Sopravvenuta dichiarazione di incostituzionalità: il G.A. può annullare il provvedimento solo se col ricorso sia stata proposta la relativa censura

Redazione Scientifica Processo amministrativo
05 Giugno 2024

Il giudice amministrativo può procedere all'annullamento del provvedimento fondato su una norma attinente alle modalità di esercizio del potere amministrativo dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale, solo se col ricorso sia stata proposta la relativa censura; se la norma dichiarata costituzionalmente illegittima è attributiva del potere, può procedere d'ufficio all'annullamento del provvedimento

Il Consiglio di Stato su richiesta del Ministero della difesa ha reso il parere riguardo ad una controversia relativa al rigetto della domanda di un militare per il riconoscimento dei c.d. scatti stipendiali per invalidità di servizio, ai sensi dell'art. 1801 d.lgs. n. 66/2010 (Codice militare). Il Ministero accoglieva la domanda di riconoscimento della causa di servizio e il ricorrente presentava domanda per i citati benefici economici stipendiali, respinta dall'Amministrazione con l'atto impugnato. Il Ministero eccepita la giurisdizione esclusiva della Corte dei conti in materia pensionistica. Poi, nel corso del procedimento, con la Corte costituzionale con sentenza n. 13/2024  ha dichiarato la parziale illegittimità del citato art. 1801 c.m., limitatamente all'inciso che imponeva che il riconoscimento dell'infermità avvenga in costanza di rapporto di impiego, atteso che i benefici economici derivano direttamente dalla norma la cui ratio è quella di compensare il sacrificio conseguente all'attività di servizio, essendo, quindi, sufficiente che l'infermità sia insorta in costanza di rapporto di impiego.

Innanzi tutto il Collegio, sulla base dell'indirizzo giurisprudenziale del Consiglio di Stato, ha ritenuto infondata l'eccezione del difetto di giurisdizione sollevata dall'Ministero, affermando che la giurisdizione esclusiva della Corte dei conti in materia di pensioni è limitata solo «a quanto concerne, anche nella misura, il sorgere, il modificarsi e l'estinguersi toltale o parziale del diritto a pensione in senso stretto», mentre spetta al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva l'accertamento del diritto del pubblico dipendente ad un maggior trattamento retributivo di servizio, nella specie ai sensi dell'art. 63, comma 4, d.lgs. n. 165/200, trattandosi di personale militare, non contrattualizzato ai sensi dell'art. 3, comma 1, del medesimo d.lgs. n. 165/2001.

Quindi il Collegio ha precisato che l'oggetto della controversia concerne il rigetto dell'Amministrazione della richiesta di un beneficio stipendiale previsto dall'art. 1801 c.m. quale trattamento economico stipendiale aggiuntivo per il personale militare che «in costanza di rapporto di impiego» ha ottenuto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio per infermità. Dunque, solo con l'adozione del provvedimento formale dell'amministrazione di appartenenza, nella parte in cui riconosce o nega la dipendenza della causa di servizio, si producono determinati effetti giuridici favorevoli o negativi per il richiedente. Inoltre, trattandosi del riconoscimento di uno scatto stipendiale, la richiesta dello scatto aggiuntivo e la sua liquidazione dovrebbero avvenire in costanza del rapporto di impiego ove è possibile erogare il trattamento stipendiale, mentre il ricorrente, alla data del riconoscimento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio «non era più titolare di rapporto di impiego in qualità di militare», pur avendo richiesto il riconoscimento prima del congedo.

D'altro canto, il Collegio ha focalizzato l'attenzione sulla declaratoria di incostituzionalità nelle more del procedimento dell'art. 1801 c.m., nella parte in cui prevede che per l'accoglimento della domanda degli scatti stipendiali aggiuntivi, il riconoscimento dell'infermità avvenga in costanza di rapporto di impiego. Sul punto il Collegio ha valutato tale sopravvenienza alla luce dell'indirizzo giurisprudenziale per cui il giudice non può recepire in sentenza qualsiasi decisione di costituzionalità inerente la disciplina normativa applicata nel caso al suo esame, ma solo se, ed in quanto, la declaratoria di illegittimità delle norme applicabili al giudizio istesse siano strumentali alla definizione delle censure mosse agli atti impugnati, potendo recepire in sentenza solo le pronunce di incostituzionalità dotate di diretta rilevanza sul caso in giudizio.

In particolare, sulla base dell'indirizzo dell'Adunanza plenaria, 8 aprile 1963, n. 8, il Collegio ha evidenziato, tra l'altro, che  gli effetti della pronuncia di incostituzionalità sul giudizio amministrativo si diversificano a seconda che la norma oggetto di declaratoria di incostituzionalità attribuisca all'amministrazione il potere ovvero ne regoli i modi di esercizio, in quanto nella prima ipotesi il giudice può procedere all'annullamento officioso del provvedimento invece nel secondo caso potrà farlo solo se il ricorrente abbia articolato una censura concernente il cattivo esercizio della funzione pubblica regolato dalla norma poi eliminata dalla Consulta.

Quindi, il Collegio secondo i principi giurisprudenziali richiamati, ha osservato che. nel provvedimento ove sia stata applicata una norma dichiarata incostituzionale, il giudice dispone l'annullamento dello stesso provvedimento, perché nullo per carenza di potere sopravvenuta, se detta norma è attributiva del potere amministrativo, a prescindere dagli specifici motivi del gravame; mentre, da tali motivi il giudice non può prescindere, occorrendo che l'interessato abbia dedotto in merito all'illegittimità costituzionale della norma, pur senza prospettare una questione di legittimità costituzionale, se quest'ultima attenga alle modalità di esercizio del potere amministrativo.

Nel caso  in esame il Collegio ha ritenuto che la norma di cui è stata dichiarata l'incostituzionalità sia rilevante nella controversia, perché riguarda l'esercizio del potere attribuito dall'art. 1801 c.m., che ne consente l'esercizio per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio «in costanza di rapporto di impiego». Perciò, ad avviso del Collegio, l'impugnazione del rigetto dell'istanza del ricorrente mette in luce esigenze di giustizia sostanziale ai sensi dell'art. 3 Cost., che postulano, secondo principi di ragionevolezza e di parità di trattamento, che il tempo per la conclusione del procedimento di riconoscimento della dipendenza di infermità da causa di servizio durante il servizio non pregiudichi l'interessato, posto che, nella specie il ricorrente era in congedo quando gli veniva riconosciuta la dipendenza dell'infermità da causa di servizio richiesta prima del congedo stesso.

In conclusione, il Collegio alla luce della sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale della norma di cui all'art. 1801 c.m, nella parte in cui subordina la concessione del beneficio al riconoscimento della infermità in costanza del rapporto di impiego, anziché al dato della sua insorgenza in attività di servizio, ha ritenuto fondato il ricorso, e dunque illegittimo il diniego del Ministero dello scatto stipendiale, richiesto.

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