Il perfezionamento del contratto di mutuo e la validità del c.d. mutuo solutorio
18 Aprile 2025
Con la pronuncia in commento, le Sezioni Unite della Cassazione hanno enunciato un rilevante principio in materia di mutuo c.d. solutorio. Il caso La vicenda trae origine dal ricorso monitorio, con il quale un istituto di credito chiedeva il pagamento del saldo negativo di un conto corrente assistito da ipoteca. Emesso il decreto ingiuntivo richiesto, proponevano opposizione il mutuatario ed il garante, denunziando il comportamento illegittimo della banca che, nel corso del tempo, aveva concesso ben cinque mutui (il primo ipotecario nel 1990, il secondo ipotecario nel 1995, due nel 1998, dei quali uno chirografario e l'altro ipotecario, e l'ultimo nel 2000) sempre regolati su conti correnti ipotecari, erogando solo apparentemente le somme, considerato che le stesse non erano mai uscite dalle casse dell'asserita mutuante, ma erano state utilizzate per pagare il debito già maturato, per capitale ed interessi, derivante dai precedenti mutui ed aperture di credito. Gli opponenti contestavano, dunque, la validità del c.d. mutuo solutorio. Accolta parzialmente l'opposizione, in sede di gravame l'appello interposto dagli originari opponenti veniva integralmente respinto, sulla base della considerazione che il semplice accredito delle somme mutuate sul conto corrente configura la traditio degli importi oggetto del contratto e, dunque, consente di qualificare l'operazione in termini di mutuo. Proposto ricorso per cassazione e rimessi da Cass., sez. II, n. 18903/2024 gli atti alle Sezioni unite della Corte di cassazione, queste ultime - dopo avere ripercorso i termini del contrasto giurisprudenziale - hanno ritenuto di dovere dare seguito all'orientamento tradizionale che afferma la validità del mutuo solutorio e la sua valenza, in presenza dei presupposti di cui all'art. 474 c.p.c., quale titolo esecutivo. Le questioni giuridiche Il contrasto giurisprudenziale sul c.d. mutuo solutorio Il cd. mutuo solutorio rientra nell'ambito delle operazioni finalizzate alla garanzia dei crediti pregressi. Nella pratica, infatti, tale tipologia di contratto ricorre quando una banca o un istituto di credito concedono un prestito garantito, con il quale il mutuatario provvede all'estinzione di una precedente esposizione debitoria nei confronti del medesimo istituto mutuante ovvero di terzi. Solitamente, i mutui solutori vengono stipulati per garantire posizioni debitorie pregresse non sufficientemente garantite. La concessione della somma viene accompagnata da forme di garanzie quali, ad esempio, l'ipoteca sui beni immobili di proprietà del debitore (Mongiello, 2) e, in molti casi, anche da una rimodulazione di alcune clausole accessorie. L'ordinanza interlocutoria (per un commento, sia consentito rinviare a C. Bernardo, Il c.d. mutuo solutorio davanti alle Sezioni unite, in questa Rivista) aveva correttamente impostato il problema dando conto dei diversi indirizzi giurisprudenziali maturati in ordine alla validità o meno del c.d. mutuo solutorio. In particolare, secondo un orientamento che ha trovato cristallizzazione in alcune decisioni della giurisprudenza di legittimità tra il 2019 ed il 2021, l'utilizzo di somme da parte di un istituto di credito per ripianare la pregressa esposizione debitoria del correntista, con contestuale costituzione in favore della banca di una garanzia reale, costituisce un'operazione meramente contabile in dare ed avere sul conto corrente, non inquadrabile nel mutuo ipotecario, il quale presuppone sempre l'avvenuta consegna del denaro dal mutuante al mutuatario; tale operazione determina di regola gli effetti del pactum de non petendo ad tempus, restando modificato soltanto il termine per l'adempimento, senza alcuna novazione dell'originaria obbligazione del correntista (Cass., 25 gennaio 2021, n. 1517; Cass., 5 agosto 