Breve riflessione sul Canone Unico Patrimoniale alla luce della recente giurisprudenza
Federico Frignani
22 Aprile 2025
Il settore della pubblicità su strada, comprendente l’installazione di impianti pubblicitari e di arredo urbano, è disciplinato dall’articolo 23 del Codice della Strada. Tale disposizione prevede che la collocazione di impianti pubblicitari sia subordinata all’autorizzazione dell’ente proprietario della strada, distinguendo tra tratti viari interni al centro abitato (competenza comunale) e tratti esterni (competenza dell’ente proprietario della strada, come Province e Città Metropolitane).
Inquadramento
Fino al 2019, l'attività pubblicitaria su suolo pubblico era soggetta a una molteplicità di tributi, tra cui l'Imposta Comunale sulla Pubblicità (ICP), il Canone per l'Occupazione di Spazi e Aree Pubbliche COSAP), la Tassa per l'Occupazione di Spazi ed Aree Pubbliche (TOSAP) e il Canone non ricognitorio. Con la L. 160/2019, il Legislatore ha introdotto il Canone Unico Patrimoniale (CUP), una nuova entrata patrimoniale che ha sostituito i preesistenti prelievi, uniformando il regime impositivo applicabile alle occupazioni di suolo pubblico e alle esposizioni pubblicitarie. Ai sensi del comma 816 della L. 160/2019, il CUP è istituito dai Comuni, dalle Province e dalle Città Metropolitane, limitatamente alle strade di loro pertinenza.
La nozione di pertinenza è delineata nel successivo comma 818, che stabilisce i criteri di attribuzione della competenza impositiva tra gli enti locali, precisando che sono da intendersi di pertinenza dei Comuni i tratti di strade provinciali ricadenti all'interno di centri abitati con popolazione superiore a 10.000 abitanti. La riforma ha perseguito l'obiettivo di razionalizzare il sistema impositivo, eliminando la sovrapposizione di tributi e garantendo una maggiore certezza del diritto per gli operatori economici.
Problematiche applicative e criteri interpretativi
Un nodo interpretativo cruciale riguarda la titolarità dell'entrata patrimoniale nei casi di impianti pubblicitari collocati su tratti di strada non comunali al di fuori dei centri abitati. Il problema nasce dalla diversità di interpretazioni adottate dagli enti locali, in particolare con riferimento al rapporto tra l'elemento pubblicitario e l'occupazione del suolo pubblico.
Un'interpretazione strettamente letterale della norma evidenzia che il CUP, ai sensi dell'articolo 1, comma 816 della L. 160/2019, è istituito "limitatamente alle strade di pertinenza" dell'ente locale. Il successivo comma 818 chiarisce che i tratti di strade provinciali ubicati all'interno dei centri abitati con popolazione superiore a 10.000 abitanti sono di competenza dei Comuni, determinando così il criterio oggettivo di ripartizione della potestà impositiva. Le amministrazioni locali si fanno, invece, portatrici di una interpretazione basata su un presunto criterio storico, promossa da circolari interpretative dell'IFEL (Istituto per la Finanza e l'Economia Locale), secondo cui il canone per l'occupazione del suolo pubblico sarebbe distinto da quello per la diffusione pubblicitaria (la base normativa sarebbe da ricercare nei commi 817 e 819 dell'art. 1 L. 160/2019). Questa ricostruzione prevede che il primo spetti all'ente proprietario della strada, mentre il secondo rimanga sempre di esclusiva competenza del Comune, riproponendo di fatto il sistema previgente della ICP.
L'orientamento giurisprudenziale e l'interpretazione conforme all'art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale
La maggioritaria giurisprudenza di merito ha sino ad oggi sancito l'infondatezza dell'interpretazione storica proposta dai Comuni, rilevandone l'incompatibilità con il principio di interpretazione letterale sancito dall'art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale, secondo cui le norme devono essere interpretate "secondo il significato proprio delle parole secondo la loro connessione e con l'intenzione del legislatore".
Numerose pronunce* hanno affermato che il CUP costituisce un'unica entrata patrimoniale, la cui titolarità spetta esclusivamente all'ente che detiene la competenza sulla strada su cui è installato l'impianto pubblicitario. Questo principio esclude la pretesa dei Comuni di esigere il CUP su impianti pubblicitari collocati su strade provinciali fuori dal centro abitato, confermando la coerenza con la ratio della riforma del 2019.
In tal senso anche la giurisprudenza amministrativa ha confermato che il Canone Unico Patrimoniale introdotto dalla L. 160/2019 si configura come un'entrata patrimoniale autonoma e innovativa rispetto ai tributi precedentemente in vigore, come l'ICP e il COSAP. Il TAR Veneto (sent. n. 947 dell'8.5.2024), il TAR Lombardia – Milano (sent. n. 1850 del 17.7.2023) e il TAR Lombardia – Brescia (sent. n. 576 del 10.7.2023) hanno affermato che il nuovo canone non si limita a riprodurre la struttura normativa degli istituti abrogati, ma ne supera la logica e i presupposti, introducendo un sistema unitario fondato su criteri nuovi e autonomi.
