Sull’inammissibilità dell’impugnazione dei regolamenti e l’ordine di esame delle questioni di rito

29 Aprile 2025

Il Consiglio di Stato stabilisce la priorità, anche per il giudice di appello, della verifica della lesività dell'atto impugnato rispetto alla verifica della tempestività della notifica e del deposito del ricorso.

La questione, posta in relazione all'impugnazione di un “regolamento volizione-preliminare”, che contiene per sua natura disposizioni non immediatamente lesive e non autonomamente impugnabili, attiene all'esistenza di un ordine di esame delle questioni processuali preclusive dell'esame della controversia nel merito e alla problematica della formazione di un giudicato implicito interno.

Massima

(1) La valutazione dell'ammissibilità del ricorso, con particolare riferimento alla condizione dell'azione dell'interesse ad agire, deve precedere la valutazione della sua ricevibilità, in quanto solo quando il privato ha interesse a proporre ricorso ha altresì l'onere di farlo tempestivamente, a pena d'irricevibilità, in considerazione della natura della giurisdizione amministrativa quale giurisdizione soggettiva.

(2) A differenza dei “regolamenti volizione-preliminare” che contengono disposizioni non immediatamente lesive e non autonomamente impugnabili, perché si prestano in astratto ad essere applicate ripetutamente e a regolare una serie indefinita di casi, senza alcuna certezza sul fatto che verranno effettivamente applicate al singolo, nonché sul momento e sulle conseguenze concrete dell'applicazione, i “regolamenti volizione-azione” contengono disposizioni autonomamente e direttamente lesive della posizione del privato, il quale ha quindi l'onere di impugnarli immediatamente, senza attendere un atto applicativo che non potrà che avere un contenuto vincolato.

Il caso

L'inammissibilità del ricorso proposto avverso regolamenti “volizione-preliminare”.

Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato riforma la sentenza del T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, con la quale era stato dichiarato irricevibile il ricorso introduttivo proposto avverso il "Regolamento per l'installazione, la modifica e l'adeguamento delle stazioni radio base per la telefonia cellulare e servizi similari. Antenne emittenti radiotelevisive" adottato dal Consiglio comunale di Pazzano, sul presupposto che il regolamento avesse un contenuto immediatamente lesivo e quindi avrebbe dovuto essere impugnato entro sessanta giorni decorrenti dalla sua pubblicazione all'albo pretorio del Comune.

Il Consiglio di Stato, infatti, previo avviso all'appellante, unica parte costituita, ai sensi dell'art. 73, comma 3, c.p.a., della questione di inammissibilità rilevata d'ufficio, dichiara inammissibile il ricorso di primo grado per difetto d'interesse ad agire.

In via preliminare, la sentenza ricorda che sussiste sempre il potere del Giudice di appello di rilevare ex officio la esistenza dei presupposti e delle condizioni per la proposizione del ricorso di primo grado, sui quali non può mai formarsi un giudicato implicito, ed evidenzia la natura della giurisdizione amministrativa quale giurisdizione soggettiva, dalla quale discende il corollario secondo cui l'inoppugnabilità di un atto, che deriva dalla mancata tempestiva impugnazione (dunque, dalla irricevibilità del ricorso), non è assoluta, ma è relativa al singolo soggetto che era interessato a censurarlo.

Il Consiglio di Stato chiarisce, quindi, che prima ancora di verificare la tempestività della notifica e del deposito di un ricorso, il giudice deve verificare se l'atto censurato è lesivo.

Nella fattispecie sottoposta al suo esame, il giudice di appello disattende la valutazione di irricevibilità del ricorso fatta dal giudice di primo, perché ritiene che il regolamento impugnato costituisca un regolamento “volizione-preliminare”, le disposizioni del quale non sono immediatamente lesive e autonomamente impugnabili, ma devono essere censurate insieme all'atto che ne fa applicazione. Da ciò il Consiglio di Stato fa discendere la conseguenza che non sussistendo la facoltà/onere di impugnare il regolamento, non si può ritenere, a maggior ragione, sussistente un onere di impugnarlo tempestivamente.

Le questioni

La priorità dell'accertamento delle condizioni di ammissibilità del ricorso anche in appello e i regolamenti autonomamente impugnabili.

Con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato affronta la questione della priorità logica e sistematica dell'accertamento nel giudizio amministrativo delle condizioni di ammissibilità del ricorso, ovverossia della legittimazione ad agire e dell'interesse ad agire, rispetto alla condizione di ricevibilità, rectius tempestività, del ricorso, insieme alla questione della tipologia dei regolamenti immediatamente e autonomamente impugnabili.

