La revocazione del giudicato amministrativo per contrasto con le sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione europea
13 Dicembre 2024
Massime
Il caso La revocazione del giudicato amministrativo interno per contrasto con il diritto dell'Unione europea Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato si pronuncia sul ricorso per revocazione, proposto ai sensi dell'art. 391-quater, primo comma, c.p.c. in relazione all'art. 362, comma 3, c.p.c., avverso la sentenza, confermata in appello, con la quale era stata accertata la legittimità della deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) sul conferimento di un incarico direttivo, adottata all'esito della rinnovazione dell'attività valutativa disposta dal giudice amministrativo. In particolare, il caso riguarda la procedura concorsuale per la copertura di un posto di Procuratore della Repubblica, oggetto già di tre ricorsi presentati da tre altri aspiranti all'incarico direttivo, accolti dal TAR del Lazio con conseguente annullamento in parte qua: - del Bando indetto dal CSM; - delle proposte “A” e “B” di nomina formulate dalla Quinta Commissione; - della deliberazione del Plenum del CSM di approvazione della Proposta “B”; - del D.P.R. di nomina della ricorrente in sede di revocazione. Tale sentenza, appellata da più parti, è stata riformata in appello dal Consiglio di Stato che ha respinto per l'effetto il ricorso di primo grado e ha fatto salve le ulteriori determinazioni che l'amministrazione avesse voluto esperire, all'esito della rinnovazione dell'attività valutativa. Il CSM ha, poi, proceduto alla modifica della delibera di nomina, basandola sull'utilizzo delle chat rivolte dalla ricorrente ad un collega sottoposto a procedimento penale e tale nuova delibera è stata impugnata con esito sfavorevole sia nel giudizio di primo grado, sia nel giudizio di appello. Il giudizio di revocazione è stato proposto avverso tale ultima sentenza di rigetto in appello, con la quale la ricorrente ha chiesto la revocazione per contrasto con la sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (CGUE) del 7 settembre del 2023, resa nella causa n.162/2022, che si è pronunciata in merito all'inutilizzabilità di documenti relativi al traffico telefonico, acquisiti nell'ambito di processi di cui sono parti terzi estranei. Il Consiglio di Stato, con ordinanza emessa nel corso del giudizio, ha rilevato quale questione pregiudiziale da affrontare per la definizione del ricorso, quella relativa alla natura giuridico-processuale delle chat whatsapp oggetto della delibera, richiamando la recente giurisprudenza delle Sezioni Unite penali della Corte di Cassazione che ne aveva chiarito la natura di prova documentale ex art. 234 c.p.p., il relativo regime acquisitivo e la conformità con l'art. 6 par. 1, lett. b) della Direttiva 2014/41/UE. La sentenza in commento ha, quindi, prima affrontato la questione dell'ammissibilità in astratto della revocazione in caso di contrasto con una sentenza della CGUE e, una volta risolta la stessa in senso negativo, ha valutato se la mancata previsione del rimedio della revocazione possa comportare un dubbio di costituzionalità o di compatibilità con il diritto dell'Unione europea. Il Consiglio di Stato ha superato ogni dubbio di legittimità della norma, ritenendo innanzitutto irrilevante la questione, in considerazione della diversità del caso trattato dalla sentenza della CGUE asseritamente violata, e, poi, richiamando la giurisprudenza pacifica della medesima Corte che ha escluso il contrasto con il diritto UE di un sistema che non consente di usare il rimedio del ricorso per revocazione per impugnare sentenze del Consiglio di Stato confliggenti con sentenze della Corte di giustizia. La questione L'applicazione “orizzontale” e “verticale” della previsione di cui all'art. 391-quater c.p.c. Con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato ha affrontato la questione dell'estensione