Riforma Cartabia: a chi spetta decidere la ricorrenza delle condizioni del giudizio immediato ex art. 558-bis c.p.p.
10 Marzo 2023
Il nuovo meccanismo trova fondamento nell'introduzione, nella trama del codice di rito, di un'udienza predibattimentale in camera di consiglio anche per i reati di competenza del giudice unico che, com'è noto risponde a più finalità. Viene, in tal modo, superata la limitazione, di fonte giurisprudenziale per vero, all'applicazione ai reati con citazione diretta del giudizio immediato. La sua introduzione ben si conforma al complessivo sistema processuale (art. 1, comma 3 della delega) e alla finalità acceleratoria complessivamente imposta come finalità generale dalla delega (art. 1, comma 1, della delega). Peraltro, come indica la stessa Relazione di accompagnamento al d.lgs. n. 150 del 2022 «il silenzio serbato dal titolo III (procedimenti speciali) del libro VIII (Tribunale monocratico) sul giudizio immediato non poteva essere interpretato come una deliberata scelta di esclusione di quel rito nei procedimenti davanti al tribunale monocratico, perché la norma cardine del raccordo fra il complesso delle norme codicistiche, per così dire, ordinarie, e il procedimento davanti al tribunale monocratico è l'art. 549 c.p.p., il quale prevede una generalizzata applicazione di tutte le norme del codice, salvo quanto espressamente previsto in senso contrario e previa una valutazione in concreto di applicabilità. Tanto è vero che anche la giurisprudenza non ha mai dubitato che il giudizio immediato si applicasse nel procedimento davanti al tribunale monocratico nel caso di reati che provenissero da udienza preliminare, che sono anch'essi giudizi monocratici disciplinati dal libro VIII. E, difatti, la ragione per cui in sede giurisprudenziale si è escluso che il giudizio immediato fosse applicabile nei procedimenti azionabili con citazione diretta è stata individuata in una assunta incompatibilità, derivante dalla mancanza nel rito a citazione diretta di un'udienza preliminare, ritenuta presupposto implicito del giudizio immediato, in quanto esso sarebbe legittimato da un'evidenza probatoria intesa come standard di fondatezza (ragionevole previsione di condanna) idonea ad escludere il vaglio dell'udienza preliminare». E', allora, proprio in ragione dell'introduzione dell'udienza predibattimentale, che, come l'udienza preliminare, ha, tra i suoi scopi principali, quello di vagliare preliminarmente la sostenibilità dell'azione penale, che si impone l'applicazione di un rito che ha la funzione di evitare quel vaglio quando la prova appaia evidente ad un giudice: ebbene è sorta nell'ambito della magistratura la questione riguardante l'individuazione del giudice a cui spetta tale verifica. A nostro avviso pare necessario rinviare al G.i.p. Verso una tale soluzione conduce in primo luogo, il richiamo esplicito alle norme di cui all'art. 453 c.p.p. da parte dell'art. 558-bis c.p.p. che fa, chiaramente riferimento alla verifica delle condizioni di applicabilità che risultano appannaggio del G.i.p. atteso che questi consistono nei tempi di iscrizione della notizia di reato, sottratti al controllo del giudice dibattimentale al pari dell'accertamento dell'evidenza probatoria ovvero nella ricorrenza della “definitività” della misura cautelare custodiale e il rispetto del termine entro il quale il rito accelerato può, in tal caso, essere richiesto; in secondo luogo, ragioni di ordine logico-sistematico. La richiesta dell'accusa, come indica, l'art. 60 c.p.p. è atto dell'azione penale che merita di essere saggiato da un giudice diverso da quello a cui la legge affida la valutazione di merito, sia esso, oggi, il giudice pre-dibattimentale o il Tribunale monocratico. Non pare ammissibile la devoluzione di un tale “preventivo” vaglio al giudice del pre-dibattimento, neppure nel caso in cui l'imputato, destinatario del decreto che dispone il giudizio immediato emesso dal G.i.p., possa richiedere, a sua volta, il giudizio abbreviato, l'applicazione della pena ovvero la sospensione del procedimento con messa alla prova: in questi casi, la ratio acceleratoria sottesa alla novella e la possibile definizione anticipata conducono verso l'investitura del giudice pre-dibattimentale, secondo quanto statuisce l'art. 554-ter, comma 2 c.p.p. Del resto se non fosse così, un eventuale rigetto in sede dibattimentale darebbe luogo all' incompatibilità del decidente. Al contrario, se rigettati in sede pre-dibattimentale, i riti alternativi sarebbero riproponibili in sede dibattimentale. In questo caso, inoltre, nessun rilievo assume l'art. 558-bis, comma 2 c.p.p. che si riferisce unicamente alla scelta procedimentale compiuta dal P.M. L'opzione tesa al riconoscimento della competenza del giudice pre-dibattimentale non pare sostenibile: si tratta, in tal caso, di un giudice che “riceve” l'imputato a cui deve essere estraneo ogni giudizio circa la possibile deroga dall'iter ordinario dell'innesto dell'azione penale. Né una tale scelta può essere affidata al Presidente del Tribunale in composizione monocratica, come vorrebbe una prima decisione napoletana. Al giudice del dibattimento spetta, invece, decidere sul merito dell'imputazione solo a fronte di un decreto di giudizio immediato, sul quale non siano stati innestati riti alternativi, a richiesta dell'imputato.
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