Pubblico impiego non privatizzato: può l’Amministrazione negare la richiesta di trasferimento del lavoratore che assiste con continuità un parente disabile?
15 Gennaio 2025
Nell'ambito dei rapporti di lavoro pubblico non privatizzati l'art. 33, co. 5, L. n. 104/1992 implica un complessivo bilanciamento tra l'interesse del privato-lavoratore e gli interessi pubblici nell'esercizio del potere discrezionale da parte dell'Amministrazione-datore di lavoro. Pertanto, la pretesa del lavoratore, che assiste con continuità un parente con grave disabilità, alla scelta della sede di lavoro può trovare accoglimento se ciò risulti compatibile con le specifiche esigenze organizzative ed economiche del datore, sussistendo anche la disponibilità nella dotazione di organico della sede di destinazione. Considerata la sensibilità degli interessi coinvolti, la pretesa del lavoratore trova come limite l'impossibilità per l'Amministrazione di concedere il mutamento della sede richiesto, da intendere nel senso che la stessa può negare il trasferimento ex art. 33, co. 5, L. n. 104/1992 solo se ne conseguano effettive criticità per l'Amministrazione stessa, la quale ha l'onere di indicarle in maniera compiuta. Sebbene, dunque, la normativa si limiti a stabilire una valutazione con criterio di priorità e non già un diritto soggettivo al trasferimento alla sede più vicina alla persona assistita, la valutazione deve trovare rispondenza in un surplus di onere motivazionale che non può limitarsi alla mera rappresentazione di generici dati organizzativi o generiche valutazioni in ordine alle coperture di organico, bensì deve dare conto delle ragioni effettive di criticità che porrebbe il trasferimento del dipendente, ciò in considerazione del fatto che il trasferimento è disposto a vantaggio del disabile e non, invece, nell'interesse esclusivo dell'Amministrazione ovvero del richiedente, avendo lo stesso natura strumentale ed essendo intimamente connesso con la persona dell'assistito. |