analogica del rimedio della revocazione per contrarietà alla CEDU, previsto dall'art. 391-quater c.p.c. ai casi di contrasto tra sentenze passate in giudicato del giudice amministrativo e sentenze della CGUE. La questione riguarda sia l'applicazione della previsione di cui all'art. 391-quater c.p.c. al processo amministrativo - applicazione “orizzontale” - sia l'ampliamento del contenuto della disposizione per renderla operante anche in caso di contrasto tra giudicato amministrativo e sentenza della CGUE - applicazione “verticale”. Per quanto riguarda il profilo dell'applicazione in senso orizzontale della disciplina della revocazione per contrarietà alla CEDU, il Consiglio di Stato ripercorre la storia della nascita della nuova disciplina dettata dall'art. 391-quater c.p.c., evidenziando che la preesistente lacuna ordinamentale nel processo civile e nel processo amministrativo era stata oggetto di una questione di costituzionalità, ritenuta, però, infondata dalla Corte Costituzionale (Cons. Stato, Ad. plen., n. 2/2015 e Corte Cost. n. 123/2017). Ad ogni modo, il problema che si era posto in relazione alla effettività della tutela in caso di giudicato interno contrastante con una sentenza della Corte EDU è ora superato dall'espressa previsione del rimedio speciale della revocazione con l'entrata in vigore del già citato d.lgs. n. 149/2022 di riforma del processo civile. Ne deriva che la nuova questione che si pone è quella della applicabilità della nuova disciplina al processo amministrativo, in considerazione dei rigorosi requisiti richiesti dal nuovo art. 391-quater c.p.c. affinchè possa essere scalfito un giudicato interno contrastante con una sentenza della Corte EDU, tenendo conto della circostanza che l'art. 106 c.p.a. non ha subito modifiche in punto di disciplina delle ipotesi di revocazione delle sentenze del Consiglio di Stato. In particolare, l'art. 391-quater c.p.c. richiede l'intervenuto accertamento, con sentenza della Corte EDU, di un pregiudizio cagionato dalla sentenza revocanda ad un diritto di stato della persona, nonché l'accertamento dell'inidoneità dell'equa indennità riconosciuta ai sensi dell'art. 41 della CEDU, a compensare le conseguenze della violazione accertata dal giudice convenzionale. Tali requisiti potrebbero in astratto ricorrere anche in caso di sentenza del giudice amministrativo, per cui, nel caso non si potesse fare ricorso al rinvio esterno contenuto nell'art. 39, comma 1, c.p.a., si rischierebbe un serio vulnus di tutela nel processo amministrativo rispetto alle corrispondenti situazioni attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario, con pregiudizio dei principi costituzionali di cui agli artt. 3,24 e 113 Cost. Altra questione è, invece, quella dell'estensione in senso “verticale” dell'art. 391-quater c.p.c. ai casi di contrasto con le sentenze della CGUE, perché si introdurrebbe in sede interpretativa una nuova ipotesi di revocazione, mediante un'operazione manipolativa del testo della legge inammissibile. La questione viene, però, affrontata, in via preliminare, sul piano della sua concreta irrilevanza nella fattispecie sottoposta all'esame del Consiglio di Stato, in quanto alcun contrasto tra la sentenza del giudice amministrativo oggetto del giudizio di revocazione e la sentenza della CGUE invocata dalla parte ricorrente viene ravvisato in concreto. Su di un piano generale e astratto, invece, la questione viene affrontata sotto il profilo della peculiarità della tecnica di tutela, a carattere sussidiario e residuale, approntata alle situazioni soggettive euro-convenzionali, rispetto a quella prevista dal diritto dell'Unione Europea, fondata sugli istituti della disapplicazione e del rinvio pregiudiziale. Il Consiglio di Stato richiama, poi, la giurisprudenza della CGUE sulla compatibilità di un sistema che non consente di usare il rimedio del ricorso per revocazione per impugnare sentenze del Consiglio di Stato confliggenti