Valore ed effetti della sentenza dichiarativa di filiazione naturale
14 Maggio 2025
Do.Cr. e Do.An. convenivano in giudizio Ma.Gi. affinché fosse dichiarato padre naturale di Do.An. e condannato al risarcimento del danno in favore del figlio, nonché a rimborsare alla madre una parte delle spese sostenute per il relativo mantenimento. Il Tribunale accertava la paternità del convenuto, ma respingeva le altre domande. Entrambi gli attori proponevano appello, ma la Corte territoriale, valutati gli elementi probatori, concludeva asserendo che non vi fosse prova sufficiente del fatto che Ma.Gi. avesse consapevolezza di poter essere il padre del giovane, ritenendo dunque infondata la domanda di risarcimento danni; accoglieva invece l'azione di regresso proposta dalla madre, ritenendo che dall'età di 25 anni in poi il figlio fosse in grado di reperire un'occupazione lavorativa (e irrilevante il fatto che egli all'età di 47 anni fosse disoccupato); in mancanza di parametri indicati dalla donna, la liquidazione veniva fatta in via equitativa. Avverso la sentenza proponeva ricorso Ma.Gi. censurando, ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 1226 e 1299 c.c., con riguardo agli artt. 148 e 261 c.c., per aver la Corte erroneamente quantificato in via equitativa la quota di rimborso per le spese di mantenimento, in difetto di assoluta allegazione probatoria. Il ricorrente deduceva che la signora Do.An. non avesse individuato né il lasso di tempo per il quale veniva reclamato il rimborso né l'arco della vita del figlio per il quale il rimborso veniva richiesto, sicché il relativo calcolo si palesava assolutamente indeterminabile; Do.Cr., infatti, al momento di pubblicazione della sentenza di primo grado già aveva compiuto quarantacinque anni. La Cassazione ha rigettato il ricorso, precisando innanzitutto che l'esercizio del potere discrezionale conferito al giudice di liquidare il danno in via equitativa non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità e, in secondo luogo, che la sentenza dichiarativa della filiazione naturale produce gli effetti del riconoscimento, ai sensi dell'art. 277 c.c., e, quindi, giusta l'art. 261 c.c., implica per il genitore tutti i doveri propri della procreazione legittima, incluso quello del mantenimento. La relativa obbligazione si collega allo status genitoriale ed assume pari decorrenza dalla nascita del figlio, con il corollario che l'altro genitore, il quale nel frattempo abbia assunto l'onere del mantenimento anche per la porzione di pertinenza del genitore giudizialmente dichiarato, ha diritto di regresso per la corrispondente quota, sulla scorta delle regole dettate dall'art. 1299 c.c. nei rapporti fra condebitori solidali (cfr. anche Cass. civ., sez. I, 28 marzo 2017, n. 7960). Peraltro, il diritto al rimborso delle spese in favore del genitore che ha provveduto al mantenimento del figlio fin dalla nascita, ancorché trovi titolo nell'obbligazione legale di mantenimento imputabile anche all'altro genitore, la cui paternità (o maternità) sia stata successivamente dichiarata, ha natura in senso lato indennitaria, essendo diretto a ristorare colui che ha effettuato il riconoscimento dagli esborsi sostenuti, sicché il giudice di merito, ove l'importo non sia altrimenti quantificabile nel suo preciso ammontare, può utilizzare il criterio equitativo, tenendo conto delle molteplici e variabili esigenze del figlio (soddisfatte o da soddisfare), legate allo sviluppo e alla formazione di studio e professionale, restando comunque indiscutibili le spese di sostentamento, sin dalla nascita, in base ad elementari canoni di comune esperienza. (cfr. Cass. civ., sez. I, 25 maggio 2022, n. 16916). |