2019, n. 20896). Così, la struttura contrattuale del mutuo implica la consegna delle somme di denaro che ne costituiscono oggetto, che, pur potendosi realizzare anche con forme assai rarefatte, deve comunque consentire il passaggio del denaro dal mutuante al mutuatario, attraverso il transito dal patrimonio dell'uno al patrimonio dell'altro, comportandone il conseguente passaggio di proprietà (art. 1814 c.c.), con la connessa, acquisita loro disponibilità ex art. 832 c.c. da parte di quest'ultimo. Senza il compimento di un simile passaggio, non potrebbe neppure ipotizzarsi la sussistenza dell'obbligo di restituzione, che la parte finale della disposizione dell'art. 1813 c.c. pone in capo al mutuatario. Tali spostamenti di denaro, trasferimenti patrimoniali e consegne, invece, non si realizzano nel c.d. mutuo solutorio, in cui il "ripianamento" di un debito a mezzo di nuovo "credito" viene propriamente a sostanziare un'operazione di natura meramente contabile. Conseguentemente, tale accordo (il pactum de non petendo ad tempus) non costituisce titolo esecutivo ed è inidoneo a supportare - da solo - una domanda di ammissione al passivo che abbia ad oggetto la restituzione di somme di danaro. A fronte di tale orientamento, si contrappone il tradizionale indirizzo maggioritario, che, sulla base di lontani precedenti (Cass., 12 ottobre 1992, n. 11116) poi ripresi dopo la “stagione” 2019-2021 (cfr., per tutte, Cass., 25 luglio 2022, n. 23149), ritiene valido il c.d. mutuo solutorio, in quanto non contrario né alla legge, né all'ordine pubblico. Alla base di un simile indirizzo, vi è la constatazione che il perfezionamento del contratto di mutuo, con la consequenziale nascita dell'obbligo di restituzione a carico del mutuatario, si verifica nel momento in cui la somma mutuata, ancorché non consegnata materialmente, sia posta nella disponibilità del mutuatario medesimo, non rilevando, a detto fine, che sia previsto l'obbligo di utilizzare quella somma a estinzione di altra posizione debitoria verso il mutuante (così, già, Cass., 8 marzo 1999, n. 1945). Il mutuo solutorio, quindi, non può essere qualificato come una mera dilazione del termine di pagamento del debito preesistente oppure quale pactum de non petendo in ragione della pretesa mancanza di un effettivo spostamento di denaro, poiché l'accredito in conto corrente delle somme erogate è sufficiente ad integrare la datio rei giuridica propria del mutuo e l'impiego delle stesse per l'estinzione del debito già esistente purga il patrimonio del mutuatario di una posta negativa. In questa prospettiva, si afferma, da un lato, che il ripianamento delle passività costituisce una delle possibili modalità di impiego della somma mutuata che non incide sulla nullità del contratto (Cass., 30 novembre 2021, n. 37654) e, dall'altro, che il ricorso al credito come mezzo di ristrutturazione del debito è previsto dalla stessa normativa vigente (all'epoca, gli artt. 182-bis e 182-quater l.f. Sul punto, anche, Cass., 22 febbraio 2021, n. 4694). Più in generale, secondo tale orientamento, il negozio lesivo dei diritti o delle aspettative dei creditori non può considerarsi di per sé illecito dal momento che, a tutela di chi risulti danneggiato da tale atto negoziale, l'ordinamento appresta rimedi speciali e la sanzione dell'inefficacia (sul punto, Cass., 31 ottobre 2014, n. 23158; Cass., 11 ottobre 2013, n. 23158; Cass., 4 ottobre 2010, n. 20576). D'altra parte, la violazione di una norma imperativa non dà luogo necessariamente alla nullità del contratto (Cass., 22 gennaio 2021, n. 4694). Si afferma, poi, che lo scopo del finanziamento non entra nella causa del contratto, che è data dall'immediata disponibilità di denaro a fronte della concessione di garanzia ipotecaria immobiliare o della modificazione di altre condizioni contrattuali, con restituzione della somme oltre il breve termine, laddove, invece, nel