Rapporto tra la consumazione del potere processuale e l'intervenuta procedibilità della domanda giudiziale

14 Febbraio 2025

Il Tribunale di Roma chiarisce due importanti principi in ambito processuale: la consumazione del potere processuale della parte allo spirare del termine (per cui il convenuto non può depositare una seconda comparsa di costituzione) e la sospensione del processo durante la mediazione obbligatoria, che fa salvi tutti gli atti compiuti e le decadenze maturate prima dell'avvio di tale procedura

Massima

È inammissibile il deposito di una seconda comparsa essendosi già consumato il potere processuale con l'avvenuto deposito di una prima comparsa di costituzione. Alcuna riedizione del potere processuale della parte si determina per effetto della intervenuta procedibilità della domanda giudiziale in corso di causa, in conseguenza dell'espletamento del tentativo di mediazione obbligatoria. Rimangono pertanto ferme le decadenze e preclusioni già maturate.

La fattispecie

Con ricorso ex art. 447-bis c.p.c. il locatore di un immobile conveniva il giudizio il locatario per far accertare e dichiarare la cessazione del contratto di locazione agevolata, con ordine di rilascio dell'immobile e condanna del convenuto al pagamento di un'indennità per l'occupazione senza titolo per intervenuta risoluzione consensuale.

Il ricorrente deduceva che il contratto aveva durata di 3 anni prorogabili, in mancanza di rinnovo, per ulteriori 2 anni. Nel corso della locazione il locatario ometteva il pagamento dei canoni di locazione e delle quote condominiali e, alla scadenza del primo triennio, comunicava al locatore la disdetta del contratto che veniva accettata dal locatore con la sottoscrizione di un atto con il quale le parti dichiaravano risolto il rapporto e con cui il locatario si dichiarava disposto a rilasciare l'immobile in tempi brevi.

Non avvenendo tale rilascio il locatore conveniva in giudizio il locatario. Veniva quindi fissata udienza di prima comparizione per la quale la parte resistente si costituiva tardivamente, lamentando esclusivamente l'improcedibilità del giudizio per l'omesso esperimento del tentativo di mediazione ai sensi del d.lgs n. 28/2010 che veniva, quindi, disposto. Prima della nuova udienza la parte resistente depositava una ulteriore “Comparsa di costituzione e risposta con domanda riconvenzionale e querela di falso”. Impugnava quanto dedotto dalla controparte riservandosi di presentare querela di falso al fine di accertare la falsità dell'atto di risoluzione consensuale, adducendo che tale documento fosse stato compilato successivamente e contro la sua volontà dopo che la stessa ricorrente aveva apposto la sua firma su dei fogli bianchi all'atto della stipula della locazione. Il tutto su richiesta del locatore. Pertanto, non era intervenuta alcuna risoluzione consensuale e il contratto stipulato era da ritenersi pienamente valido ed efficacie.

Il giudice si è pronunciato ritenendo inammissibile sia la seconda comparsa di costituzione che la querela di falso.

 La questione affrontata

La decisione in commento affronta due questioni tra loro collegate.

Una più generale, relativa al concetto di potere processuale delle parti e sua consumazione, anche in relazione a determinati termini e decadenze previsti dalla legge.

Nel caso specifico il giudice è stato chiamato ad esprimersi sulla possibilità di depositare una seconda comparsa di costituzione (art. 416 c.p.c.) in un rito locatizio (art. 447-bis c.p.c.).

La seconda, indotta dalla pretesa di parte convenuta di depositare una seconda comparsa di costituzione sul presupposto che alcuna decadenza si sarebbe verificata ex art. 416 c.p.c.  essendo il giudizio divenuto proseguibile esclusivamente a seguito dell'esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria.

 La soluzione proposta

Nel caso oggetto della sentenza il giudice parte dalla ratio e caratteristiche del rito locatizio (art. 447-bis c.p.c.), che condivide con quello lavoristico, di cui richiama pressoché integralmente la disciplina, i caratteri della celerità e concentrazione e , proprio tenuto conto delle specifiche esigenze del rito utilizzato, ha concluso in termini di inammissibilità del deposito di una seconda comparsa di costituzione e risposta, considerando ormai avvenuta una irreversibile consumazione del potere processuale.

