sulla convalida del trattenimento dello straniero espulso o richiedente protezione internazionale, introdotta dal d.l. n. 145/2024, conv. con l. n. 187/2024, è stata dichiarata costituzionalmente illegittima – con la recente sentenza n. 39/2025 della Corte costituzionale – nella parte in cui essa dispone che in detto giudizio trovi applicazione la norma, dettata per il processo di legittimità in materia di mandato d'arresto europeo consensuale, secondo cui la Corte di cassazione giudica in camera di consiglio sui motivi di ricorso e sulle richieste del procuratore generale senza intervento delle parti. Secondo la Consulta, la nuova disciplina, nella parte in cui estende al giudizio di legittimità sulla convalida del trattenimento un modello processuale – quale è, appunto, la procedura in materia di mandato d'arresto europeo consensuale – è strutturalmente inidonea ad assicurare alle parti un momento di confronto dialettico scritto o orale e sconfina nella manifesta irragionevolezza. L'inadeguatezza del rito delineato dalla novella deriva dalla eterogeneità, oggettiva e funzionale, tra il giudizio in materia di mandato d'arresto europeo consensuale, per il quale la procedura in questione è stata concepita, e il giudizio concernente la convalida del trattenimento dello straniero, al quale la stessa procedura è stata estesa. Infatti, ha sottolineato il Giudice delle leggi, la particolare speditezza e semplificazione del procedimento in materia di mandato d'arresto europeo consensuale si giustifica, oltre che in ragione della garanzia dell'habeas corpus e della necessità di concludere la procedura di consegna entro i termini imposti dalla decisione quadro 2002/584/GAI, anche perché, per effetto del consenso prestato dall'interessato, l'oggetto del controllo giudiziale è più limitato. Per converso, il giudizio di legittimità sulla convalida del trattenimento è caratterizzato dalla contrapposizione delle parti e può estendersi alla verifica di profili che eccedono la regolarità dell'adozione della misura restrittiva in sé considerata. La Corte costituzionale ha, quindi, individuato nella disciplina procedurale sul mandato d'arresto europeo ordinario dettata dall'art. 22, commi 3 e 4, l. n. 69/2005 il modello normativo utile alla ricostruzione del frammento precettivo rimosso. In linea con la sua consolidata giurisprudenza, secondo la quale la soluzione normativa utile a porre rimedio alla violazione riscontrata deve essere in relazione di prossimità con la fattispecie in scrutinio – e, quindi, in linea con la logica in essa perseguita dal legislatore –, la Consulta ha ritenuto che il procedimento di legittimità in materia di mandato d'arresto ordinario costituisca il referente normativo più vicino alla disciplina dichiarata parzialmente illegittima. Esso, infatti, condivide con il rito relativo al mandato d'arresto europeo consensuale, assunto a paradigma dalla disposizione censurata, la funzione e l'oggetto, pur distinguendosene per la maggiore ampiezza della cognizione riconosciuta al giudice di legittimità oltre che per un più articolato iter includente l'udienza camerale. La procedura di cui all'art. 22, commi 3 e 4, l. n. 69/2005, quindi, non solo costituisce un modulo processuale agile, semplificato e capace di assicurare la definizione del giudizio di legittimità entro un lasso temporale assai contenuto, ma, offrendo alle parti la possibilità di essere sentite, mantiene integro il nucleo essenziale delle garanzie giurisdizionali alle stesse riconosciute.

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