mutuo di scopo, legale o convenzionale, la destinazione delle somme mutuate è parte inscindibile del regolamento di interessi e l'impegno assunto dal mutuatario ha rilevanza corrispettiva nell'attribuzione della somma, quindi rilievo causale nell'economia del contratto (Cass., 12 settembre 2014, n. 19282). Osservazioni Ebbene, le Sezioni unite hanno ritenuto di dare continuità all'indirizzo tradizionale, il quale, a dire della Corte, appare maggiormente in grado di ordinare gli elementi che caratterizzano la fattispecie secondo la sequenza fatto-norma-effetto, sequenza che non richiede necessariamente anche un distanziamento temporale (a differenza di quanto richiedeva una parte della dottrina e, in particolare, da Dolmetta, 693 secondo il quale è necessaria la sussistenza di una distantia temporis tra la dazione e la scadenza dell'obbligazione di restituzione), ma che deve essere apprezzabile sul piano logico siccome idonea a dare spiegazione ai fatti accertati secondo il paradigma normativo più appropriato ed esaustivo. E, infatti, secondo la Corte, la «ri-appropriazione» delle somme da parte dell'istituto di credito postula, sul piano logico, che le somme siano prima transitate sul conto o, comunque, nella «disponibilità giuridica» del mutuatario: tale nozione ha, infatti, riguardo all'effetto giuridico rappresentato dal mutamento delle disponibilità economiche e finanziarie del mutuatario e del complessivo assetto delle stesse e non può dubitarsi che tale effetto si realizzi già in conseguenza e al momento dell'accredito. D'altra parte, l'accredito sul conto di per sé in altro non consiste, né potrebbe consistere, se non in una operazione contabile, ma nulla autorizza a svalutare tale nozione come sinonimo di operazione fittizia o apparente, valendo piuttosto a rappresentare semanticamente nel contesto considerato una reale vicenda economica e giuridica, in definitiva costituita dall'inserimento di una posta attiva in capo al correntista come tale idonea a comportare inevitabili mutamenti nei rapporti di dare-avere con la banca mutuante. In questa prospettiva, la traditio è da tempo stata sostituita dal concetto di disponibilità giuridica. La «disponibilità giuridica» dell'importo mutuato - considerata equipollente alla traditio - sussiste quando vi è l'uscita della somma dal proprio patrimonio (quello del mutuante) e l'acquisizione della medesima al patrimonio di quest'ultimo (quello del mutuatario), ovvero quando, nello stesso contratto di mutuo, le parii abbiano inserito specifiche pattuizioni, consistenti nell'incarico che il mutuatario dà al mutuante di impiegare la somma mutuata per soddisfare un interesse del primo (Cass., 3 dicembre 2021, n. 38331; Fausti, 92). In altre parole, la traditio non deve essere necessariamente fisica, ma può essere anche soltanto giuridica, con la conseguenza che, al fine della sua realizzazione, l'accredito sul conto corrente del mutuatario realizza di per sé la condizione necessaria e sufficiente (sulla datio rei giuridica, cfr., Cass., 30 novembre 2021, n. 37654; Cass., 8 marzo 1999, n. 1945). Così, in un contesto come quello attuale di progressiva dematerializzazione dei valori mobiliari e loro sostituzione con annotazioni contabili, la consegna o traditio della somma è da intendersi non esclusivamente quale trasferimento materiale e fisico di denaro nelle mani del mutuatario, ma anche quale trasmissione della disponibilità giuridica delle somme mutuate, sussistente - oltre che nel caso in cui il mutuante crei un autonomo titolo di disponibilità in favore del mutuatario, in guisa tale da determinare l'uscita della somma dal proprio patrimonio e l'acquisizione della medesima al patrimonio del mutuatario - laddove, nello stesso contratto di mutuo, le parti abbiano inserito specifiche pattuizioni, aventi ad oggetto l'incarico che il mutuatario dà al mutuante di impiegare