Errore materiale nel riporto del credito

07 Maggio 2025

Il quesito si sofferma sulla possibilità per una società di chiedere a rimborso un importo versato in sede di dichiarazione Mod. 770 riferito all'anno precedente. 

Una società espone nell'apposito rigo della dichiarazione Mod. 770 un importo maggiore del credito rinveniente dalla dichiarazione dell'anno precedente in cui erano state conteggiate erroneamente le ritenute. La società omette di correggere la dichiarazione errata nei termini e riceve dall'Agenzia delle Entrate la cartella di pagamento scaturente dal relativo controllo automatizzato. La società può presentare ricorso per far valere il diritto di credito visto che si è trattato di un mero errore materiale oppure è inibita tale possibilità dal decorso dei termini per l'integrativa? 

Nel dare riscontro positivo al quesito proposto, nel senso della possibilità per la contribuente di impugnare la cartella di pagamento per far valere il proprio diritto di credito, giova in primis ricordare i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità circa la natura della dichiarazione dei redditi che non è da intendere quale atto negoziale e dispositivo ma recante una mera esternazione di scienza e di giudizio , nell'ambito dell'iter procedimentale volto all'accertamento dell'obbligazione tributaria, modificabile in ragione dell'acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti. Alla luce dei principi affermati nel corso degli ultimi anni dalla Suprema Corte, al di là del verificarsi di preclusioni o di scadenze di termini per la presentazione della dichiarazione integrativa (che operano ai soli fini amministrativi), il contribuente , indipendentemente dalle modalità e termini di cui alla dichiarazione integrativa prevista dall'art. 2 del d.P.R. 322/1998 e dall'istanza di rimborso di cui all'art. 38 d.P.R. 602/1973, in sede contenziosa può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell'Amministrazione finanziaria , allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione e incidenti sull'obbligazione tributaria. Tale principio di derivazione giurisprudenziale anche letto in combinato disposto con l'intervento del legislatore che ha modificato i commi 8 e 8-bis dell'art. 2 del DPR n. 322/1998 eliminando la pregressa distinzione tra “dichiarazione a favore" del contribuente e “dichiarazione a sfavore" e facendo coincidere, in entrambi i casi, il termine per la presentazione della dichiarazione integrativa con il termine per l'accertamento da parte del fisco. Tale chiave di lettura è in sintonia con la natura giuridica della dichiarazione fiscale (come detto in precedenza, quale dichiarazione di scienza e, quindi, sempre emendabile da errori od omissioni), con il principio di capacità contributiva di cui all'art. 53 comma 1 della Costituzione, dell' oggettiva correttezza dell'azione amministrativa di cui all'art. 97 della Costituzione e con il principio di collaborazione e buona fede ( art. 10 dello Statuto dei Diritti del Contribuente) cui devono essere improntati i rapporti tra contribuente e fisco. Diversamente opinando (i.e. negando il diritto al rimborso), si verrebbe a determinare un indebito incameramento del credito da parte dell'erario, di fatto svuotando di significato quanto statuito dal legislatore in tema di emendabilità della dichiarazione nonché i principi affermati dalla giurisprudenza già prima dell'introduzione della novella del 2016. Fermo restando che, nel caso di specie, il diritto al riconoscimento del credito è subordinato alla prova in giudizio, il cui onere grava sulla parte privata, dei dati contabili attestanti gli errori commessi nella prima dichiarazione in cui il credito indicato, derivante dall'errato conteggio delle ritenute, è stato riportato in avanti in misura inferiore rispetto a quanto indicato nella dichiarazione successiva.

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