Il principio di non dispersione della prova nel PCT
28 Novembre 2024
Massima In materia di prova documentale nel processo civile, il principio di "non dispersione (o di acquisizione) della prova" -che opera anche per i documenti, prodotti con modalità telematiche o in formato cartaceo- comporta che il fatto storico in essi rappresentato si ha per dimostrato nel processo, costituendo fonte di conoscenza per il giudice e spiegando un'efficacia che non si esaurisce nel singolo grado di giudizio, e non può dipendere dalle successive scelte difensive della parte che detti documenti abbia inizialmente offerto in comunicazione. Il caso Una casa di cura aveva ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti dell'ASL di Salerno per il pagamento di prestazioni sanitarie rese. L'azienda sanitaria aveva proposto opposizione e, nel giudizio, aveva depositato telematicamente il contratto intercorso tra le parti. Il giudizio si concludeva con il rigetto dell'opposizione, ragion per cui l'ASL proponeva gravame avverso la sentenza. La Corte d'appello riformava la sentenza di primo grado, anche perché riteneva non provata l'esistenza del contratto, che non era stato nuovamente depositato in appello, revocando integralmente il decreto ingiuntivo. La casa di cura proponeva ricorso per Cassazione. La questione Il nodo centrale della controversia riguarda l'efficacia probatoria dei documenti prodotti in primo grado e la necessità o meno di una loro nuova produzione in appello, stante che la Corte d'appello di Salerno aveva revocato il decreto ingiuntivo (anche) sulla base della considerazione che non era stato depositato nel grado di impugnazione il contratto intercorso tra le parti, peraltro già depositato in primo grado per via telematica. Le soluzioni giuridiche La Corte di cassazione, richiamando il precedente delle Sezioni Unite n. 4835/2023, ha affermato che il principio di non dispersione della prova:
Osservazioni La sentenza in commento rappresenta un ulteriore consolidamento della giurisprudenza sul principio di non dispersione della prova nel processo civile, visto che ancora una volta viene ribadita l'operatività del principio sia in relazione ai documenti informaci sia a quelli cartacei. I primi, infatti, confluiscono automaticamente nel fascicolo d'ufficio e rimangono sempre disponibili per la consultazione, anche nei successivi gradi di giudizio; i secondi, una volta ritualmente acquisiti, mantengono la loro efficacia probatoria nei gradi successivi. Su quest'ultimo punto, del resto, è stata del resto molto chiara la pronuncia delle Sezioni Unite, essendosi affermato che “affinché il giudice di appello possa procedere all'autonomo e diretto esame del documento già prodotto in formato cartaceo nel giudizio di primo grado, onde dare risposta ai motivi di impugnazione o alle domande ed eccezioni riproposte su di esso fondati, il documento può essere sottoposto alla sua attenzione, ove non più disponibile nel fascicolo della parte che lo aveva offerto in comunicazione (perché ritirato e non restituito, o perché questa è rimasta contumace in secondo grado), mediante deposito della copia rilasciata alle altre parti a norma dell'art. 76 disp. att. c.p.c.” La Corte ha altresì affermato, nel suo più alto consesso, che il giudice di appello può anche porre a fondamento della propria decisione il documento prodotto in formato cartaceo non rinvenibile nei fascicoli di parte apprezzandone il contenuto che sia trascritto o indicato nella decisione impugnata, o in altro provvedimento o atto del processo, ovvero, se lo ritiene necessario, può ordinare alla parte interessata di produrre, in copia o in originale, determinati documenti acquisiti in primo grado. Allorché la parte abbia ottemperato all'onere processuale di compiere nell'atto di appello o nella comparsa di costituzione una puntuale allegazione del fatto rappresentato dal documento cartaceo prodotto in primo grado, del quale invochi il riesame in sede di gravame, e la controparte neppure abbia provveduto ad offrire in comunicazione lo stesso nel giudizio di secondo grado, è quest'ultima a dover subire le conseguenze di tale comportamento processuale, potendo il giudice, il quale ha comunque il dovere di ricomporre il contenuto