la somma mutuata per soddisfare un interesse del primo (così, già, Cass, 23 febbraio 2023, n. 5654, ma anche Cass, 3 gennaio 2011, n. 14). Così, secondo quanto affermato dalle Sezioni unite, con l'accredito delle somme sul conto corrente, il contratto di mutuo è da intendersi perfettamente concluso e la disponibilità giuridica della somma effettivamente conseguita; e ciò a prescindere dal successivo (logicamente, anche se cronologicamente contestuale) impiego delle somme, la cui destinazione è manifestazione di un differente interesse che sorregge un atto ulteriore, autonomo, benché ovviamente dipendente dal primo, in quanto proprio dal primo reso possibile. Le Sezioni unite hanno avuto, poi, cura di evidenziare come il c.d. mutuo solutorio non costituisca una ipotesi di mutuo di scopo, in quanto, in quest'ultimo, una parte si obbliga a fornire le risorse economiche necessarie per il conseguimento di una finalità legislativamente prevista o convenzionalmente pattuita ad un'altra parte, la quale si impegna non solo a restituire l'importo ricevuto ma anche a svolgere le attività necessarie per il raggiungimento dello scopo, sicché l'impegno si inserisce nel sinallagma contrattuale assumendo rilevanza sotto il profilo causale (sul punto, Renna, 418; Balestra, 1133; Cass., 29 ottobre 2017, n. 24699; Cass, 19 settembre 2024, n. 25193). Ciò non si verifica nel mutuo solutorio, nel quale l'utilizzo della somma non attiene al momento genetico del contratto di mutuo e non ne caratterizza la causa, ma, quale elemento logicamente successivo, si colloca interamente su di un piano ulteriore e distinto. Né, ancora, è possibile qualificare il mutuo solutorio come pactum de non petendo in ragione della pretesa mancanza di un effettivo spostamento di denaro, poiché tale spostamento, costituito dall'accredito in conto corrente, costituisce il presupposto stesso dell'operazione. Peraltro, anche nella prassi, avviene spesso che l'operazione in esame sia accompagnata non solo, o non tanto, dalla concessione di una garanzia, quale l'ipoteca, ma da ulteriori modificazioni dell'originario rapporto. In particolare, vengono spesso modificati l'importo stesso del mutuo (nei casi in cui il mutuo originario sia stato, almeno in parte, restituito), i tassi di interesse, le modalità di restituzione della somma mutuata (non solo le scadenze finali, ma anche la periodicità), gli accessori o altre garanzie personali. In tutti questi casi, appare evidente l'eccentricità dell'operazione, complessivamente intesa, rispetto ad un mero pactum de non petendo. Ovviamente, non può escludersi, in astratto, che il c.d. mutuo solutorio possa mascherare un atto in frode ai creditori o un mezzo anomalo di pagamento. Le Sezioni unite hanno, tuttavia, evidenziato che una tale finalizzazione dell'operazione rileva sotto il profilo dell'inefficacia (revocatoria ordinaria o fallimentare), non dell'invalidità, non verificandosi alcuna violazione di norme imperative. Gli atti negoziali pregiudizievoli nei confronti dei terzi (per abusiva erogazione del credito o in frode ai creditori) non sono, infatti, illeciti né nulli, ferma restando la tutela risarcitoria nei casi di colpevole concorso dell'ente mutuante nel dissesto del cliente finanziato. Se, dunque, è certamente vero che la concessione di un mutuo c.d. solutorio può, nel singolo caso, celare un atto in frode dei creditori o un mezzo anomalo di pagamento, è anche vero che - come già detto - un conto è la qualificazione (eventualmente, anche solo astratta) dell'operazione negoziale e, quindi, il giudizio sulla validità di quest'ultima, altra cosa è l'abuso che di un istituto le parti possono mettere concretamente in pratica al fine di ledere la par condicio creditorum. Quest'ultimo profilo trova il proprio compendio rimediale non già attraverso una tutela «reale» che elimini dalla realtà giuridica, attraverso la