L'art. 416 c.p.c. prevede, infatti, esplicitamente al comma 3 che, nella comparsa di costituzione «il convenuto deve prendere posizione, in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione, circa i fatti affermati dall'attore a fondamento della domanda, proporre tutte le sue difese in fatto e in diritto ed indicare specificamente, a pena di decadenza, i mezzi di prova dei quali intende avvalersi ed in particolare i documenti che deve contestualmente depositare». Tale disposizione mira a cristallizzare quindi l'oggetto del giudizio e le relative difese e contestazioni mosse dalle parti di modo da velocizzare e agevolare l'individuazione del thema decidendum e del thema probandum e conseguentemente la conclusione del giudizio.

Il giudicante ha pure ritenuto non condivisibile la tesi del convenuto in ordine alla possibilità di depositare una seconda comparsa di costituzione sul presupposto della intervenuta, per così dire, riedizione del potere processuale, sul presupposto che il giudizio sarebbe divenuto proseguibile esclusivamente a seguito dell'esperimento (con esito negativo) del tentativo di mediazione.

La sentenza in questione ha quindi abbracciato l'importante principio sancito dalla sentenza della Cass. civ., sez. II, 13 aprile 2017, n 9557, relativo al rapporto tra procedibilità e preclusioni processuali già maturate. Infatti, le attività processuali svolte prima della mediazione sono valide ed efficaci e, dunque, le eventuali preclusioni già maturate restano ferme nel corso del successivo svolgimento del giudizio. Secondo la Corte, partendo da una analisi testuale di quanto sancito all'art 5, comma 2, d.lgs. n. 28/2010: «Se il legislatore avesse inteso stabilire l'inefficacia delle attività processuali svolte in mancanza del previo procedimento di mediazione sarebbe stata prevista la semplice dichiarazione di improcedibilità della domanda e la chiusura del giudizio instaurato senza previo ricorso al tentativo di mediazione, con la necessità di instaurarne uno nuovo, ovvero la rinnovazione degli atti processuali già espletati. È invece prevista la rilevabilità del difetto della condizione di procedibilità, solo su eccezione di parte o su rilievo di ufficio del giudice non oltre la prima udienza, a pena di decadenza, con il limitato effetto di provocare un mero rinvio della successiva udienza a data posteriore allo svolgimento del procedimento» (Cass. civ., sez. III, 13 aprile 2017, n. 9557).

La sentenza in commento offre lo spunto per esaminare, da una prospettiva diversa, questioni non nuove.

Nel corso degli anni la giurisprudenza si è più volte espressa relativamente al “fenomeno” della consumazione dei poteri processuali. Quanto alle impugnazioni il principio risulta sancito espressamente dagli artt. 358 e 387 c.p.c., secondo i quali la dichiarazione giudiziale di inammissibilità o di improcedibilità, tanto dell'appello quanto del ricorso per Cassazione, esclude la possibilità di reiterare il gravame irritualmente proposto, sebbene non ne siano ancora decorsi i termini (PICOZZI).

Più volte è stato, infatti, ribadito come «nell'ordinamento processuale civile vige il principio generale della consumazione del potere di impugnazione, per effetto del quale, la parte che abbia esercitato tale potere esaurisce la facoltà di critica della decisione che lo pregiudica, senza poter proporre una successiva impugnazione, salvo che la prima impugnazione sia invalida, non sia stata ancora dichiarata inammissibile od improcedibile e venga rispettato il termine di decadenza previsto dalla legge» (CAPRIO). Quindi «ove la stessa parte abbia proposto due ricorsi avverso la medesima decisione […], è ammesso l'esame del solo ricorso notificato per primo» (Cass. civ., sez. I, 11 novembre 2020, n. 25437), proprio per l'effetto della intervenuta consumazione del potere processuale.