Tali decisioni sottolineano come la potestà regolatoria dei Comuni debba essere esercitata nei limiti individuati dai commi 816 e 818 della L. 160/2019, che identificano la titolarità dell'entrata sulla base della pertinenza della strada, escludendo qualsiasi automatismo in favore del Comune derivante dalla sola presenza dell'elemento pubblicitario. In coerenza con il principio di legalità e con l'art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale, le sentenze richiamate escludono la possibilità di ricostruire il nuovo canone in continuità con la disciplina previgente, chiarendo che si tratta di una fattispecie impositiva del tutto rinnovata.
* Tra cui Corte d'Appello di Trieste, sent. n. 21 del 4.2.2025; Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado per il Veneto, sentenza n. 55 del 31.1.2025; Tribunale di Treviso, sentenza n. 426 del 24.03.2025; Tribunale di Udine, sentenza n. 1702 del 17.3.2025; Tribunale di Udine, sentenza n. 664 del 11.6.2024; Tribunale di Como, sentenza n. 167 del 6.3.2025; Tribunale di Vercelli, sentenza n. 73 del 21.3.2025; Tribunale di Vercelli, sentenza n. 1055 del 17.5.2024; Tribunale di Parma, sentenza n. 282 del 4.3.2025; Tribunale di Biella, sentenza n. 10 del 14.1.2025; Tribunale di Biella, sentenza n. 11 del 14.1.2025; Tribunale di Macerata, sentenza n. 1040 del 13.12.2024; Tribunale di Teramo, sentenza n. 238 del 1.3.2025; Tribunale di Bologna, sentenza n. 2853 del 29.10.2024; Tribunale di Pavia, sentenza n. 36 del 10.1.2025; Tribunale di Pavia, sentenza n. 921 del 30.5.2024; Tribunale di Pavia, sentenza n. 1552/2024 del 29.11.2024; Tribunale di Pavia, sentenza n. 1553/2024 del 29.11.2024; Tribunale di Pavia, sentenza n. 1561/2024 del 30.11.2024; Tribunale di Padova, sentenza n. 1880/2024 del 2.12.2024; Tribunale di Padova, sentenza n. 2074/2023 del 25.10.2023.
Confutazione delle basi giuridiche dell'interpretazione storica sostenuta dai Comuni
L'interpretazione storica promossa da alcuni Comuni, secondo cui il canone relativo alla diffusione pubblicitaria continuerebbe a spettare esclusivamente all'ente comunale anche su strade non comunali fuori dal centro abitato, si fonda su un errato richiamo dei commi 817 e 819 della L. 160/2019. La giurisprudenza di merito sopra richiamata ha definitivamente sottolineato che il comma 817 riguarda unicamente la possibilità per gli enti locali di garantire l'invarianza del gettito attraverso l'adattamento delle tariffe.
Esso non disciplina né direttamente né indirettamente la titolarità dell'entrata patrimoniale, che è invece oggetto esclusivo dei commi 816 e 818. Pertanto, fondare su tale disposizione una presunta esclusiva comunale sull'elemento pubblicitario significa travisare la ratio e la portata normativa della disposizione stessa, come sottolineato dalla giurisprudenza di merito. Nei medesimi termini, il comma 819 individua solo i presupposti oggettivi del canone, ossia l'attività economicamente rilevante (occupazione del suolo e diffusione di messaggi pubblicitari).
Non vi è in esso alcuna indicazione sulla titolarità dell'entrata, né alcun richiamo esclusivo ai Comuni. Al contrario, il riferimento è agli "enti", con ciò intendendosi Comuni, Province e Città Metropolitane secondo quanto già definito nel comma 816. L'argomento secondo cui l'indicazione del presupposto pubblicitario nel comma 819 implicherebbe automaticamente la competenza comunale rievoca, in modo infondato, la disciplina previgente dell'ICP, ormai abrogata.
La giurisprudenza ha ritenuto tali letture non conformi ai criteri ermeneutici di cui all'art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale, evidenziando che una corretta interpretazione sistematica e letterale della L. 160/2019 porta a escludere la configurabilità di un canone “bicefalo”.
In conclusione
In conclusione, la titolarità del canone è unica ed è determinata esclusivamente sulla base del criterio della pertinenza della strada, come stabilito dal combinato disposto dei commi 816 e 818. Sui tratti di strada non comunale, fuori dal centro abitato, i comuni non hanno alcuna potestà Amministrativa a istituire e chiedere il pagamento del Canone Unico Patrimoniale.
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Sommario
L'orientamento giurisprudenziale e l'interpretazione conforme all'art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale
Confutazione delle basi giuridiche dell'interpretazione storica sostenuta dai Comuni