L'agevolazione «prima casa» non è sempre subordinata alla dichiarazione di impossidenza

06 Maggio 2025

In caso di prepossidenza sul territorio nazionale di altro immobile acquistato con i benefici “prima casa”, il godimento della medesima agevolazione in caso di acquisto di altro immobile non è subordinato alla formale dichiarazione di impossidenza resa in atto ma solo all'avvenuta alienazione entro l'anno.

Massima

Il richiamo contenuto nella disposizione normativa di riferimento è relativo solo al suo contenuto (ossia alle condizioni fattuali da esso espresse) e non al requisito formalistico della dichiarazione. Così si è pronunciata la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia con la sentenza n. 927 dell’8 aprile 2025.

Il caso

Due coniugi acquistavano da una impresa di costruzioni un immobile destinato ad abitazione non di lusso con applicazione dell'aliquota IVA al 4% nonché ridotta dell'imposta sostitutiva sul mutuo - così usufruendo delle agevolazioni di legge previste per l'acquisto della “prima casa” (n. 21 della Tabella A, parte seconda, allegata al d.P.R. n. 633/1972, artt. 15 e ss. d.P.R. n. 601/73 e art. 1, nota II-bis, della Tariffa parte I allegata al d.P.R. n. 131/1986) - rendendo in atto le dichiarazioni prescritte dalla disciplina fiscale per l'acquisto della “prima casa”, fra cui l'impossidenza nel medesimo Comune e su tutto il territorio nazionale di altro immobile di proprietà acquistato con le medesime agevolazioni. Tuttavia, al momento della firma dell'atto, i coniugi erano ancora proprietari in altro Comune di altra unità immobiliare per il cui acquisto si erano già avvalsi delle agevolazioni in parola. Resisi conto dell'errore, i coniugi provvedevano in data successiva a rettificare la dichiarazione. L'Agenzia delle Entrate, tuttavia, revocava i benefici di legge per dichiarazione mendace resa in atti e recuperava a tassazione la maggiore Iva e imposta sostitutiva, oltre sanzioni e interessi. Secondo l'Ufficio, la mancata dichiarazione di possedere altro immobile non poteva ritenersi sanata dalla circostanza che poi, nell'anno successivo, l'abitazione pre-posseduta fosse stata effettivamente venduta né tantomeno dalla circostanza che i contribuenti avessero reso una dichiarazione con atto integrativo regolarmente registrato in cui era stata riportata la dichiarazione dell'immobile pre-posseduto, prima omessa. In tal senso, veniva richiamata una pronuncia della Suprema Corte (ord. n. 10513 del 21/04/2021) in cui è stato affermato che la dichiarazione espressa del contribuente nell'atto di acquisto di non possedere su tutto il territorio nazionale altra abitazione già acquistata con i benefici fiscali costituisce elemento costitutivo per il conseguimento dell'agevolazione medesima e i requisiti devono sussistere al momento dell'acquisto.

La questione

Le disposizioni interpretate

Il comma 1, dell'art. 1, nota II-bis della Tariffa parte prima allegata al Decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, prevede che “ai fini dell'applicazione dell'aliquota del 2 per cento gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso... devono ricorrere le seguenti condizioni:

a) La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l'immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall'acquirente nell'atto di acquisto;

b) che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge;

c) che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale”.

Il comma 4-bis del medesimo articolo dispone che l'agevolazione prevista per l'acquisto della prima casa “si applica anche agli atti di acquisto per i quali l'acquirente non soddisfa il requisito di cui alla lettera c) del comma 1, e per i quali i requisiti di cui alle lettere a) e b) si verificano senza tener conto dell'immobile acquistato con le agevolazioni elencate nella lettera c) a condizione che quest'ultimo immobile sia alienato entro un anno dalla data dell'atto”.

La soluzione giuridica

La riforma della sentenza e la diversa interpretazione delle norme applicabili

I giudici “del riesame”, nel ribaltare l’esito della controversia a favore delle parti private, hanno offerto una diversa lettura delle norme di riferimento, applicabili al caso di specie. In particolare, secondo i giudici d’appello, il primo Collegio aveva erroneamente applicato il (sopracitato) comma 1 in luogo del (sopracitato) comma 4-bis, non considerando, cioè, che quest’ultimo non prescrive alle parti di formulare alcuna dichiarazione in atto sulla volontà di vendere l’immobile pre-posseduto nell’anno di acquisto della nuova abitazione, come invece stabilito dal comma 1 a pena di decadenza dal beneficio.

Mentre il comma da ultimo citato, hanno chiarito gli interpreti, si riferisce all'agevolazione del 2%, richiedendo la non-possidenza di altro immobile adibito, il comma 4-bis si riferisce al diverso caso in cui l'acquirente sia titolare, anche per quote o in regime di comunione legale di altro immobile sul territorio nazionale (richiamo alla lettera c del comma 1) e, purtuttavia, lo alieni entro un anno dalla data dell’atto.

Osservazioni

Pertanto, ha affermato a chiare lettere la Corte, «il comma 4-bis non impedisce (e, anzi, assicura) il godimento dell'agevolazione, avendo i contribuenti venduto l’immobile pre-posseduto nell’anno e ricorrendo ogni altra condizione».

I giudici territoriali hanno interpretato il richiamo alla lettera c) come mero richiamo al suo contenuto (ossia alle condizioni fattuali da esso espresse) e non già al requisito formalistico della dichiarazione: in altri termini, è stata dai giudici avvalorata l'avvenuta alienazione entro l'anno (condizione fattuale) e non la dichiarazione di pre-possedere e di voler vendere entro l'anno (requisito formale e, peraltro, non richiesto dalla norma).

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