Febbraio 2025: competenza sulla revocatoria dell’atto di scissione, responsabilità dei soci per debiti tributari di società estinta, conflitto di interessi

La Redazione
10 Marzo 2025

Nel mese di Febbraio la Cassazione si è pronunciata sulla competenza dell'azione revocatoria di un atto di scissione, sull'incompatibilità tra la qualità di lavoratore dipendente di una società di capitali e la carica di presidente del consiglio d amministratore, sui limiti alla responsabilità dei soci per i debiti tributari della società estinta, sugli interessi in conflitto degli amministratori di società, sull'intermediazione finanziaria e responsabilità dell'intermediario e della Banca.

In sede penale, la Cassazione ha affrontato fattispecie relative alla bancarotta impropria da reato societario, ai vantaggi compensativi nei gruppi di società, alle operazioni dolose.

Il lavoratore dipendente di una società di capitali non può essere presidente del c.d.a.

Cass. Civ. – Sez. Trib. – 28 febbraio 2025, n. 5318

In tema di imposte sui redditi, sussiste l'assoluta incompatibilità tra la qualità di lavoratore dipendente di una società di capitali e la carica di presidenza del consiglio di amministrazione o di amministratore unico della stessa, in quanto il cumulo nella stessa persona dei poteri di rappresentanza dell'ente sociale, di direzione, di controllo e di disciplina rende impossibile quella diversificazione delle parti del rapporto di lavoro e delle relative distinte attribuzioni che è necessaria perché sia riscontrabile l'essenziale ed indefettibile elemento della subordinazione, con conseguente indeducibilità dal reddito della società del relativo costo da lavoro dipendente. La compatibilità della qualità di socio amministratore, membro del consiglio di amministrazione di una società di capitali, con quella di lavoratore dipendente della stessa società, ai fini della deducibilità del relativo costo dal reddito di impresa, non deve essere verificata solo in via formale, con riferimento esclusivo allo statuto e alle delibere societarie, occorrendo invece accertare in concreto la sussistenza o meno del vincolo di subordinazione gerarchica, del potere direttivo e di quello disciplinare e, in particolare, lo svolgimento di mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale rivestita.

Falso in bilancio, aggravamento del dissesto e bancarotta impropria

Cass. Pen. – Sez. V – (9 gennaio) 26 febbraio 2025, n. 7816

Integra il reato da bancarotta impropria da reato societario la condotta dell'amministratore che espone nel bilancio dati non veri al fine di occultare l'esistenza di perdite e consentire quindi la prosecuzione dell'attività di impresa in assenza di interventi ricapitalizzazione o di liquidazione, con conseguente accumulo di perdite ulteriori, poiché l'evento tipico di questa fattispecie delittuosa comprende non solo la produzione, ma anche il semplice aggravamento del dissesto.

La competenza sull'azione revocatoria dell'atto di scissione, tra Sezione Specializzata e fallimentare

Cass. Civ. – Sez. Unite – 26 febbraio 2025, n. 5089

L'azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. dell'atto di scissione societaria, diretta alla declaratoria di inopponibilità del negozio al creditore, è devoluta alla competenza della sezione specializzata in materia di impresa, poiché, pur non introducendo una controversia relativa a rapporti tra società, soci e organi sociali, e pur non risultando diretta ad incidere, come l'opposizione ex artt. artt. 2506-ter, 2503 e 2503-bis c.c., sulla scissione, privandola di efficacia erga omnes, investe un tipico atto dell'organizzazione societaria, che, in quanto produttivo di un pregiudizio per la garanzia patrimoniale del creditore e in quanto posto in essere in presenza delle condizioni soggettive previste alternativamente dal comma 1, nn. 1 e 2, del cit. art. 2901 c.c., entra a far parte della causa petendi dell'azione proposta, qualificando il corrispondente giudizio come relativo a un rapporto societario.

L'azione revocatoria ex art. 66 L.Fall. dell'atto di scissione societaria è devoluta alla competenza del Tribunale fallimentare, la quale prevale su quella del Tribunale delle imprese.

Vantaggi compensativi: configurabile il gruppo di imprese anche tra società e associazioni senza scopo di lucro

Cass. Pen. – Sez. I – (30 gennaio) 25 febbraio 2025, n. 7530

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale è configurabile un "gruppo di imprese" - rilevante ai fini della ipotizzabilità di eventuali "vantaggi compensativi" - anche tra enti che abbiano differente natura giuridica (società ed associazioni senza fini di lucro), purché tra loro si instauri un rapporto di direzione nonché di coordinamento e controllo delle rispettive attività facente capo al soggetto giuridico controllante.

La configurazione del conflitto di interessi degli amministratori

Cass. Civ. – Sez. I – 24 febbraio 2025, n. 4882

In tema di interessi degli amministratori, ex art. 2475-ter c.c., per rilevare il conflitto di interessi nel rilascio di una fideiussione da parte di una società a favore del finanziamento di altra società amministrata dallo stesso soggetto, non basta che tutti i soci della prima  siano anche soci della seconda, con una partecipazione complessivamente tale da garantirne il controllo, ma occorre anche dimostrare che le due società perseguano progetti imprenditoriali di tipo unitario o quantomeno coordinato, perché solo in quel caso il buon andamento della società garantita si riverbera necessariamente a vantaggio della garante. L'eventuale identità dell'assetto proprietario delle società coinvolte non è sufficiente ad escludere il conflitto di interessi; l'accertamento della unitarietà o coordinamento del progetto imprenditoriale passa anche attraverso l'esame dei rispettivi oggetti sociali.

