Come è noto, la vendita forzata soggiace a regole diverse rispetto alla vendita volontaria di diritto privato; ciò è tanto evidente quando si passa ad esaminare la disciplina relativa alla garanzia per vizi.
Allo scopo di garantire la stabilità dei risultati del procedimento d'espropriazione forzata, il legislatore del 1942 ha infatti introdotto alcune disposizioni, dall'evidente carattere sostanziale, che non consentono all'aggiudicatario di avvalersi delle regole del codice civile a tutela dell'acquirente nella compravendita di diritto comune. Ai sensi dell'art. 2922 c.c., va escluso che l'aggiudicatario possa:
- invocare la garanzia per i vizi della cosa, riconosciuta invece al compratore dall'art. 1490 c.c.;
- impugnare l'acquisto per cause di lesione in deroga a quanto dispone l'art. 1448 c.c. a tutela dell'acquirente che chieda la rescissione del negozio.
Allo stesso modo va escluso che l'acquirente del bene espropriato possa agire per la risoluzione del contratto, per la riduzione del prezzo d'acquisto, ovvero per il risarcimento del danno.
Il dettato assai scarno dell'art. 2922 c.c. ha tuttavia determinato il sorgere del dubbio relativo alla possibilità per l'aggiudicatario di poter invocare la garanzia per mancanza di qualità del bene o quella per vendita di aliud pro alio, così dandosi vita a notevoli incertezze interpretative.
Per parte della dottrina, non troverebbe applicazione nella vendita forzata la garanzia per mancanza di qualità del bene o per vendita di aliud pro alio (così ad esempio Bonsignori, Effetti della vendita e dell'assegnazione, Milano, 1988, 128 ss.; Bigliazzi Geri – Busnelli – Ferrucci, Della tutela giurisdizionale dei diritti, in Commentario al codice civile, Torino 1980, IV, 4, 319); altro indirizzo, invece, esclude che l'aggiudicatario non possa invocare l'ipotesi di mancanza di qualità della cosa, in quanto le specifiche caratteristiche del bene risulterebbero in realtà determinanti nella formazione del consenso dell'aggiudicatario, dando luogo ad un vizio talmente grave da legittimare un'azione per l'annullamento della vendita (Comoglio-Ferri-Taruffo, Lezioni sul processo civile, II, Bologna, 2006, 784 ss.).
Si pone diversamente la giurisprudenza, la quale da tempo afferma che l'esclusione della garanzia per vizi della cosa, di cui all'art. 2922 c.c., riguarda le fattispecie prefigurate dagli artt. da 1490 a 1497 c.c. (vizi e mancanza di qualità della cosa), ma non riguarda l'ipotesi di consegna di aliud pro alio, la quale «è configurabile sia quando la cosa appartenga ad un genere del tutto diverso da quello indicato nella ordinanza di vendita, ovvero manchi delle particolari qualità necessarie per assolvere alla sua naturale funzione economico-sociale, sia quando risulti del tutto compromessa la destinazione della cosa all'uso che, preso in considerazione nell'ordinanza di vendita, abbia costituito elemento determinante per l'offerta di acquisto» (Cass. civ., sez. III, 24 gennaio 2023, n. 2064; Cass. civ., sez. VI, 12 luglio 2016, n. 14165, la quale osserva che tale peculiare regime si giustifica «in ragione delle peculiarità della vendita forzata che, partecipando alla natura pubblicistica del procedimento, realizza congiuntamente l'interesse pubblico, connesso ad ogni processo giurisdizionale, e quello privato, dei creditori concorrenti e dell'aggiudicatario, sicché il loro contemperamento, in sede di regolamentazione degli effetti di tale atto, è frutto di una legittima scelta del legislatore»).
Pertanto, è stato ritenuto integrare un caso di aliud pro alio l'ipotesi in cui uno degli immobili facenti parte del compendio aggiudicato a seguito di procedura esecutiva immobiliare presenti abusi insanabili che ne rendano necessaria l'integrale demolizione qualora la circostanza non sia ben evidenziata nella relazione di stima (Trib. Pavia, 6 novembre 2018, n. 1733).
La differenza strutturale tra la vendita forzata e quella negoziale tuttavia impedisce l'accoglimento di una nozione lata di aliud pro alio, che si configura solo «solo in caso di radicale diversità del bene oggetto di vendita forzata ovvero se ontologicamente diverso da quello sul quale è incolpevolmente caduta l'offerta dell'aggiudicatario, oppure perché, in una prospettiva funzionale, dopo il trasferimento risulti definitivamente inidoneo all'assolvimento della destinazione d'uso che, presa in considerazione nell'ordinanza di vendita, ha costituito elemento determinante per l'offerta dell'aggiudicatario» (Cass. civ., sez. III, 29 gennaio 2016, n. 1669).
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