Il ragionamento del Tribunale di Modena è il seguente: sebbene la nomofilachia da tempo sia pervenuta interpretativamente ad un'equiparazione tra canoni ed oneri accessori in riferimento alle previsioni affidate agli artt. 5 e 55 l. n. 392/1978, agli effetti, invece, della convalida dello sfratto il dato normativo (art. 658 c.p.c.), che continua a riferirsi solo all'omesso versamento «dei canoni d'affitto alle scadenze», esclude che la morosità per oneri accessori condominiali, come per altre prestazioni dovute dal conduttore, come la quota parte di imposta di registro o gli aggiornamenti ISTAT, possa costituire causa petendi idonea a condurre alla convalida dello sfratto. Il Tribunale di Modena aderisce alla posizione espressa da una parte della giurisprudenza in anni passati – vedi Cass. civ., sez. III, 19 dicembre 1986, n.7745 – e che aveva trovato ampia condivisione anche nella dottrina. La tesi trova un suo addentellato nell'assenza nella l. n. 392/1978, nel testo all'epoca vigente, di specifici elementi indicativi della volontà legislativa di assimilare gli oneri accessori al canone di locazione sotto il profilo processuale. Infatti è stata la l. n. 392/1978 sulle locazioni di immobili urbani ad introdurre in origine il rito del lavoro nella materia e, per costante giurisprudenza della Corte di legittimità, detto rito - quello ex art.46 l. n.392/1978, quindi in ambito locatizio - non riguardava all'epoca le controversie sugli “oneri accessori”, bensì soltanto quelle concernenti il “canone di locazione” cui specificamente si riferiva l'art.45 della stessa legge (ormai abrogato): giacché anche il legislatore del 1978, quando parlava di “canone”, chiaramente si riferiva al concetto tecnico di esso, inteso come corrispettivo del godimento degli immobili (v. in questo senso la giurisprudenza dell'epoca: Cass. civ., sez. III, 19 dicembre 1986, n. 7743; Cass. civ., 9 dicembre 1983, n. 6205; Cass. civ., sez. III, 24 agosto 1984, n. 4684).
Pertanto il legislatore del 1978 – è indubbio – da un punto di vista processuale aveva tenuto in linea di principio distinti – anche da un punto di vista processuale - gli oneri accessori dal canone di locazione (laddove in precedenza, ex art. 29, l. n. 2537/1950 le relative controversie erano tutte devolute al giudice monocratico funzionalmente competente).
Né una diversa interpretazione – argomenta il Tribunale di Modena – potrebbe trarsi dagli artt. 5 e 55 l. "Equo canone", trattandosi di norme che disciplinano aspetti sostanziali e non processuali: l'art. 5 cit., limitandosi a predeterminare la gravità dell'inadempimento rilevante ex art. 1455 c.c. e, quindi, agli effetti della pronunzia di risoluzione e l'art. 55, inerendo la concessione di un termine che, sebbene contenuto in norma processuale, è funzionale ad un atto avente natura prettamente sostanziale, ovvero l'adempimento della prestazione (pagamento del canone).
Il tema della applicabilità del procedimento di sfratto al pagamento degli oneri accessori e degli aggiornamenti ISTAT è stato sempre dibattuto. Il vero problema è se la normativa attualmente vigente abbia previsto o consenta, in via interpretativa, una equiparazione, anche dal punto di vista processuale, con il canone di locazione strictu sensu inteso.
In passato la giurisprudenza è stata divisa sul punto.
Alle pronunce più restrittive (cfr. Cass. civ., sez. III, 19 dicembre 1986, n. 7745) si sono contrapposte quelle che hanno risolto positivamente la questione (Cass. civ., sez. III, 28 luglio 1987, n. 6535), valorizzando il fatto che il legislatore abbia «accomunato nella medesima norma (art. 55 l. n. 392/1978) i canoni scaduti e gli oneri accessori maturati sino alla data della prima udienza, prevedendo per entrambi, nonostante la loro diversa natura, la stessa procedura per la sanatoria della morosità e ricollegando, per entrambi, al mancato pagamento, la stessa conseguenza della risoluzione del contratto, che deve dunque, per entrambi, ritenersi perseguibile attraverso tutti gli strumenti processuali, fra essi compreso il procedimento sommario».
In termini analoghi anche Cass. civ. sez. III, 18 aprile 1989, n. 1835, in cui si legge: «Gli art. 5 e art. 55 l. n. 392/1978 (cosiddetta dell' "Equo canone") hanno introdotto relativamente alla gravità dello inadempimento predeterminata ex lege, alla possibilità della sanatoria ed alla concessione del termine di grazia, un'equiparazione fra canone di locazione ed oneri accessori, con la conseguenza che anche la morosità per soli oneri accessori può essere dedotta in giudizio con lo speciale procedimento di convalida ex art. 658 c.p.c.”.
La questione dovrebbe essere risolta, a parere di chi scrive, in primo luogo, accedendo ad un concetto di corrispettivo della locazione comprensivo di quanto effettivamente venga previsto a carico del conduttore quale prestazione sinallagmaticamente collegata alla fruizione dell'immobile: e non vi è dubbio che gli oneri condominiali presentano tale caratteristica, non ravvisabile, invece, ad esempio nella quota parte dell'imposta di registro.
Non si tratterebbe così di estendere analogicamente l'applicazione di una norma speciale, incorrendo nella violazione dell'art.12 delle preleggi, quanto far discendere da una equiparazione sostanziale – quella relativa al concetto di corrispettivo del godimento del bene che ormai, nella realtà concreta comprende anche gli oneri comuni in quanto riferiti a servizi irrinunciabili da parte del conduttore e legati alla disponibilità del locale – una equiparazione della disciplina processuale .