La prima questione riguarda l'interpretazione dell'art. 35 c.p.a. che richiede tra le condizioni per la decisione la "ricevibilità" e la "ammissibilità" del ricorso, come si evince dalle lettere a) e b) del comma 1. La norma è strutturata indicando la condizione della ricevibilità prima della sua ammissibilità, ma il Consiglio di Stato pone la questione sotto il profilo della natura soggettiva della giurisdizione amministrativa.

La seconda questione, invece, attiene alla natura dei regolamenti, quali atti che, in linea di principio, dettano norme generali, astratte e innovative dell'ordinamento giuridico e che, quindi, non sono immediatamente lesive e autonomamente impugnabili, definiti "regolamenti volizione-preliminare", costituendo, invece, delle eccezioni i “regolamenti volizione-azione" che, essendo auto-applicativi, sono autonomamente e direttamente lesivi della posizione del privato, il quale ha quindi l'onere impugnarli immediatamente.

La soluzione giuridica

La natura soggettiva della giurisdizione amministrativa impone al giudice di vagliare preliminarmente le condizioni di ammissibilità del ricorso.

Il Consiglio di Stato fornisce un'interpretazione dell'art. 35 c.p.a. sulle condizioni richieste per la decisione nel senso di ritenere prioritaria la valutazione delle condizioni di ammissibilità rispetto a quelle di ricevibilità del ricorso nell'ottica della natura soggettiva della giurisdizione amministrativa.

In particolare, la soluzione interpretativa adottata dal Consiglio di Stato parte dalla premessa che le condizioni di ricevibilità del ricorso - tempestività della notifica e del deposito - sono correlate al particolare sistema di preclusioni che caratterizza il processo amministrativo e rispondono all'esigenza, di rilevante interesse pubblico, di garantire la certezza del rapporto giuridico amministrativo in tempi brevi, mentre le condizioni di ammissibilità - legittimazione ad agire e interesse a ricorrere - sono legate alla circostanza che il diritto di azione è riconosciuto a tutti per la tutela dei "propri" diritti e interessi legittimi.

Il Consiglio di Stato richiama, quindi, la funzione primaria della giurisdizione amministrativa, nel quadro costituzionale (articoli 24,103 e 113 Cost.), che consiste nella tutela delle situazioni giuridiche soggettive e solo mediatamente al ripristino della legalità dell'azione amministrativa, sicché l'inoppugnabilità dell'atto, che deriva dalla mancata tempestiva impugnazione non può essere intesa in termini assoluti, ma in termini relativi rispetto al singolo soggetto interessato ad impugnarlo.

Il giudice di appello riconosce, in definitiva, la priorità anche logica della verifica della lesività dell'atto impugnato rispetto alla verifica della tempestività della notifica e del deposito del ricorso.

Ne discende che, in caso di ricorso proposto avverso un tipico “regolamento volizione-preliminare” che, per sua natura, contiene norme generali, astratte e innovative dell'ordinamento giuridico le quali si prestano a essere applicate ripetutamente e a regolare una serie indefinita di casi, a destinatari indeterminabili sia a priori, sia a posteriori, il giudice, anche in appello, non potrebbe che dichiarare in via preliminare l'inammissibilità del ricorso per difetto di interesse ad agire.

Osservazioni

L'ordine dell'esame delle questioni processuali che sono preclusive dell'esame della controversia nel merito.

Il Consiglio di Stato in sede di appello proposto avverso una sentenza di irricevibilità del ricorso, rileva d'ufficio, ai sensi dell'art. 73, comma 3, c.p.a., la questione dell'inammissibilità del ricorso introduttivo per difetto di interesse ad agire, sostenendo, dunque, l'esistenza di un ordine di esame delle questioni processuali preclusive dell'esame della controversia nel merito.

In particolare, tali questioni sono elencate all'art. 35 c.p.a. che, al comma 1, enuncia le cause di irricevibilità, inammissibilità e improcedibilità, mentre, al comma 2, le cause di estinzione del processo, che impediscono al giudice di esaminare la controversia nel merito, sfociando, infatti, tutte in “sentenze di rito”.

Sebbene la disposizione in questione preveda alla lettera a) la pronuncia di irricevibilità e, solo alla successiva lettera b), la pronuncia di inammissibilità, il Consiglio di Stato sostiene la priorità logica e sistematica del vaglio di ammissibilità del ricorso rispetto a quello della sua tempestività.

D'altronde, non costituisce questione nuova quella relativa all'esistenza di diversi indici normativi che permettono di delineare una scala ordinata, non solo tra le questioni pregiudiziali di rito e le questioni di merito, ma anche all'interno della categoria delle questioni a carattere processuale.