con sentenze della Corte di giustizia, al fine di escludere la ricorrenza dei presupposti per disporre il rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE. La soluzione giuridica L'inammissibilità del ricorso per revocazione della sentenza amministrativa in contrasto con una sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea Il Consiglio di Stato dichiara l'inammissibilità del ricorso per revocazione proposto avverso il giudicato amministrativo asseritamente contrastante con una sentenza della CGUE in materia di limiti di utilizzo di dati personali relativi a comunicazioni elettroniche. In particolare, la sentenza richiamata da parte ricorrente ha escluso la compatibilità con il diritto unionale di una disciplina interna che consenta l'utilizzo nell'ambito di indagini per condotte illecite di natura corruttiva di dati personali relativi a comunicazioni elettroniche, messi a disposizione delle autorità competenti, a fini di lotta alla criminalità grave, dai fornitori di servizi di comunicazione elettronica (Corte di giustizia, 7 settembre 2023, C-162/22). La soluzione offerta dal Consiglio di Stato è frutto di un'ampia riflessione sulla portata e sui limiti di applicazione del nuovo art. 391-quater c.p.c., come introdotto dall'art. 3, comma 28, lett. o), del d.lgs. n. 149 del 10 ottobre 2022, al processo amministrativo. In particolare, il Consiglio di Stato ritiene applicabile la nuova ipotesi di revocazione delle sentenze contrastanti con una sentenza della Corte EDU al processo amministrativo, in virtù del rinvio esterno previsto dall'art. 39 c.p.a. Tale soluzione rappresenta l'unica che consente di evitare di sollevare la questione di costituzionalità, escludendo disparità di trattamento delle situazioni giuridiche soggettive attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo. Diversa è, invece, la soluzione fornita al quesito dell'estensibilità analogica dell'art. 391-quater c.p.c. alle ipotesi di contrasto delle sentenze del giudice amministrativo con le sentenze della CGUE. In tal caso, infatti, non si tratterebbe di un'operazione ermeneutica consentita, in quanto avrebbe carattere creativo rispetto alla voluntas legis di limitare il rimedio revocatorio al solo contrasto del giudicato interno con una decisione della Corte EDU. Tale soluzione viene, poi, rafforzata dalla valutazione in concreto dell'assenza di contrasto tra la sentenza oggetto di impugnazione e la sentenza della CGUE che aveva ad oggetto il caso di tabulati direttamente acquisiti da un'azienda fornitrice del servizio di telefonia e non di documenti legittimamente acquisiti nel processo penale a seguito del sequestro dell'apparecchio telefonico di soggetto indagato. Osservazioni L'eccezionalità del rimedio revocatorio e il valore della stabilità del giudicato interno Il Consiglio di Stato, con la pronuncia in commento, risolve la questione dei limiti di applicabilità della disciplina della revocazione straordinaria del giudicato interno per contrasto con sentenze della Corte EDU. Tali limiti sono innanzitutto ricavabili dalla stessa lettera della norma prevista dall'art. 391-quater c.p.c. che subordina la revocabilità delle sentenze passate in giudicato il cui contenuto è stato dichiarato dalla Corte EDU contrario alla CEDU ovvero ad uno dei suoi Protocolli alla ricorrenza di due concorrenti condizioni: 1) la violazione accertata dalla Corte ha pregiudicato un “diritto di stato” della persona; 2) l'equa indennità eventualmente accordata dalla Corte europea ai sensi dell'art. 41 della CEDU non è idonea a compensare le conseguenze della violazione. Trattandosi di condizioni che possono verificarsi anche per le sentenze pronunciate dal giudice amministrativo, sia pure in termini quantitativamente inferiori rispetto alle sentenze dei giudici ordinari, la loro previsione non è ostativa all'applicazione dell'art. 391- quater c.p.c. al processo amministrativo, ma, anzi, il loro “peso” sull'effettività