Peraltro, è stato precisato che, il potere processuale è da riconoscersi in capo alla parte e non al suo difensore. Pertanto, infatti, è inammissibile la proposizione, da parte dello stesso soggetto, di un secondo ricorso anche nel caso in cui questo sia «del tutto autonomo rispetto al precedente, e dal quale possa evincersi la possibilità della parte di sostituire il nuovo difensore al precedente o di nominarne un altro in aggiunta» (Cass. civ., sez. V, 14 marzo 2019, n. 7233). Infatti «Il potere di compiere l'atto difensivo va infatti riferito al diritto della parte di difendersi e di contraddire nel giudizio, che, esercitatile a mezzo della difensore, è e rimane unico a prescindere dalla circostanza che essa sia assistita da più avvocati. Ne deriva che l'avvenuto deposito della comparsa conclusionale da parte di uno dei difensori consuma il diritto della parte di compiere la relativa attività difensiva, che non può pertanto essere duplicata dall'altro avvocato» (Cass. civ., sez. II, 30 novembre 2012, n. 21472).

Ci si è quindi interrogati se tale principio di consumazione del potere processuale sia estendibile anche ad altri atti ed ipotesi, tra le quali, come nel caso della sentenza in esame, la possibilità di depositare una seconda comparsa di costituzione e risposta, dopo averne già depositata una prima.

Argomentando dagli artt. 358 e 387 c.p.c., si ricava che la potenziale inammissibilità e/o improcedibilità dell'impugnazione non ostacola la riproposizione del gravame, a condizione ovviamente che siano ancora aperti i relativi termini. Anche relativamente al rito ordinario è stato ribadito come «il deposito di una seconda comparsa di risposta è ammissibile, purché esso sia avvenuto nel rispetto del termine di cui all'art. 167 c.p.c.» (Cass. civ., sez. II, 2 settembre 2022, n. 25934).

La duplicazione di un atto non comporta, quindi, necessariamente e automaticamente l'inammissibilità dell'atto duplicato occorrendo, piuttosto, verificare se la parte abbia ormai consumato il proprio potere processuale, tenendo conto del rito utilizzato nonché delle specifiche esigenze dell'atto duplicato: questa l'argomentazione sottesa al decisum in commento, coerente, ci sembra con le peculiarità imposte dal rito praticabile nelle controversie locatizie (e lavoristiche).

In tema di mediazione, poi, il Tribunale di Roma fa applicazione di un principio cardine del nostro ordinamento in tema di metodi alternativi di risoluzione delle controversie – peraltro l'unico che consenta di ritenere l'accesso alla Giustizia non precluso e, quindi, il d.lgs. n. 28/2010 rispettoso dei principi costituzionali - ovvero che la mediazione c.d. obbligatoria costituisce condizione di procedibilità e non di proponibilità della domanda giudiziale.

Sulla distinzione tra i citati due concetti il Tribunale capitolino ha escluso la possibilità di depositare una seconda comparsa di costituzione una volta che la procedura di mediazione, introdotta in corso di giudizio, sia esitata negativamente.

Infatti, il rapporto tra processo e mediazione è disciplinato dall'art. 5, comma 1, d.lgs. n. 28/2010, che prevede i casi in cui la detta costituisce obbligatoria condizione di procedibilità.

Il comma 2 dello stesso articolo sancisce invece esplicitamente che «Nelle controversie di cui al comma 1 l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L'improcedibilità è eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice non oltre la prima udienza. Il giudice, quando rileva che la mediazione non è stata esperita o è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6. A tale udienza, il giudice accerta se la condizione di procedibilità è stata soddisfatta e, in mancanza, dichiara l'improcedibilità della domanda giudiziale». Secondo quando ribadito e confermato da numerosa e autorevole giurisprudenza, il ricorso agli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie rientra nelle condizioni di procedibilità, e non in quelle di proponibilità del giudizio, dovendo il giudice operare un semplice rinvio alla successiva udienza, determinandosi, quindi «un semplice differimento delle attività da svolgersi nel giudizio già pendente, ma non la nullità di quelle sino a quel momento svolte, e restando pertanto ferme le decadenze già verificatesi» (Cass. civ., sez. III, 13 aprile 2017, n. 9557).

I concetti di improponibilità e improcedibilità vanno, infatti, necessariamente distinti costituendo vizi differenti del procedimento, con soluzioni e effetti differenti, in quanto rappresentano «un vizio insanabile, rilevabile in ogni stato e grado del processo, tale da costituire una soluzione drastica, in considerazione degli interessi sostanziali in gioco, nel caso dell'improponibilità; un arresto momentaneo del giudizio, rilevabile dalle parti e anche dal giudice ma non oltre la prima udienza, nel caso della improcedibilità ed atto a non precludere lo svolgimento del giudizio» (Cass. civ., sez. un., 28 aprile 2020, n. 8241).