Sul punto si è pronunciata l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, con sentenza n. 10/2011, ha ritenuto la questione di giurisdizione ha precedenza su tutte le altre questioni di ricevibilità e ammissibilità dei ricorsi di primo grado, e, con le successive sentenze 4/2011 e 9/2014, ha precisato che fra le questioni di rito ha la priorità dell'accertamento della ricorrenza dei presupposti processuali rispetto alle condizioni dell'azione.

Quanto all'ordine tra le questioni di rito diverse da quella di giurisdizione, però, dal c.p.a. si desumono spunti esegetici tra loro eterogenei, che non conducono necessariamente all'affermazione dell'esistenza di un vero e proprio ordine vincolato e, che, anzi, pur sostenendo un ordine logico, potrebbe lasciare spazio al Collegio di esaminare prima le questioni proposte dalle parti alla luce dell'art. 276, comma 2, c.p.c., richiamato dall'art. 76, comma 4, c.p.a.

Non a caso, l'Adunanza Plenaria, con l'ultima sentenza 5/2015, ha indicato solo in via di obiter dictum l'ordine dell'esame delle questioni rilevabili d'ufficio.

Il tema è stato affrontato, invece, in dottrina prevalentemente in relazione al raggio di azione del c.d. giudicato implicito che, però, viene escluso dal Consiglio di Stato in relazione ai presupposti processuali e alle condizioni dell'azione, qualora non siano stati oggetto di decisione espressa da parte del giudice, imponendosi su questi ultimi un dovere di emersione della questione (d'ufficio o su istanza di parte), dal momento che solo a seguito di tale rilievo il presupposto processuale può diventare oggetto di trattazione e di decisione (e divenire così “questione pregiudiziale”).

Tuttavia, secondo un orientamento dottrinale, sostenere l'esistenza di un rigido ordine di trattazione delle questioni escluderebbe a monte che lo stesso possa essere violato dal giudice, in quanto si dovrebbe ritenere che la pronuncia espressa sulla questione dipendente costituisca sempre la spia di una decisione implicita sul presupposto poziore. In altri termini, la violazione dell'ordine sarebbe possibile solo quando si contesti al giudice di aver invertito la decisione sulle questioni formalizzate, formandosi, altrimenti, sempre un giudicato implicito interno sulle questioni preliminari.

A ben vedere, l'esclusione dell'operatività del giudicato implicito con particolare riguardo alle questioni processuali, anche a sostenere l'esistenza di un ordo questionum per queste ultime, si potrebbe efficacemente ammettere sulla base del potere del giudice, riconosciuto in ogni stato e grado del processo dall'art. 35 c.p.a., di un loro potenziale rilievo d'ufficio, soprattutto quando vengono in causa valori essenziali del processo, qual è quello legato alla funzione primaria e alla natura di giurisdizione soggettiva della giurisdizione amministrativa, come avviene nel caso della condizione dell'azione dell'interesse ad agire.

D'altronde, l'unico limite positivo al rilievo d'ufficio di una questione di rito da parte del giudice di appello è costituito dall'art. 9 c.p.a. che stabilisce che, nei giudizi di impugnazione, il difetto di giurisdizione è «rilevato se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione». L'introduzione di tale disposizione comporta, infatti, una preclusione al rilievo officioso al di fuori del giudizio di primo grado non più determinata dal formarsi del giudicato interno implicito, ma direttamente dalla littera legis, lasciando, quindi, spazio al rilievo d'ufficio di tutte le altre questioni di rito.

Guida all'approfondimento

A titolo esemplificativo:

BIAVATI, Appunti sulla struttura della decisione e l'ordine delle questioni, in Riv. trim. dir. proc. civ., fasc.4, 2009, pag. 1301

FANELLI, Progressione logico-giuridica tra i presupposti processuali, poteri delle parti e distorsioni del giudicato implicito, in Rivista Trimestrale di Diritto e Procedura Civile, fasc.4, 1 dicembre 2018, pag. 1569

TISCINI, Ordine di esame delle questioni, decisione implicita e limiti oggettivi del giudicato civile, in Diritto Processuale Amministrativo, fasc.3, 1 settembre 2024, pag. 642

TROPEA, L'ordine di esame delle questioni di merito nel processo amministrativo, in Diritto Processuale Amministrativo, fasc.3, 1 settembre 2024, pag. 569

VILLATA, L'ordine di esame dei motivi di ricorso nel pensiero di Antonio Romano Tassone Barbieri, in Diritto Processuale Amministrativo, fasc.4, 1 dicembre 2024, pag. 779

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