della tutela giurisdizionale ne impone l'estensione analogica al fine di fugare qualsivoglia dubbio di legittimità costituzionale della norma. D'altronde anche nella “Relazione sugli effetti diretti e sulle implicazioni sistematiche che la riforma del processo civile, apprestata dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, reca al processo amministrativo” del Consiglio di Stato, Ufficio Studi e formazione della Giustizia Amministrativa, dell'8 novembre 2022 si è riconosciuta l'applicazione dell'art. 391- quater c.p.c. al processo amministrativo. Per altro verso, la tipicità e tassatività del rimedio in questione ne esclude l'estensione alle ipotesi di contrasto del giudicato interno con sentenze della CGUE. L'argomento letterale è, quindi, di per sé solo sufficiente ad escluderne un'applicazione analogica, in senso verticale, tuttavia, il Consiglio di Stato chiarisce anche le ragioni della scelta del legislatore di portare a compimento il processo di armonizzazione dell'ordinamento processuale civile e amministrativo con il solo sistema convenzionale, data la sua peculiarità rispetto al sistema di tutela eurounitaria. Il sistema convenzionale appresta una tutela, non solo a carattere sussidiario e residuale, giusta la previsione dell'art. 45 CEDU, ma anche limitata alla tutela per equivalente monetario, notoriamente inadeguata per rimuovere totalmente le conseguenze derivanti dalla perpetrata violazione ai diritti della persona riconosciuti dalla CEDU o dai relativi Protocolli. Non vi è dubbio, invece, che la tutela delle situazioni giuridiche soggettive riconosciute dal diritto unionale viene garantita efficacemente dallo strumento della disapplicazione, dai contorni ormai sempre più ampi, nonché dalla possibilità per il cittadino di richiedere, in ogni stato e grado del giudizio, il rinvio pregiudiziale alla CGUE. Ne discende che effettivamente il sistema di tutela eurounitaria opera in via prevalentemente preventiva e, pertanto, non richiede, ai fini di garantirne l'effettività negli ordinamenti interni, uno strumento atto a verificare e a garantire che una sentenza emessa da un organo giurisdizionale di ultimo grado non si ponga in contrasto con il diritto comunitario e, nello specifico, con i principi espressi della Corte di Giustizia. Il Consiglio di Stata richiama sul punto la consolidata giurisprudenza della CGUE che ritiene che le fondamenta dell'attuazione del diritto eurounitario vanno ravvisate nel principio di autonomia procedurale degli Stati membri, previsto dall'art. 4, par. 1, e dall'art. 19, par. 2, secondo periodo, del TUE, nel rispetto tuttavia dei principi di equivalenza e di effettività. La Corte di Giustizia, nelle plurime occasioni in cui si è occupata della questione, ha riconosciuto la centralità del principio dell'autorità del giudicato sia nell'ordinamento giuridico dell'Unione sia negli ordinamenti giuridici nazionali, in quanto è di fondamentale importanza per la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici nonché per una buona amministrazione della giustizia che le decisioni giurisdizionali divenute definitive dopo l'esaurimento dei ricorsi non possano più essere rimesse in discussione. La medesima CGUE ha, poi, richiamato due appositi strumenti di tutela “per equivalente”: la possibilità per la Commissione europea di proporre un ricorso per inadempimento contro gli Stati membri (art. 258 del TFUE) e la facoltà dei singoli di far valere la responsabilità degli stessi Stati membri. Tuttavia, vi sono state già - non poche - occasioni nelle quali la CGUE ha sostanzialmente escluso l'efficacia al giudicato interno, ritenendo prevalente il principio di effettività, ricavato dal principio del primato del diritto dell'Unione Europea (cfr. sentenze Grande Sezione, 18 luglio 2007, C-119/05, Lucchini; Id., Sez. II, 3 settembre 2009, C-2/08, Fallimento Olimpiclub; Id., Sez. IX, 4 marzo 2020, C-587/18 P, CSTP Azienda della mobilità