Bancarotta: la sistematica omissione del pagamento di tasse e contributi rientra nelle operazioni dolose

Cass. Pen. – Sez. V – (20 novembre 2024) 22 febbraio 2025, n. 7261

Le operazioni dolose di cui all'art 223, comma secondo, n. 2, l.fall., attengono alla commissione di abusi di gestione o di infedeltà ai doveri imposti dalla legge all'organo amministrativo nell'esercizio della carica ricoperta, ovvero ad atti intrinsecamente pericolosi per la "salute" economico-finanziaria della impresa, e postulano una modalità di pregiudizio patrimoniale discendente non già direttamente dall'azione dannosa del soggetto attivo (distrazione, dissipazione, occultamento, distruzione), bensì da un fatto di maggiore complessità strutturale riscontrabile in qualsiasi iniziativa societaria implicante un procedimento o, comunque, una pluralità di atti coordinati all'esito divisato, come, ad esempio, il mancato versamento dei contributi previdenziali con carattere di sistematicità.

La qualità di socio (anche dell'accomandante) permane fino alla completa estinzione della società

Cass. Civ. – Sez. Trib. – 21 febbraio 2025, n. 4615

La scadenza del termine indicato nell'atto costitutivo di una società di persone determina lo scioglimento della società, ma non la sua estinzione automatica: l'estinzione della società si verifica solo al termine del processo di liquidazione, con la cancellazione dal Registro delle Imprese, che ha effetti costitutivi in sostanza. Fino a quel momento, la società continua a esistere come soggetto giuridico, seppur con limitazioni finalizzate alla liquidazione, e i soci (accomandanti compresi) mantengono la loro qualità.

Responsabilità limitata dei soci per i debiti tributari della società estinta

Cass. Civ. – Sez. Unite- 12 febbraio 2025, n. 3625

Nella fattispecie di responsabilità dei soci limitatamente responsabili per il debito tributario della società estintasi per cancellazione dal registro delle imprese, il presupposto dell'avvenuta riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione, di cui al 3° (già 2°) co. dell'art. 2495 c.c.., integra, oltre alla misura massima dell'esposizione debitoria personale dei soci, una condizione dell'azione attinente all'interesse ad agire e non alla legittimazione ad causam dei soci stessi. Questo presupposto, se contestato, deve essere provato dal Fisco che faccia valere, con la notificazione ai soci ex artt. 36 comma 5 d.p.r. n. 602/1973 e 60 d.p.r. n. 600/1973 di apposito avviso di accertamento, la responsabilità in questione, fermo restando che l'interesse ad agire dell'Amministrazione finanziaria non è escluso per il solo fatto della mancata riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione, potendo tale interesse radicarsi in altre evenienze, quali la sussistenza di beni e diritti che, per quanto non ricompresi in questo bilancio, si siano trasferiti ai soci, ovvero l'escussione di garanzie. La verifica del presupposto dell'avvenuta riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione, concernendo un elemento che deve essere dedotto nella fase di accertamento da indirizzarsi direttamente nei confronti dei soci ex art. 36 co. 5° D.P.R. n. 602/73, non può avere ingresso nel giudizio di impugnazione introdotto dalla società avverso l'avviso di accertamento ad essa originariamente notificato, quand'anche questo giudizio venga poi proseguito, a causa dell'estinzione della società per cancellazione dal registro delle imprese, da o nei confronti dei soci quali successori della società stessa.

Limiti alla responsabilità solidale della banca per gli illeciti dell'intermediario

Cass. Civ. – Sez. I – 10 febbraio 2025, n. 3425

Il nesso di "occasionalità necessaria" tra l'illecito commesso dal preposto (nella fattispecie, consulente finanziario) e le mansioni o incombenze a lui affidate dal preponente (nella fattispecie, intermediario finanziario), su cui si fonda la responsabilità solidale del secondo per i danni provocati dal primo, si ha quando l'esercizio delle mansioni abbia reso possibile, o comunque agevolato, il comportamento produttivo del danno, anche se tale comportamento si sia posto in modo autonomo nell'ambito dell'incarico o abbia addirittura ecceduto dai limiti di esso, finanche trasgredendo gli ordini ricevuti, ma dovendosi pur sempre accertare che il preposto abbia perseguito finalità coerenti con quelle in vista delle quali le mansioni gli furono affidate e non finalità proprie, alle quali il committente non sia neppure mediatamente interessato o compartecipe.

L'investitore deve provare l'inadempimento degli obblighi informativi dell'intermediario

Cass. Civ. – Sez. I – 4 febbraio 2025, n. 2730

In tema di intermediazione finanziaria, grava sull'intermediario la prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta e, dunque, la dimostrazione di avere correttamente informato i clienti, con particolare riferimento alla natura dell'investimento ed indipendentemente da ogni valutazione di adeguatezza dell'investimento, ma l'investitore che lamenti la violazione degli obblighi informativi posti a carico dell'intermediario è tenuto ad allegare specificamente l'inadempimento di tali obblighi, mediante la pur sintetica ma circostanziata individuazione delle informazioni che l'intermediario avrebbe omesso di somministrare.

Ancora sulla presunzione di attribuzione ai soci degli utili extracontabili nelle società a ristretta base

Cass. Civ. – Sez. Trib. – 2 febbraio 2025, n. 2464

In materia di imposte sui redditi, nell'ipotesi di società di capitali a ristretta base sociale, è ammessa la presunzione di attribuzione ai soci degli utili extracontabili, che non si pone in contrasto con il divieto di presunzione di secondo grado, in quanto il fatto noto non è dato dalla sussistenza di maggiori redditi accertati induttivamente nei confronti della società, bensì dalla ristrettezza dell'assetto societario, che implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale, con la conseguenza che, una volta ritenuta operante detta presunzione, spetta poi al contribuente fornire la prova contraria.

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di società di capitali a ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova contraria del fatto che i maggiori redditi non sono stati distribuiti, ma accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti.

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