La rivendicazione del cortile condominiale

La Redazione
30 Aprile 2025

Cosa succede se uno dei condomini si impossessa del cortile dell'edificio? In tal caso, l'amministratore può autonomamente agire in giudizio?

Preliminarmente si osserva che l'azione di rivendicazione, delineata nell'art. 948 c.c., serve ad accertare se chi agisce ha effettivamente il diritto di proprietà e mira a fargli ottenere il possesso della cosa ove in giudizio venga accertato che egli è davvero proprietario, con conseguente condanna del convenuto a consegnare il bene all'attore.

Premesso ciò, in àmbito condominiale, la "presunzione legale" di proprietà comune di parti del complesso immobiliare, che si sostanzia sia nella destinazione all'uso comune della res, sia nell'attitudine oggettiva al godimento collettivo, dispensa il condominio dalla prova del suo diritto, ed in particolare dalla cosiddetta probatio diabolica. Ai condomini che agiscono in rivendica di parti comuni riconducibili all'art. 1117 c.c. basta dimostrare la rispettiva proprietà esclusiva nell'àmbito del condominio per provare anche la comproprietà di quei beni che tale norma contempla. Ne deriva che quando un condomino pretende l'appartenenza esclusiva di uno dei beni indicati nella richiamata disposizione, è onere dello stesso condomino, onde vincere detta presunzione, dare la prova della sua asserita proprietà esclusiva, senza che a tal fine sia rilevante il proprio titolo di acquisto, o quello del relativo proprio dante causa, ove non si tratti dell'atto costitutivo del condominio, ma di alienazione compiuta dall'iniziale unico proprietario che non si fosse riservato l'esclusiva titolarità dell'area (Cass. civ., sez. II, 28 ottobre 2022, n. 31995).

In sintesi, in caso di beni comuni (ad esempio, il cortile), l'amministratore che intenda proporre l'azione di rivendica dei beni comuni non deve dimostrare al giudice il legittimo diritto di proprietà dei beni rivendicati; diversamente, spetta al singolo condomino che voglia dimostrare la sua proprietà sul bene rientrante tra quelli prima elencati fornire la prova contraria. Pertanto, l'amministratore è legittimato a proporre azione di rivendica dei beni comuni “solo” quando sia stato a ciò autorizzato dall'assemblea del condominio. Difatti, come sottolineato in giurisprudenza, le azioni reali da esperirsi contro i singoli condomini o contro terzi e dirette ad ottenere statuizioni relative alla titolarità, al contenuto o alla tutela dei diritti reali dei condomini su cose o parti dell'edificio condominiale che esulino dal novero degli atti meramente conservativi ex art. 1130, n. 4, .c.c., possono essere esperite dall'amministratore solo previa autorizzazione dell'assemblea, ex art. 1131, comma 1, c.c., adottata con la maggioranza qualificata di cui all'art. 1136 c.c. (Cass. civ., sez. II, 8 gennaio 2015, n. 40).

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