Con la sentenza n. 56, pronunciata il 22 aprile 2025, la Corte costituzionale ha dichiarato la parziale illegittimità dell'articolo 69, comma 4, c.p. ed è la tredicesima volta che ciò si verifica, la prima nel novembre 2012.
Vediamone le ragioni.
L'articolo 69, quarto comma, c.p.
La disposizione contenuta nel quarto comma del citato articolo 69 prevede (siamo in materia di circostanze del reato, segnatamente di concorso di circostanze aggravanti e attenuanti), per quanto qui interessa, il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulla recidiva “nei casi previsti dall'articolo 99, quarto comma”.
Quest'ultima disposizione detta la disciplina della recidiva reiterata, circostanza aggravante ad effetto speciale, che consiste nel fatto del recidivo, indicato nel primo comma (recidiva semplice), nel secondo comma (recidiva aggravata: 1) specifica; 2) infraquinquennale; 3) recidiva vera “ovvero” recidiva finta) e nel terzo comma (recidiva pluriaggravata), che ha commesso un nuovo delitto non colposo (ai gravi delitti indicati all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale è specificamente dedicato il quinto comma).
In altre parole, nella comparazione tra circostanze attenuanti e recidiva reiterata, le prime non possono essere dichiarate prevalenti. Non si può quindi far luogo a diminuzioni di pena; al più, con il giudizio di equivalenza, si impedisce l'aggravamento della pena.
Il divieto di prevalenza
Beninteso, nel nostro sistema penale sono previste, e non sono di per sé incostituzionali, circostanze “privilegiate”, nel senso che ad esse il legislatore riserva un regime in deroga all'ordinario bilanciamento di cui all'articolo 69 (cfr. ad esempio gli articoli 69-bis, 270-bis.1, 416-bis.1, 590-quater del codice penale).
Ma nel caso della recidiva reiterata, che è circostanza aggravante non obbligatoria, era inevitabile che la presunzione assoluta del divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti entrasse in rotta di collisione, con riferimento a taluni reati e a specifiche circostanze attenuanti, con principi costituzionali.
L'automatismo si è così, con riguardo – come si è detto – a distinti reati e a specifiche circostanze attenuanti, dovuto misurare con i principi di eguaglianza (art. 3, comma 1, Cost.), di offensività della condotta del reo (art. 25, comma 2, Cost.) e di necessaria proporzionalità della pena tendente alla rieducazione del condannato (articolo 27, comma 3, Cost.) e non ha retto il confronto.
Da qui il susseguirsi delle pronunce di incostituzionalità, di cui dà conto la sentenza in commento, con le quali la Corte ha impedito l'operatività del divieto di prevalenza.
Le pronunce di incostituzionalità
La prima pronuncia, 15 novembre 2012, n. 251, ha riguardato la circostanza attenuante del fatto di lieve entità avente ad oggetto sostanze stupefacenti (articolo 73, comma 5, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309), che però, ormai da anni, tale non è più, trasformata dal legislatore in fattispecie autonoma di reato.
Sono seguite le pronunce relative alle seguenti circostanze attenuanti:
fatto di ricettazione di particolare tenuità: articolo 648, comma 2 (ora quarto comma) del codice penale (C. cost. 18 aprile 2014, n. 105);
caso di violenza sessuale di minore gravità: articolo 609-bis, comma 3, c.p. (C. cost. 18 aprile 2014, n. 106);
fatto di chi si adopera per evitare che l'attività delittuosa, sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti aventi ad oggetto sostanze stupefacenti: articolo 73, comma 7, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (C. cost. 7 aprile 2016, n. 74);
fatti di bancarotta, fraudolenta e semplice, e di ricorso abusivo al credito che hanno cagionato un danno patrimoniale di speciale tenuità: articolo 219, comma 3, R.d. 16 marzo 1942, n. 267 (C. cost. 17 luglio 2017 n. 205), riprodotto nell'articolo 326, comma 3, d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14;
fatto di chi, nel momento in cui lo ha commesso, era, per infermità, in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità d'intendere o di volere: articolo 89 del codice penale (C. cost. 24 aprile 2020, n. 73);
fatto di chi ha commesso un reato più grave di quello voluto: articolo 116, comma 2, del codice penale (C. cost. 31 marzo 2021, n. 55);
fatto di sequestro di persona a scopo di estorsione di lieve entità: introdotto con sentenza della Corte costituzionale n. 68 del 2012 (C. cost. 8 luglio 2021, n. 143);
circostanze attenuanti nei casi in cui il reato è punito con la pena edittale dell'ergastolo (C. cost. 12 maggio 2023, n. 94);
avere, nei delitti contro il patrimonio o che comunque offendono il patrimonio, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di speciale tenuità, ovvero, nei delitti determinati da motivi di lucro, avere agito per conseguire o avere comunque conseguito un lucro di speciale tenuità, quando anche l'evento dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità: articolo 62, comma 1, n. 4, c.p. (C. cost. 11 luglio 2023, n. 141);
autoriciclaggio di denaro, beni o altre utilità provenienti dalla commissione di un delitto non colposo: articolo 648-ter.1, comma 2, c.p. – nella versione introdotta dall'articolo 3, comma 3, l. 15 dicembre 2014, n. 186, e vigente fino alla sua sostituzione a opera dell'articolo 1, comma 1, lettera f), n. 3), del d.lgs. 8 novembre 2021, n. 195 (C. cost. 12 ottobre 2023, n. 188);
fatto di chi si adopera efficacemente per assicurare le prove del reato o per sottrarre all'associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti risorse decisive per la commissione dei delitti: articolo 74, comma 7, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (C. cost. 9 novembre 2023, n. 201).