e Id., Grande Sezione, 17 maggio 2022, C-693/19, SPV Project 1503), sicché, al di là della specificità dei casi concreti trattati, l'argomento sulla peculiarità del sistema di tutela eurounitaria per escludere la necessità di un rimedio straordinario di revocazione dei giudicati nazionali per contrasto con il diritto dell'UE potrebbe essere non più sufficiente. L'argomento che, invece, maggiormente consentirebbe di escludere la necessità di introdurre uno speciale rimedio revocatorio per il giudicato amministrativo contrastante con il diritto UE si fonda sulla specificità dello stesso in termini di dinamismo e progressività che fa superare al sistema processuale amministrativo il vaglio in chiave eurounitaria di equivalenza ed effettività. L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza del 9 giugno 2016, n. 11, dopo aver ribadito il dovere del giudice di adoperarsi, nei limiti delle proprie competenze, per evitare il consolidamento di una violazione del diritto comunitario, ha statuito, infatti, che una tale evenienza può scongiurarsi attraverso l'attività interpretativa - e “manipolativa” - del giudicato compiuta dal giudice dell'ottemperanza, quale strumento di possibile controllo delle sopravvenienze. Invero, anche in caso di contrasto “originario” della pronuncia del giudice amministrativo con il diritto eurounitario, qualora la censura della violazione del diritto UE sia stata effettivamente proposta e disattesa senza rimettere la questione alla Corte di giustizia dal giudice di ultima istanza, ex art. 267 TFUE, in applicazione del principio di leale collaborazione, assunto in un'accezione particolarmente “forte”, in capo all'amministrazione potrebbe riconoscersi l'obbligo di riesame in sede di autotutela, ricorrendone i presupposti indicati dalla CGUE nella causa C-453/00, Kühne-Heitz. In conclusione, proprio sul piano dell'esecuzione della sentenza del giudice amministrativo da parte dell'amministrazione si potrebbe, quindi, evitare il consolidamento della violazione di una situazione giuridica soggettiva tutelata da una norma UE, data la definitiva chiusura della porta del ricorso per cassazione al ricorso ex art. 111, comma 8, Cost. avverso le sentenze del Consiglio di Stato pronunciate in violazione del diritto dell'Unione Europea (Corte di Giustizia UE, 21 dicembre 2021 C-497/20Randstad Italia SpA) e la rigidità, oltreché insufficienza, della tutela risarcitoria per equivalente. A titolo esemplificativo: Carratta, L a riforma del processo civile nella prospettiva del diritto processuale civile internazionale, in Rivista di Diritto Internazionale, fasc.4, 1° dicembre 2023, 915. Caruso, La nuova ipotesi di revocazione ex art. 391-quater c.p.c., in Rivista Trimestrale di Diritto e Procedura Civile, fasc.2, 1° giugno 2024, 639. Cerulli-Irelli, V iolazioni del diritto europeo e rimedi nazionali, in Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico, fasc. 3, 2014, 657. Francario, Il contrasto tra giudicati, in Il Processo, fasc. 2, 1° agosto 2022, 295. Greco, Intangibilità o meno del giudicato nazionale nella giurisprudenza della Corte di Giustizia, in Rivista Italiana di Diritto Pubblico Comunitario, fasc. 2, 1° aprile 2023, 397. Greco, Giudicato nazionale, contrasto col diritto UE e autotutela amministrativa, in Rivista Italiana di Diritto Pubblico Comunitario, fasc. 4, 1° agosto 2022, 423. Gruner, G iudicato amministrativo nazionale e diritto dell'UE, in Rivista Italiana di Diritto Pubblico Comunitario, fasc.4, 1° agosto 2022, 441 Lipari, L'esecuzione delle decisioni della Corte europea dei diritti dell'uomo nella giurisdizione amministrativa tra margine di apprezzamento nazionale ed effettività del diritto di difesa: restitutio in integrum, ottemperanza, revocazione e autotutela doverosa, in Il Processo, fasc. 2, 1° giugno 2019, 265 Sandulli A., Giudicato amministrativo nazionale e sentenza sovranazionale, in Riv. Trim. Dir. Pubbl., 2018, 1169 e ss. |