Peraltro, ove di propenda per la soluzione negativa – escludendo tale assimilazione di disciplina - necessariamente dovremmo chiederci se una mancata equiparazione processuale non violi principi della Costituzione.
Tale dubbio, peraltro, è stato già sollevato in tempi ormai lontani (ordinanza del 22 ottobre 1982) dal Pretore di Bari, nel corso di un procedimento per convalida di sfratto per morosità avente ad oggetto il mancato pagamento da parte del conduttore degli oneri accessori della locazione.
Nel rimettere la questione alla Consulta, il Pretore aveva dubitato proprio della costituzionalità dell'art. 5, l. n. 392/1978 in riferimento agli artt. 3 e 24, comma 1, Cost., sul rilievo che la norma consentiva solo di desumere che il mancato pagamento degli oneri accessori, nella misura indicata (ovvero quando «l'importo non pagato superi quello di due mensilità del canone»), poteva costituire motivo di risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 1455 c.c., mentre, in assenza di una espressa indicazione, argomentava il rimettente di allora come il giudice di Modena nella pronuncia in commento, nulla poteva autorizzare ad affermare la possibilità per il locatore di ricorrere alla procedura di convalida di sfratto.
Da ciò derivava, secondo il Pretore - e, aggiungeremmo, condivisibilmente - un'ingiustificata disparità di trattamento rispetto al locatore che agiva per la morosità relativa al canone, oltre ad una violazione del principio sancito dall'art. 24, comma 1, Cost. per impossibilità di utilizzare uno strumento più spedito ed agevole .
Ebbene, la Corte Costituzionale (con sentenza Corte Cost., 13 aprile 1988, n. 377) ha dichiarato non fondata la questione posta, ritenendo «inesatto il presupposto ermeneutico da cui muove l'ordinanza di remissione, in quanto la norma impugnata, secondo il diritto vivente, non esclude l'utilizzazione del mezzo di tutela in esame».
Osservava la Consulta : «…dal silenzio della norma non può trarsi un concreto orientamento nel senso prospettato dal giudice a quo, dovendosi, invece, rilevare come la Corte di cassazione (superando il proprio iniziale diverso indirizzo) si è di recente ripetutamente pronunciata nel senso di ammettere il ricorso alla procedura di sfratto per morosità, al di là della stessa dizione letterale dell'art. 658 c.p.c. anche nel caso di mancato pagamento degli oneri accessori della locazione: e ciò considerando che questi, ormai, sono divenuti parte essenziale nel quadro sinallagmatico del contratto e, come tali, parificati, nel trattamento processuale, al canone di locazione».
Argomentazioni richiamate in tempi più recenti da Cass. civ. sez. III, 6 novembre 2023, n. 30811.
L'equiparazione, quindi, nel trattamento processuale cui accennava la Corte Costituzionale, è proprio quello che ben si ricava dall'art. 55 l. n. 392/1978, giacché non vi è dubbio che il legislatore abbia accomunato nella medesima norma i canoni scaduti e gli oneri accessori maturati, prevedendo per entrambi, nonostante la diversa natura, la stessa procedura di sanatoria della morosità e ricollegando, per entrambi, al mancato pagamento in udienza o nel termine concesso, la risoluzione del contratto sancita da un provvedimento tipico e proprio solo del detto procedimento sommario, ovvero l'ordinanza di convalida (salvo, ovviamente, che la sanatoria ex art. 55 l. n. 392/1978, come la richiesta del termine, avvenga, come possibile, nell'ambito di un ordinario giudizio locatizio).
Minori remore in ordine all'utilizzabilità della procedura di sfratto dovrebbero sorgere, a parere di chi scrive, per il mancato pagamento degli aggiornamenti ISTAT (ove ovviamente sussistano tutte le altre condizioni previste per legge, a seconda della tipologia di contratto locatizio per la loro esigibilità).
Quello in discussione, infatti, non è altro che un aggiornamento del canone di locazione effettuato sulla base dell'andamento dell'economia italiana, tenendo conto dell'andamento dei prezzi per le famiglie.
Lo scopo di detto adeguamento è, pertanto, quello di allineare l'importo del canone di locazione al costo della vita e all'andamento dell'economia in un determinato periodo, essendo esso funzionalmente teso alla conservazione dell'equilibrio sinallagmatico tra il godimento del bene e la prestazione pecuniaria gravante sul conduttore. Tutto ciò è in ogni caso al di là del diverso meccanismo di operatività dell'adeguamento nelle locazioni abitative e in quelle ad uso diverso, necessitando - solo per le seconde - l'espressa richiesta del locatore ex art. 32 l. n. 392/1978, e la diversa misura, una volta che sia dovuto, viene ad incorporarsi nel canone divenendo, quindi, canone a tutti gli effetti.
In tema si legge in Cass. civ. sez. III, 17 luglio 1991, n. 7934: «Il conduttore che, opponendosi alla convalida dello sfratto intimatogli dal locatore per mancato versamento del canone e della maggior somma dovuta per aggiornamento ISTAT, versi il canone alla prima udienza ai fini della sanatoria prevista dall'art. 55 della legge 27 luglio 1978 n. 392, ma non anche le somme aggiuntive per l'aggiornamento, in quanto non indicate nell'intimazione di sfratto, ha diritto di sanare la mora anche successivamente alla prima udienza, ma non oltre quella in cui il locatore abbia precisato l'ammontare spettante per il detto aggiornamento».
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