La sentenza in commento e la ratio dell'illegittimità del divieto di prevalenza
Si può tornare ora alla sentenza in commento.
Questa volta la circostanza attenuante per la quale non può operare il divieto di prevalenza è quella prevista dall'articolo 625-bis c.p.: il fatto del colpevole dei reati di furto (articolo 624 e 625), di furto in abitazione e di furto con strappo (art. 624-bis) che, prima del giudizio, abbia consentito l'individuazione dei correi o di coloro che hanno acquistato, ricevuto od occultato la cosa sottratta o si sono comunque intromessi per farla acquistare, ricevere od occultare.
La Corte offre un quadro della ratio dell'illegittimità del divieto di prevalenza.
La prima ratio decidendi (che riguarda la maggior parte dei casi) attiene alla particolare ampiezza (sproporzione) della divaricazione tra la pena base prevista per il reato non circostanziato e quella risultante dall'applicazione della circostanza attenuante (si pensi ad es. alla violenza sessuale, alla ricettazione, al sequestro di persona a scopo di estorsione, alla bancarotta fraudolenta); divaricazione che, per essere compatibile con i principi costituzionali di cui sopra si è detto, richiede necessariamente che il giudice possa operare l'ordinario giudizio di bilanciamento delle circostanze, senza che sia preclusa la valutazione di prevalenza dell'attenuante sulla recidiva reiterata. Alcune circostanze attenuanti, inoltre, sono accomunate dall'esigenza di bilanciare la particolare ampiezza della fattispecie del reato non circostanziato che accomuna condotte marcatamente diverse (si pensi ancora, ad es., alla violenza sessuale), e che necessitano di essere differenziate nella determinazione del trattamento sanzionatorio.
Una seconda ratio decidendi è rinvenibile nelle pronunce che hanno riguardato circostanze attenuanti inerenti alla persona del colpevole, circostanze non espressive di una minore offensività oggettiva del fatto, ma della ridotta rimproverabilità soggettiva dell'autore. Il riferimento è alla circostanza attenuante del vizio parziale di mente e alla circostanza attenuante di cui all'art. 116, secondo comma.
Una terza ratio, comune a diverse circostanze attenuanti a effetto speciale, attiene all'incentivo alla collaborazione del reo post delictum.
Il riferimento è alle sopra citate sentenze n. 74 del 2016 e n. 201 del 2023.
Proprio queste sentenze hanno assunto un rilievo determinante perché relative a circostanze attenuanti connesse al ravvedimento successivo alla commissione del reato, a circostanze, dunque, omogenee a quella prevista dall' articolo 625-bis c.p.
Il divieto di prevalenza di quest'ultima circostanza attenuante sulla recidiva reiterata è affetto dal medesimo vizio di irragionevolezza di cui si è detto in quanto – spiega la Corte – «sterilizza la ratio incentivante della disposizione, accorda una rilevanza insuperabile alla precedente condotta del reo ed esclude ogni incidenza della collaborazione sulla determinazione in concreto della pena, pur a fronte della dissociazione dal contesto criminale e del possibile pericolo di ritorsioni personali e familiari».
Vuoi leggere tutti i contenuti?
Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter continuare a
leggere questo e tanti altri articoli.
Sommario
L'articolo 69, quarto comma, c.p.
Le pronunce di incostituzionalità
La sentenza in commento e la ratio dell'illegittimità del divieto di prevalenza