di una rappresentazione già stabilmente acquisita al processo, ritenere provato il fatto storico rappresentato dal documento nei termini specificamente allegati nell'atto difensivo. Da questa decisione e dalla copiosa giurisprudenza conforme successiva appare essersi discostata Cass. 30 gennaio 2024, n. 2827 che, pur non ponendosi espressamente come dissenting opinion rispetto alla decisione in commento, afferma che le produzioni documentali di parte “trovano allocazione nei fascicoli processuali delle parti stesse di cui all'art. 166 c.p.c. e seguono il regime di detti fascicoli che, essendo nella disponibilità delle parti stesse, come previsto dall'art. 169 c.p.c., vanno depositati al momento dell'assegnazione della causa in decisione (e al più tardi al momento del deposito della comparsa conclusionale), dovendosi presumere, nel caso in cui il fascicolo di parte non sia depositato o sia depositato privo di alcuni documenti, che la parte abbia rinunziato ad avvalersi dei documenti in esso non inclusi (o di tutti quelli già prodotti, in caso di mancato deposito dell'intero fascicolo), fatta sempre salva la facoltà dell'altra parte di provvedere al deposito di qualunque documento comunque già acquisito al processo, anche se prodotto dalla controparte, affinché se ne tenga conto ai fini della decisione”. Si tratta in effetti di principio opposto a quello affermato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte e che, come già teorizzato da giurisprudenza risalente, addossa alla parte che si voglia giovare di un documento l'onere di produrlo autonomamente. Va detto, peraltro, che siffatta decisione è rimasta isolata e che invece, sul finire del 2023 e nel corso del 2024 diverse sentenze hanno affermato la piena validità del principio affermato dalle Sezioni Unite. La pronuncia 4 aprile 2024, n. 9008, ad esempio, ha affermato che il principio di non dispersione della prova, applicabile indistintamente ai documenti prodotti in formato telematico o cartaceo, stabilisce che i fatti rappresentati nei documenti sono considerati provati nel processo, fornendo al giudice una fonte di conoscenza con efficacia che non si esaurisce nel singolo grado di giudizio e non può dipendere dalle scelte difensive successive della parte che ha inizialmente offerto tali documenti in comunicazione. L'ordinanza 17 aprile 2023, n. 10202 ha, invece, affermato che nel giudizio di appello, la mancata acquisizione del fascicolo d'ufficio di primo grado non determina un vizio del procedimento o la nullità della sentenza, potendo al più integrare il vizio di difetto di motivazione, ove venga specificamente prospettato che da tale fascicolo il giudice d'appello avrebbe potuto o dovuto trarre elementi decisivi per la decisione della causa, non rilevabili aliunde ed esplicitati dalla parte interessata, considerato che, in virtù del principio di "non dispersione (o di acquisizione) della prova", l'efficacia probatoria dei documenti prodotti non si esaurisce nel singolo grado di giudizio e prescinde dalle successive scelte difensive della parte. La sentenza n. 26298/2024 rappresenta, dunque, un importante consolidamento dell'evoluzione giurisprudenziale sul principio di non dispersione della prova, che ha ricadute significative sul piano processuale. L'orientamento espresso dalla Suprema Corte appare pienamente condivisibile poiché garantisce l'effettività del diritto alla prova, che non viene subordinato alle strategie di una delle parti in causa, e certamente si muove nell'ottica di assicurare l'effettività del diritto di difesa. D'altro canto si conferma anche il ruolo decisivo dell'infrastruttura processo telematico, che ormai offre un'agevole consultazione di tutti i documenti depositati nei precedenti gradi di giudizio alle parti e all'organo giudicante e che ha certamente ha avuto un'influenza decisiva sul mutamento di giurisprudenza. Al di là delle corrette argomentazioni giuridica, non si può non considerare che sarebbe decisamente anacronistica una giurisprudenza che neghi effetti giuridici a un documento che il giudice vede (ad esempio in grado di appello) solo perché formalmente non depositati (di fatto, duplicando la presenza del documento all'interno del fascicolo) dalla parte. |