PPT: l’istanza di trattazione orale dell’appello può essere presentata solo con un’istanza ad hoc

La Redazione
13 Novembre 2023

La Corte di cassazione, nella pronuncia del 17 ottobre 2023, n. 43782, ha esaminato la questione se l’istanza di trattazione orale nel giudizio cartolare di appello può essere presentata anche con l’atto di gravame o se occorra necessariamente un’istanza ad hoc, come richiesto dal d.l. n. 137/2020, art. 23-bis, commi 2 e 4, convertito con modificazioni dalla l. n. 176/2020.

La Corte di cassazione, nella pronuncia del 17 ottobre 2023, n. 43782, ha esaminato la questione se l'istanza di trattazione orale nel giudizio cartolare di appello può essere presentata anche con l'atto di gravame o se occorra necessariamente un'istanza ad hoc, come richiesto dal d.l. n. 137/2020, art. 23-bis, commi 2 e 4, convertito con modificazioni dalla l. n. 176/2020.

La questione veniva in rilievo a seguito del ricorso per cassazione proposto dall'imputato avverso la sentenza della Corte d'appello di Milano, che aveva confermato la condanna per il reato di atti persecutori, celebrando il processo in camera di consiglio senza la partecipazione delle parti, anziché mediante trattazione orale e con comparizione dell'imputato in udienza, come richiesto nell'atto di appello.

Preliminarmente i giudici di legittimità richiamano la disciplina di riferimento, dettata dal d.l. n. 137/2020, agli artt. 23 e ss., convertito, con modificazioni, nella l. n. 176/2020, la cui vigenza è stata prorogata nel tempo, da ultimo in virtù del d.lgs. n. 150/2022, art. 94, comma 2, come modificato dal d.l. n. 75/2023, art. 17, per le impugnazioni proposte sino al quindicesimo giorno successivo al 31.12.2023.

L'art. 23-bis, della legge indicata, espressamente dedicato al processo di appello, prevede ai commi 2 e 4, espressamente che la richiesta (di discussione orale) sia trasmessa alla cancelleria della Corte di appello e che tale trasmissione avvenga attraverso i canali di comunicazione normativamente previsti (ovvero i canali telematici come individuati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati). Si tratta, quindi, secondo i giudici, stabilire se la previsione indicata imponga un requisito di ammissibilità, nel senso che la richiesta presentata con modalità diverse - e quindi anche con l'atto di appello - da quelle espressamente previste precluda il suo accoglimento.

Tanto premesso, la Corte ritiene di dover fornire risposta negativa al quesito, nel senso che non ritiene proponibile l'istanza in argomento mediante modalità diverse da quelle indicate. I giudici sottolineano, anzitutto, come il citato d.l. n. 137/2020, convertito dalla l. n. 176/2020, propone l'utilizzo di modalità informatiche certificate, come possibilità per le parti di deposito degli atti giudiziari, muovendosi nell'ottica della “dematerializzazione” del sistema di deposito, ottica che a ben vedere va oltre le contingenze sanitarie inserendosi nel complessivo disegno della digitalizzazione degli atti che da tempo è nella mente del legislatore (e ha trovato ulteriore sbocco nella riforma Cartabia, di cui al d.lgs. n. 150/2022).  

Facendo leva su un criterio letterale, si sottolinea poi che mentre il deposito telematico di atti mediante PEC - mantenuto anche quando oramai l'emergenza era scemata - è stato rimesso con la disciplina emergenziale alla facoltà delle parti, è altrettanto vero che con riferimento all'istanza di discussione orale e alle conclusioni difensive cartolari, oltre che per l'istanza di partecipazione dell'imputato, il d.l. n. 137/2020, art. 23 ha previsto espressamente che esse debbano essere trasmesse alla cancelleria della Corte di appello e che tale trasmissione avvenga attraverso i canali di comunicazione normativamente previsti per via telematica.

D'altra parte, la necessità di una regolare e tempestiva richiesta ad hoc ai fini della partecipazione in giudizio non è estranea al sistema processuale. Ed invero, Cass. pen. 35399/2010, intervenuta sul tema della partecipazione dell'imputato all'udienza camerale di cui all'art. 127 c.p.p., concernente, in particolare, la partecipazione al giudizio camerale di appello ex art. 599 c.p.p., ha più in generale osservato che a differenza del giudizio ordinario, nel giudizio camerale di appello "l'imputato detenuto ha l'onere di comunicare al giudice di appello la sua volontà di comparire" e il diritto alla partecipazione è correlato alla regolarità e alla tempestività dell'adempimento, ossia alla circostanza che "la comunicazione sia fatta con modalità tali da permettere la traduzione dell'imputato per l'udienza. Si tratta, dunque, di un diritto non assoluto, posto che se ne ammettono tanto limitazioni dipendenti da una legittima e volontaria rinuncia a comparire dinanzi ai tribunale giudicante, quanto limitazioni dipendenti da precise scelte legislative che, come nel caso dei giudizio di appello - l'esercizio solo su espressa richiesta dell'interessato - richiesta che in quanto si inserisce in un determinato ordinato svolgersi del procedimento ben può essere condizionata a stringenti termini di proposizione e a determinate modalità di presentazione.

In definitiva, ritenere che l'istanza in argomento possa essere contenuta - anche - nell'atto di appello si risolve quindi in una forzatura della previsione normativa che fa espresso riferimento ad una istanza ad hoc dotata di una propria fisionomia anche con riguardo alle sue modalità di inoltro e al suo destinatario e finisce con lo snaturare la sequenza procedimentale che discende dalla impostazione che il legislatore ha inteso dare al particolare sistema introdotto, ancorando tra l'altro la stessa tempestività della sua presentazione alla data già fissata per l'udienza da celebrare con ordinario contraddittorio cartolare, e soprattutto va a sminuire la ratio ad essa sottesa.

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