sanzione della nullità, il contratto, ma attraverso ulteriori strumenti garantiti dall'ordinamento, quali ad es., la revocabilità del pagamento ovvero l'inefficacia delle garanzie abusivamente concesse (sul punto, in dottrina, Tina, 519). In particolare, la stipulazione di un contratto di mutuo con la contestuale concessione d'ipoteca sui beni del mutuatario, ove non risulti destinata a procurare a quest'ultimo un'effettiva disponibilità, essendo egli già debitore in virtù di un rapporto obbligatorio non assistito da garanzia reale, è revocabile, in presenza dei relativi presupposti, in quanto diretta, per un verso, ad estinguere con mezzi anormali la precedente obbligazione e, per altro verso, a costituire una garanzia per il debito preesistente, dovendosi ravvisare il vantaggio conseguito dalla banca non già nella stipulazione del negozio in sé, ma nell'impiego dello stesso come mezzo per la ristrutturazione di un passivo almeno in parte diverso (così, già Cass., 22 febbraio 2021, n. 4694). Conclusioni La decisione delle Sezioni unite pone fine al dibattito in ordine alla validità del mutuo solutorio e alla sua idoneità, nella ricorrenza dei presupposti di cui all'art. 474 c.p.c., a costituire titolo esecutivo. La soluzione offerta appare equilibrata in quanto idonea, da un lato, per come evidenziato in motivazione, ad «ordinare gli elementi che caratterizzano la fattispecie secondo la sequenza fatto-norma-effetto» e, dall'altro, a cogliere gli interessi sottesi, nella prassi, alla operazione economica. Da qui l'evidente meritevolezza dell'operazione, giudicata nel suo complesso. Ed infatti, come visto, la traditio non deve essere necessariamente fisica, ma può essere anche soltanto giuridica, con la conseguenza che, al fine della sua realizzazione, l'accredito sul conto corrente del mutuatario realizza di per sé la condizione necessaria e sufficiente. Così, se si ha riguardo al concreto atteggiarsi dell'operazione, proprio la pattuizione che assegna al mutuante l'incarico di utilizzare la somma mutuata per ripianare pregresse perdite consente di affermare che sia stato il mutuatario a disporre (attraverso il conferimento di quell'incarico) delle somme medesime. D'altra parte, come è stato efficacemente affermato in dottrina, la traditio della somma deve essere causalmente distinta rispetto al reimpiego della stessa per ripianare l'esposizione debitoria in essere con il mutuante (Errigo, 2333). L'utilizzo della somma, infatti, non attiene al momento genetico del contratto di mutuo e non ne caratterizza la causa, ma, quale elemento logicamente successivo, si pone nella fase esecutiva di esso. Mentre il contratto di mutuo è da intendersi concluso con il conseguimento della disponibilità giuridica della somma, a prescindere dal successivo conferimento delle somme, la destinazione di quella somma è manifestazione di un differente interesse che sorregge un atto ulteriore, autonomo sia pure collegato al primo (Errigo, ivi). Sempre in giurisprudenza, poi, sotto altro profilo, è stato fatto notare che sostenere che il mutuo solutorio esuli dalla «natura tipologica» del contratto di mutuo, riducendosi ad una «partita contabile», è affermazione che prova troppo: in epoca di moneta elettronica, infatti, qualsiasi solutio si riduce ad una "partita contabile", come ad es., il pagamento eseguito con carta di credito, carta di debito, carta revolving o PayPal. Inoltre, se è certamente vero che il mutuo solutorio risponde ad uno specifico interesse dell'istituto di credito mutuante, è anche vero che esso comporta dei vantaggi anche per il mutuatario, il quale, con la nuova concessione di credito potrà ripianare (almeno in parte) i propri debiti pregressi, evitando la segnalazione alla Centrale rischi ed il rientro dalle linee di affidamento da altre banche, riducendo così il rischio di ritrovarsi in uno stato di insolvenza ormai irreversibile (Nanna, 195). Peraltro, sotto altro profilo (pur non specificatamente affrontato in motivazione), la decisione appare apprezzabile perché valorizza la libertà negoziale delle parti. Infatti, per come già affermato da Cass., 25 luglio 2022, n. 23149, la tesi del pactum non petendo aveva l'effetto, forse involontario, ma certamente presente, di mortificare la libertà negoziale delle parti, negando loro la facoltà di stipulare accordi di ristrutturazione atipici: la novazione oggettiva o la dilazione del pagamento, infatti, sono istituti previsti dall'ordinamento, cui le parti potrebbero tranquillamente ricorrere. Se non lo fanno, e preferiscono ricorrere ad un mutuo solutorio, tale scelta costituisce un esercizio di libertà negoziale da tutelare, e non da sopprimere. Anche sotto tale ultimo profilo, la decisione in esame si caratterizza per un giusto equilibrio degli interessi in gioco: da una parte lasciando il doveroso spazio all'autonomia privata, dall'altra, reprimendo eventuali abusi non sul versante della validità o della configurabilità del contratto di mutuo, ma attraverso il ricorso agli altri strumenti che l'ordinamento già apporta, quali, ad es., la revocabilità del pagamento ovvero l'inefficacia delle garanzie abusivamente concesse. L'ordinanza interlocutoria (Cass., sez. II, ord. int., 10 luglio 2024, n. 18903) è pubblicata in questo portale, con nota di C. Bernardo, Il c.d. mutuo solutorio davanti alle Sezioni unite, e in Foro it., 2024, I, 9, 2329 con nota di E. Errigo, Disponibilità giuridica delle somme ed efficacia esecutiva nel mutuo solutorio e nel mutuo condizionato. Tra i numerosi scritti in tema di mutuo solutorio, si segnalano: E. Bacciardi, Mutuo solutorio e causa concreta del contratto, in Nuova giur. civ. comm., 2020, 4, 924; L. Balestra, Il mutuo di scopo tra «arricchimento» degli interessi perseguiti e deviazioni dal modello codicistico, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2019, 4, 1133; F. Cappai, La non facile qualificazione delle operazioni di “ripianamento” di debiti pregressi a mezzo di nuovo “credito”, in Banca, borsa, tit. cred., 2021, 6, 817; G.B. Fauceglia, Note sul mutuo di scopo volontario finalizzato alla definizione di precedenti esposizioni bancarie (nota a Corte App. Bari, 11 aprile 2014), in Banca, borsa, tit. cred., 2015, 540; A.A. Dolmetta, Sulle prassi bancarie dei mutui con «dazione» e contestuale «contro dazione» di somme: consegna, distantia temporis e causa concreta, in Banca, borsa, tit. cred., 2024, 5, 693 P.L. FAUSTI, Mutuo, in Scialoja-Branca-Galgano (a cura di), Commentario del codice civile e codici collegati, Bologna, 2024, 425 F. Fiorucci, Ripianamento di debiti pregressi mediante l'erogazione di un nuovo credito ipotecario(nota a Cass., sez. I, 25 gennaio 2021, n. 1517), in questo portale, 2021; T. Mauceri, Mutuo fondiario e violazione di norme imperative, Napoli, 2024; L. Mongiello, La questione della liceità del mutuo solutorio: l'attuale contrasto nella giurisprudenza di legittimità in un percorso evolutivo dalla fine degli anni 90, in Ilcaso.it; C.M. Nanna, Il mutuo solutorio, tra validità dell'operazione contrattuale ed effettività della traditio, in Nuova giur. civ. comm., 2025, 1, 193 S. Pagliantini, Il mutuo fondiario solutorio e l'ambaradan delle categorie civilistiche, in Corr. giur., 2016, 7, 952; R. Pezzella, Mutuo destinato a ripianare un debito pregresso: contratto autonomo o pactum de non petendo ad tempus? (nota a Cass., sez. III, 25 luglio 2022, n. 23149), in Giustiziacivile.com, 2022 M. Renna, Il mutuo di scopo convenzionale: elementi strutturali e funzionali (nota a Cass., 19 ottobre 2017, n. 24699), in Contr., 2018, 4, 415 A. Tina, Brevi osservazioni sulla inefficacia (revocabilità) o nullità del mutuo ipotecario destinato alla estinzione di un preesistente credito chirografario, in Banca, borsa, tit. cred., 2019, 5, 519 |