Valenza probatoria delle fatture prodotte in giudizio

La Redazione
15 Aprile 2025

La ditta individuale Alfa otteneva un decreto ingiuntivo contro Beta srl sulla base di alcune fatture insolute. Beta srl si opponeva e, all'esito dell'opposizione, il Tribunale accoglieva l'opposizione, condannando peraltro Alfa ex art. 96, comma 3 c.p.c., ritenendo che Alfa non avesse provato né l'an né il quantum debeatur e sostenendo che il materiale documentale (fatture) prodotte da Alfa fossero inconferenti, nonostante fossero state regolarmente registrate in contabilità, sia nel mastrino sia nel libro giornale. Alfa appellava la sentenza.

La Corte ha ritenuto fondata la censura circa la mancata valutazione da parte del Tribunale in ordine alla rilevanza, ai fini della dimostrazione dell'esistenza di un accordo, della annotazione nelle scritture contabili delle fatture azionate monitoriamente ed in ordine alla carenza di alcuna contestazione stragiudiziale di tali documenti. La fattura, infatti, non solo ha efficacia probatoria contro l'emittente, che vi indica la prestazione e l'importo del prezzo, ma può costituire piena prova nei confronti di entrambe le parti dell'esistenza di un corrispondente contratto, allorché risulti accettata dal contraente destinatario della prestazione che ne è oggetto (v. Cass. civ., sez. II, 21 ottobre 2019, n. 26801; v. anche Cass. civ., sez. II, 19 luglio 2011, n. 15832; Cass. civ., sez. III, 13 giugno 2006, n. 13651; Cass. civ., sez. VI, 25 gennaio 2022, n. 2211).

Una volta che la fattura è stata portata a conoscenza del destinatario, l'accettazione non richiede formule sacramentali (Cass. civ., sez. II, 11 maggio 2007, n. 10860), potendosi anche esprimere per comportamenti concludenti. In tale contesto, le fatture regolarmente registrate nelle scritture contabili, in base al principio sancito dall'art. 2710 c.c., costituiscono prove ordinarie quando si tratti di rapporti tra imprenditori e colui contro il quale sono dirette non sollevi contestazioni specifiche riguardo alle relative appostazioni ivi specificatamente indicate. Il principio è stato anche recentemente ribadito dalla Suprema Corte (v. Cass. civ., sez. II, 8 febbraio 2024, n. 3581). Dunque, l'annotazione della fattura nelle scritture contabili può costituire idonea prova scritta tra imprenditori dell'esistenza del credito, giacché la relativa annotazione, con richiamo alla fattura da cui nasce, costituisce atto ricognitivo in ordine ad un fatto produttivo di un rapporto giuridico sfavorevole al dichiarante, stante la sua natura confessoria ex art. 2720 c.c. (v. Cass. civ., sez. II, 15 gennaio 2024, n. 1444; Cass. civ., sez. VI, 23 gennaio 2023, n. 1972; Cass. civ., sez. VI, 27 gennaio 2022, n. 2514; Cass. civ., sez. II, 4 gennaio 2022, n. 128).

Facendo applicazione di tali principi, nella fattispecie sono stati prodotti in giudizio i documenti contabili nei quali le fatture in questione sono regolarmente annotate. Non può quindi revocarsi in dubbio che, stante la natura confessoria di tale documentazione contabile, il credito dell'appellante può ritenersi provato sulla base di un accordo fra le parti.

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