Nei casi in cui non venga previamente (cioè prima della introduzione del giudizio) esperita la procedura di mediazione o di negoziazione assistita, il giudice dovrà assegnare un termine per l'avvio e/o il completamento della procedura e rinviare la causa alla successiva udienza, rimanendo ferme le eventuali decadenze e preclusioni già verificatesi. Il giudizio, pertanto, rimarrà pendente ed efficace, mentre l'attività processuale subirà solo un differimento in attesa che si concluda, come nel caso all'esame del Tribunale, laprocedura di mediazione (METAFORA), non verificandosi al contrario alcuna regressione del processo e rimanendo, quindi, salvi i poteri processuali già esercitati e irreversibili le decadenze già maturate.

Il problema dell'improcedibilità e del suo effetto sulle preclusioni processuali già maturate si inserisce, infatti, nel più ampio dibattito relativo alla c.d. giurisdizione condizionata e alla sua costituzionalità e compatibilità con l'art. 24 Cost. e il diritto di difesa.

Giurisprudenza e dottrina hanno affermato la costituzionalità della giurisdizione condizionata, e quindi della possibilità di prevedere l'obbligo di ricorrere in via preliminare e obbligatoria agli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie sulla base del rispetto di tre importanti limiti:

  • la giustificazione del filtro nel contenimento del contenzioso;
  • la ragionevole durata della procedura;
  • la previsione del mantenimento degli effetti della domanda giudiziale eventualmente proposta.

Proprio in virtù di questi limiti, nelle more del completamento della procedura di mediazione, si realizza una mera sospensione del giudizio e non una sua regressione. Devono quindi necessariamente considerarsi validi tutti gli atti compiuti, le preclusioni e le decadenze, già maturate e nelle quali le parti sono incorse, alla luce del principio, sancito dalla dottrina, secondo cui l'udienza fissata con il provvedimento che accerta l'improcedibilità (temporanea) va considerata come la prima udienza effettiva della causa (RICCI), anche «in relazione alle preclusioni […] che la disciplina del rito concretamente ricolleghi alla prima udienza di trattazione» (BALENA).

Riferimenti

  • AMODIO G., Profili sostanziali e processuali delle memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c., Focus in IUS processo civile, 19 febbraio 2020;
  • BALENA G., Mediazione obbligatoria e processo, pg 353;
  • CAPORUSSO, La consumazione del potere d'impugnazione, Napoli, 2011;
  • CAPRIO S., Il ricorso notificato per primo, purché validamente proposto, prevale rispetto al successivo inammissibile, in IUS Processo Civile, fasc., 15 marzo 2021, nota a Cassazione civile, 11 novembre 2020, n.25437, sez. I;
  • CERINO, CANOVA, CONSOLO, Inammissibilità e improcedibilità: I) Diritto processuale civile, in EGT, Roma, 1993;
  • LANNI P., Preclusioni istruttorie: thema probandum, produzioni e poteri del giudice, 18 marzo 2004;
  • MATTEINI CHIARI S. e M.E., Consumazione dell'impugnazione, Bussola in IUS Processo civile, 7 novembre 2018;
  • METAFORA R., Improcedibilità, Bussola in IUS Processo civile, 27 maggio 2019;
  • NARDONE R., Mediazione obbligatoria e processo, Bussola in IUS Processo civile, 23 agosto 2023;
  • PICOZZI E., Brevi note in tema di principio di consumazione dell'impugnazione, in eclegal.it, 2017;
  • RICCI G., Mediazione obbligatoria – Mancato esperimento della mediazione obbligatoria e preclusioni, in Giurisprudenza Italiana, n 7/2017, pg. 1579;
  • RUGGERI, Il principio di consumazione dell'impugnazione: origine ed applicazioni, in RDP, 2009, pp. 1009 ss.;
  • RUVOLO M., Mediazione obbligatoria. Casi e questioni. Giuffrè ed. 2011.

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