Impugnazione del provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali

02 Marzo 2023

Come impugnare un provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali?

Il provvedimento del Garante per la Protezione dei Dati personali che decida intorno alla violazione di una disposizione della normativa in materia di protezione dei dati personali, commessa da un titolare o da un responsabile del trattamento, ed adottato ai sensi dell'art. 58 del regolamento UE 2016/679 (Regolamento) e dell'art.143 d.lgs. 196/2003 (Codice Privacy), è impugnabile con ricorso giurisdizionale dinanzi al tribunale del luogo in cui il titolare del trattamento risiede o ha sede, oppure al tribunale del luogo di residenza dell'interessato. Le modalità di impugnazione del provvedimento dell'Autorità sono descritte agli artt. 78 Regolamento, 152 Codice Privacy, 10 d.lgs.150/2011.

È il rito del lavoro a regolare il procedimento di impugnazione (art. 10, comma 1, d.lgs. 150/2011). I soggetti legittimati a proporre impugnazione sono le persone fisiche e giuridiche cui è diretto il provvedimento – il titolare o il responsabile del trattamento; l'interessato può agire in via giurisdizionale in caso di “silenzio” dell'Autorità, nel caso in cui questa non tratti un reclamo proposto o non informi l'interessato sullo stato o sull'esito del medesimo entro tre mesi dalla sua presentazione (art. 78, par. 2, Regolamento e art. 10, comma 4, d.lgs. 150/2011). L'interessato ha la facoltà di dare mandato a un organismo, un'organizzazione o un'associazione senza scopo di lucro (“ente del terzo settore” in base alla disciplina del d.lgs. 117/2017), che sia attivo nel settore della tutela dei diritti e delle libertà degli interessati con riguardo alla protezione dei dati personali, di esercitare per suo conto i diritti e l'azione prevista dall'art. 78 (art. 80, par. 1, Regolamento, art. 10, comma 5, d.lgs. 150/2011). L'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato può essere sospesa, qualora ricorrano gravi e circostanziate ragioni. L'impugnazione deve essere proposta, a pena di inammissibilità, entro i trenta giorni successivi alla sua comunicazione, o entro i sessanta giorni successivi nel caso in cui il ricorrente è residente all'estero (art. 10, comma 3, d.lgs. 150/2011).  La sentenza che definisce il procedimento non è appellabile, in considerazione del rito speciale previsto dall'art. 152 Codice Privacy (ma eventualmente ricorribile in Cassazione), e può prescrivere misure necessarie, accogliere – in tutto o in parte – o rigettare la domanda, nonché statuire sul risarcimento del danno.

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